Lo scorso settembre, Japan Airlines ha introdotto una novità nel suo sistema di prenotazione: al momento di scegliere il posto, un’icona mostra se accanto hanno prenotato passeggeri con bambini sotto i due anni. Naturalmente non ci sono garanzie sul risultato. Per esempio, l’icona non sarà visibile se i passeggeri con bambini fanno parte di un tour organizzato o se hanno prenotato attraverso un altro sito; inoltre, a meno di aspettare l’ultimo minuto, qualche genitore potrebbe prenotare dopo di voi e vanificare il vostro sforzo. Ma l’intenzione è chiara: permettere a chi non ama i bambini di scegliere un altro posto.
L’uomo d’affari Rahat Ahmed (un americano originario del Bangladesh) ha espresso tutto il suo sostegno alla compagnia: «Grazie per avermi avvisato dove dei bambini hanno intenzione di urlare durante un viaggio di tredici ore. Dovrebbe davvero essere sempre obbligatorio».
Le reazioni non si sono fatte attendere. Molti hanno apprezzato e condiviso l’intervento, altri hanno invitato a una maggiore tolleranza. Un indiano di Mumbai, dove la famiglia tradizionale è ancora importante, ha sottolineato come i bambini non siano un capriccio dei genitori quanto piuttosto il futuro di qualunque società: “Sono bambini, come tutti noi siamo stati un tempo”. Ma evidentemente al di fuori dell’India non è più così ovvio. Non a caso del resto la popolazione giapponese diminuisce regolarmente dal 1975 e il tasso di fecondità (ovvero il numero di figli che una donna dà alla luce nella sua vita) ha raggiunto il livello minimo di 1,26. Grazie anche a un tasso di immigrazione vicino allo zero e a un’alta aspettativa di vita, nella seconda metà del nostro secolo gli anziani saranno metà della popolazione giapponese, un esperimento sociale senza precedenti nella storia.
Altri hanno osservato che bisognerebbe segnalare anche la presenza di chi russa, mangia rumorosamente, si ubriaca, si lava poco, parla troppo o si impadronisce del bracciolo… A sua volta Ahmed ha poi spiegato come gli uomini d’affari utilizzino spesso il tempo del viaggio per finire un lavoro o recuperare ore di sonno; da qui la necessità di silenzio.
Non sono mancati commenti divertenti; per esempio, dal momento che ancora scontiamo le conseguenze della grande crisi finanziaria del 2008, alcuni hanno chiesto di segnalare anche la presenza a bordo di gestori di fondi d’investimento come lo stesso Rahat Ahmed, per starne ben lontani. Altri hanno lodato l’iniziativa da un punto di vista completamente diverso: in questo modo i genitori saranno sicuri di non avere accanto persone intolleranti e avranno più spazio a disposizione se dei posti rimarranno vuoti.
Il mio commento preferito comunque è quello di Sam, una hippy canadese: «Ci sono persone come me che sarebbero felici di sedersi vicino alla famiglia e cercare di aiutare in ogni modo possibile. Posso giocare per giorni a cucù nello spazio tra i sedili [è un gioco nel quale si nasconde il viso con le mani per poi improvvisamente toglierle gridando: “cucù!”]».
Per quanto gli spazi ristretti degli aerei nei lunghi viaggi internazionali aumentino il senso di fastidio per i comportamenti altrui, forse la situazione potrebbe essere gestita con il semplice buon senso da parte di tutti, come si è sempre fatto. Per cominciare i genitori potrebbero ridurre i lunghi viaggi allo stretto necessario nei primi anni di vita della prole. Soprattutto dovrebbero far capire agli altri passeggeri quanto siano dispiaciuti del disturbo arrecato; una giovane coppia per esempio ha regalato ai vicini un cioccolatino e… dei tappi per le orecchie (a questo proposito, un viaggiatore abituale dovrebbe avere sempre con sé delle cuffie con cancellazione del rumore, molto efficaci).
Gli altri passeggeri per parte loro potrebbero dare una mano invece di lamentarsi. Regina Ottman ha pubblicato un annuncio per ritrovare e ringraziare quel passeggero che vent’anni fa (!), in un volo tra Vietnam e Corea, si era offerto di badare un poco al suo bambino perché Regina e il marito potessero riposare. Anche gli assistenti di volo naturalmente dovrebbero prestare un’assistenza mirata: menu speciali, cambi di posto gratuiti verso settori meno affollati ecc. (per approfondire e trovare le compagnie meglio disposte verso i bambini, flyingwithababy.com).
Intanto l’esempio di Japan Airlines sembra ispirare iniziative simili. Una startup ha appena lanciato sul mercato Tempted, la prima app che permette di applicare il filtro no-bambini nella ricerca di un tour o di un albergo anche attraverso Booking o TripAdvisor (tra le esperienze più richieste dagli utenti lo shopping nelle vie della moda di Milano o un fine settimana tra i vigneti, le cantine e i piccoli villaggi della Champagne).
Naturalmente viaggi rivolti esclusivamente ad alcune categorie non sono certo una novità. Per restare solo alle crociere, ci sono proposte per ballerini, appassionati di musica rock, di lavori a maglia o di yoga, fan di Star Trek, giocatori di poker, gastronomi ed enologi, amanti dei gatti (ma i loro gatti non sono ammessi a bordo), nudisti… Ci sono crociere per anziani, coppie, single e sì, ci sono anche crociere riservate ai bambini, come quelle organizzate dalla Disney Cruise Line, imbarcando Topolino e gli altri personaggi Disney. Ma un conto sono le proposte tematiche, altro è la normale offerta dei mezzi di trasporto.
In realtà si confrontano (e a volte si scontrano) due visioni diverse del viaggio. Da un lato il desiderio di ritagliare un tempo perfetto, sottratto ai fastidi e alle frustrazioni della vita quotidiana, dove esprimere a pieno la propria personalità; dall’altro il riconoscimento che il viaggio è uno dei tanti momenti della nostra esistenza, dove si alternano piaceri e fastidi. Questa è anche la mia visione e per questo, sia pure con l’attenuante delle buone intenzioni, giudico la scelta di Japan Airlines ingiustificata e discriminatoria. E voi? Scrivete le vostre storie di bambini in volo ad ambiente(at)azione.ch