Bussole

Una donna da sola

«Mi sono licenziata dal posto fisso. Ho abbandonato la scrivania e la vita sedentaria perché ero infelice. (...) Ho cominciato a camminare perché volevo andare altrove. Un altrove diverso da quello che potevo raggiungere prendendo un aereo. Troppo facile mettere qualche migliaio di chilometri fra te e le tue angosce restando seduta su una poltrona dentro una cabina pressurizzata. No, l’altrove si deve conquistare, altrimenti che senso ha partire? (...) Un giorno mi sono detta: devo affrontare la solitudine, guardarla in faccia, marciare, inciampare e sacramentare con lei. Sviscerarla, sventrarla, affondarci le mani. Quel giorno, ho chiuso la porta di casa e ho cominciato a camminare da sola» .  

La forma più radicale di viaggio solitario è il cammino senza compagni. Alessandra Beltrame ci è arrivata dopo essersi lasciata alle spalle una vita professionale di successo. Già da tempo Alessandra si era unita a gruppi di camminatori, nei fine settimana e durante le vacanze, ma non era abbastanza; poi la scelta definitiva, la partenza da sola, nel cuore dell’inverno, lungo la via Francigena verso Roma. Paura e tensione, prima; poi libertà e leggerezza, man mano che i chilometri si srotolano alle spalle. Lontana dal consorzio umano, alle prese con i propri limiti e le proprie conquiste quotidiane, con la solitudine viene finalmente a patti, la accetta come una scelta e un destino, senza sensi di colpa. 

Alessandra Beltrame ha scritto un libro apprezzato dal pubblico perché ha saputo intercettare e intrecciare diverse tendenze del viaggio contemporaneo: il viaggio a piedi lungo gli antichi cammini, il viaggio in solitaria, il viaggio delle donne. Una scrittura curata aiuta a tenere insieme le diverse ispirazioni, ponendo domande più autentiche alle quali il tempo e nuove strade sapranno trovare risposte.  

Bibliografia
Alessandra Beltrame, Io cammino da sola, Ediciclo, 2017, pagg. 192, € 14,50.


Sono felice che tu non sia qui

Viaggiatori d’Occidente - Cresce il numero di chi parte da solo per scelta
/ 22.01.2018
di Claudio Visentin

Paghereste un estraneo per venire in vacanza con voi? In quel caso potete chiamare la finlandese Henna Rinnekangas. In cambio del costo del viaggio (extra inclusi) vi accompagnerà ovunque (o quasi). A trentadue anni Henna ha visitato quaranta Paesi, come racconta nel suo blog (whattawowworld.com): Canada e Nuova Zelanda sono i suoi preferiti, sull’orizzonte dei desideri, l’Africa. Per adesso però va in Asia, in un viaggio solitario di dieci settimane prima di seguire dal vivo le Olimpiadi in Corea del sud. 

L’offerta di Henna si rivolge a persone pigre, poco esperte, del tutto incapaci di organizzare un lungo viaggio e tuttavia desiderose di vedere il mondo. Se siete uomini vi dirà subito di non farvi strane idee: in vendita c’è solo parecchia esperienza, una conversazione intelligente, humour, coraggio. Henna non ha ancora trovato il suo primo cliente ma potrebbe dover aspettare un bel po’. Il viaggio in solitaria, infatti, (solo travel) è sempre più apprezzato.

Si viaggia da soli per ragioni pratiche: difficoltà nel conciliare i periodi di ferie, diversi interessi, paura di volare. Ma si viaggia da soli anche quando si potrebbe avere facilmente compagnia, per scelta consapevole, per andare oltre la superficie dei luoghi e conoscere più facilmente altre persone. È un viaggio più difficile, dovendo contare solo sulle proprie forze, ma anche più interessante. 

Non necessariamente i viaggiatori solitari sono single o in cerca di nuove relazioni. E tutte le fasce d’età sono rappresentate. Per esempio Janice Waugh cominciò a viaggiare da sola quando dovette misurarsi con la morte del marito e l’indipendenza dei figli ormai cresciuti. Presto scoprì che le sue esperienze interessavano a molti. E così il suo sito (solotravelerworld.com) è diventato un punto di riferimento, insieme a una popolare community su Facebook con oltre duecentomila follower.

