Csf (Come si fa)

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Il tajine è uno stufato a base di carne, pesce o verdura tipico della cucina nordafricana, in particolare berbera. Prende il nome dall’omonimo, caratteristico recipiente di terracotta nel quale il cibo viene cotto in umido e servito: spesso smaltato o decorato, è dotato di un coperchio di forma conica, appositamente studiato per trattenere il vapore all’interno e agevolare il deposito della condensa. In origine la cottura avveniva appoggiando il recipiente sulla brace; in seguito ne sono stati realizzati con base metallica, in grado di sopportare le alte temperature e la fiamma dei moderni fornelli a gas. Questo detto, i tajine si possono fare in una normale casseruola con coperchio pesante.

Numerose le varianti di tajine; tra le più conosciute, il mqualli (pollo con limone e olive), il kefta (polpette di manzo al pomodoro) e il mrouzia (agnello con prugne e mandorle). Agli ingredienti principali vengono poi aggiunti vari aromi e spezie, tra cui cannella, curcuma, zafferano, coriandolo, zenzero, paprika, aglio e pepe. In alternativa lo stufato può essere preparato con tonno, sardine, mele cotogne caramellate e verdure varie. 

Vediamo come si fa una versione classica: tajine di agnello, datteri e frutta

Ingredienti per 4 persone. Tagliate a grossi dadi 1 kg di spalla di agnello. Dopo aver pelato e tritato 2 cipolle, sbucciate e spezzettate 500 g di frutta a piacere e fatela rosolare in una padellina con poco burro per 5’. Mettete l’agnello e le cipolle in una casseruola e coprite a filo con brodo (di agnello o vegetale) o acqua. Una volta portato a ebollizione, fate sobbollire all’incirca per un’ora, finché la carne risulta tenera (i tempi tuttavia variano a seconda dell’animale). A 5 minuti dalla fine, aggiungete 16 datteri denocciolati e divisi a metà. A fine cottura unite alla carne la frutta, paprika, coriandolo tritato e zenzero e una bustina di zafferano, quindi mescolate, regolate di sale e di pepe e servite ben caldo.


Non solo per il «ringraziamento»

Gastronomia - Ottima scelta da portare in tavola per le festività, la carne di tacchino è molto nutriente e versatile
/ 27.08.2018
di Allan Bay

Parliamo un po’ di tacchino: una carne nutrizionalmente ottima ma della quale si parla poco, per motivi che non riesco a capire.

È un uccello galliforme di notevoli dimensioni originario del Nordamerica. Negli Stati Uniti è considerato quasi un emblema nazionale e il giorno del Ringraziamento, ovvero il quarto giovedì di Novembre, grande festa condivisa, viene celebrato mangiando il tacchino; è quasi un dovere sociale.

Detto anche pollo gallo d’India o dindo, fu introdotto in Spagna nel Cinquecento, e si diffuse poi in tutta Europa, soprattutto in Gran Bretagna, Paesi Bassi e Francia. Le razze principali sono una decina, che però vengono oggi selezionate e incrociate, con l’obiettivo di sviluppare ibridi carnosi, più interessanti per la produzione e il mercato.

Dal punto di vista merceologico, si distinguono tre tipi di tacchino: leggero e medio, destinati ai consumatori che desiderano volatili interi, e pesante, che viene venduto a porzioni.

Pur rappresentando tradizionalmente un piatto festivo, il tacchino viene oggi consumato durante tutto l’anno: la sua carne, infatti, ricca di proteine, ferro e sali minerali, ha un’alta qualità nutrizionale, è tenera e facilmente digeribile. Dal punto di vista gastronomico, i volatili di razza piccola, allevati soprattutto in vista del periodo natalizio, sono molto più saporiti rispetto a quelli allevati intensivamente, a crescita rapida, allo scopo di ottenere animali precoci e resistenti, con poche ossa e tanta carne.

Potendo scegliere, sono comunque da preferire gli esemplari allevati all’aperto, che presentano il petto meno sviluppato, a vantaggio della muscolatura restante. Le carni del maschio e della femmina si equivalgono quanto a valore alimentare; tuttavia migliore in assoluto è la tacchina di 80-90 giorni, di peso sui 4 kg lordi, che presenta una carne tenera e grassa, mentre i maschi, in genere, arrivano facilmente ai 6 kg, ma hanno una carne molto più consistente, che richiede cotture più lunghe.

Come tutti gli altri volatili, per poter essere cucinato il tacchino deve essere spiumato, svuotato delle interiora, decapitato, privato delle estremità delle ali e delle zampe; inoltre è bene che sia anche fiammeggiato. Se si vogliono cuocere animali interi è utile tener presente che la coscia, dalla carne più scura e grassa – così come il collo e i fianchi – resta tenera più a lungo, mentre il petto, più magro e chiaro, asciuga rapidamente: è quindi opportuno bardarlo con lardo, che andrà poi eliminato 20-30 minuti prima che la cottura sia completata in modo da rendere croccante la pelle.

Se disossato (ma non cercate di farlo a casa, è arduo), il tacchino può essere farcito in vari modi, per esempio con marroni o carne tritata, oppure semplicemente cotto arrosto. Il tacchino a pezzi, invece, può essere lessato, stufato, cotto a vapore o fritto, esattamente come si fa con il pollo (le cui ricette si adattano perfettamente al tacchino, con l’unica accortezza che vanno adeguati i tempi di cottura).

In commercio si trovano vari tagli: oltre a cosce, sovracosce, ali e collo, si possono acquistare il petto, lo spezzatino o l’ossobuco (ricavato dalla coscia).

Quali ricette lo esaltano al meglio? Io amo la tacchina, disossata e bollita, servita fredda nella sua gelatina. Ma anche farcito con un ripieno a base di salsiccia grassa e arrostito in forno.