Janice ha scritto il manifesto dei viaggiatori solitari («Sono felice che tu non sia qui») e un manuale. All’inizio di quest’anno, attraverso il sito, ha chiesto ai suoi contatti di rievocare il più bel ricordo di un viaggio in solitaria nel 2017. Le risposte non si sono fatte attendere. Julie ha raccontato la gentilezza verso gli stranieri sperimentata in Rajahstan e Gujarat. Desirée ha trascorso tre settimane in Giappone, riuscendo a comprare un biglietto per gli incontri di sumo a Fukuoka. James ha scoperto in Norvegia la bellezza dei viaggi a piedi. Irene è tornata in Thailandia per incontrare vecchi amici ed è stata invitata a una festa di villaggio, dove ha danzato con la gente del posto. Steve ha guidato per undicimila miglia lungo l’Alaskan Road...

Ci sono almeno tre diverse categorie di solo travel. C’è chi prende lunghi periodi di aspettativa – o semplicemente si licenzia dal lavoro – per marcare una svolta nella propria vita e poi se ne va lontano per viaggi di sei mesi o più. Altri partono da soli per periodi più brevi, zaino in spalla e minime certezze oltre al biglietto aereo, refrattari a ogni forma di viaggio organizzato. Ma molti si rivolgono proprio agli organizzatori di viaggi. Per esempio, una compagnia come Overseas Adventure Travel ha visto raddoppiare questa clientela (da un quarto a metà) tra il 2010 e il 2017; più della metà di chi viaggia ogni anno con Intrepid Travel parte da solo; e anche Abercrombie and Kent, specializzata in viaggi d’avventura di lusso, registra un incremento annuo del 15% di viaggiatori solitari.

Le soluzioni provvisorie del passato non bastano più. Una nuova domanda genera una nuova offerta. E quindi è cresciuta la disponibilità di stanze singole o comunque si rinuncia al supplemento richiesto a chi occupa da solo una doppia; non si cerca neppure più di convincere a condividere la stanza con uno sconosciuto, come accadeva ancora poco tempo fa. Anche le grandi navi da crociera sono state ridisegnate per offrire un numero crescente di soluzioni individuali senza supplemento, chiamate Studio Stateroom. Il pioniere di questa proposta è stata Norwegian Cruise Line, già nel 2010. Sono cabine più piccole, ma con un design curato, collegate a spazi comuni dove socializzare con gli altri viaggiatori di quest’area. Il solo inconveniente è che spesso queste cabine sono interne e quindi prive di finestre: la vista sul mare si ottiene attraverso i «balconi virtuali», schermi ad alta tecnologia che riproducono il paesaggio marino (l’idea vi dà un vago senso di claustrofobia? Vi capisco). 

La formula preferita per viaggi internazionali sembra essere quella di piccoli gruppi (una decina di persone) dove tutti gli iscritti sono senza accompagnatori. Viaggi di gruppo... per solitari? Può sembrare un paradosso ma chi viaggia solo è spesso interessato a fare nuove amicizie e questo è più facile se nel gruppo non ci sono coppie, famiglie o gruppi di amici. La formula è elastica: c’è un itinerario e attività comuni, ma anche tempo per sé. Le mete ricalcano quelle battute dai backpacker, magari con qualche comodità in più. E dunque sud-est asiatico, ex repubbliche sovietiche, nord Africa, America centrale.  

Un numero crescente di viaggiatori solitari sono donne, tanto che alcuni operatori si rivolgono solo a loro. Terme, yoga, cucina? Non solo. Ancor più degli uomini, le donne sembrano prediligere viaggi avventurosi e l’incontro con la comunità ospitante. A loro si rivolge per esempio Adventure Women, fondata e gestita da donne nella convinzione che «le donne hanno un senso innato della scoperta, una curiosità sfacciata, la capacità di ridere di se stesse e di creare un ambiente non competitivo dove ci si supporta e incoraggia...» (www.adventurewomen.com).  

Ma i loro compagni non se la prenderanno per questi giudizi perché saranno da qualche altra parte... da soli.