Siamo nella tempesta perfetta e il turismo è la prima vittima. Nel caso dell’Italia, il Paese più colpito, per il 2020 si ipotizza un calo delle presenze del sessanta per cento (172 milioni contro 430), con minori guadagni per 29 miliardi (studio CST per Assoturismo). Praticamente un ritorno agli anni Sessanta, quando il mondo era diviso in due blocchi separati da una cortina di ferro e i viaggi aerei erano un lusso per pochi. E questa è una stima ottimistica, supponendo cioè che con l’estate l’epidemia sia sotto controllo e si possa gradualmente tornare alla normalità.
La situazione svizzera, dove pure il turismo è una parte importante della vita economica, non sembra troppo diversa.
La frenata è stata tanto più forte perché il turismo stava accelerando con vigore, dopo essere entrato nella nuova fase dell’Iperturismo (Overtourism), sospinto dall’adozione delle nuove tecnologie (Airbnb è il miglior esempio).
L’aviazione, che sembrava avere davanti a sé un futuro meraviglioso, ora lotta per sopravvivere. Qualche mese fa si facevano i primi esperimenti di voli New York-Sydney senza scalo; pochi giorni fa invece il record per il volo di linea più lungo di sempre è stato battuto da un Boeing 787-900 Dreamliner diretto da Papeete (Tahiti) a Parigi, al quale è stato negato il permesso di fare scalo a Los Angeles per ragioni sanitarie (e dato che Papeete è la capitale della Polinesia francese, è stato anche il volo domestico più lungo del pianeta). Ma non c’è tempo per le curiosità. L’aviazione commerciale è per sua natura fragile a causa degli alti costi di gestione e una sosta anche solo di qualche mese provocherebbe fallimenti a catena. Servono aiuti per almeno duecento miliardi di dollari, sostiene IATA (International Air Transport Association).
Anche l’industria delle crociere è ferma e sono un milione e duecentomila impieghi in pericolo (fonte: Cruise Lines International Association). Nell’insieme oltre cinquanta milioni di impieghi nel turismo sono a rischio secondo il WTTC (World Travel & Tourism Council).
In un primo momento i Tour Operator hanno provato a offrire viaggi a prezzi stracciati – per esempio due settimane di safari in Sud Africa e Namibia per meno di mille dollari (G Adventures Safari) – ma pochi hanno raccolto l’offerta: anche dove l’epidemia deve ancora arrivare, muoversi è complicato, pericoloso per sé e per gli altri ed eticamente discutibile.
I surrogati hanno poco sapore. Il «New York Times» propone racconti di «turismo in casa» (Staycation), mandati dai suoi lettori. Per esempio, Victoria: «Abbiamo annullato un giro del mondo di sette settimane. Per anni, durante i nostri viaggi, abbiamo comprato libri di cucina ma non li abbiamo aperti quasi mai. Adesso li abbiamo ripresi in mano e stiamo viaggiando per il mondo scegliendo ogni giorno una ricetta di un Paese diverso. Finora è stato molto divertente».
Inevitabile la riscoperta di Xavier De Maistre e del suo fortunato Viaggio attorno alla mia stanza. È il racconto – davvero attuale – di come durante il carnevale del 1794 il nobile ufficiale di Savoia avesse dovuto trascorrere quarantadue giorni agli arresti domiciliari per le conseguenze di un duello con un rivale in amore, trovando sempre nuovi motivi d’interesse in uno spazio tanto ristretto.
Le riviste specializzate propongono poi viaggi virtuali, nei maggiori musei del mondo (per esempio il Louvre, www.louvre.fr/en/visites-en-ligne) o anche in luoghi famosi come Central Park (https://www.youvisit.com/tour/centralpark).
Su Condé Nast Traveller la scrittrice di viaggio Juliet Kinsman ha avanzato una proposta concreta e sensata per l’immediato: invece di disdire i viaggi già prenotati, rimandarli soltanto di qualche mese. «Cambiare la data della vostra vacanza potrebbe essere la cosa più gentile da fare in questo momento. Invece di chiedere un rimborso, semplicemente rimandare i vostri piani potrebbe essere d’aiuto molto più di quanto immaginiate. Ci sono molte persone che fanno affidamento su di noi. Nel mondo circa il dieci per cento delle persone lavora nel turismo e in questo momento la maggior parte di loro ha perso il lavoro senza preavviso. Non solo gli agenti di viaggio o gli assistenti di volo, attualmente in congedo non retribuito, ma anche la guida Masai, il facchino di Machu Picchu, il venditore di bastoncini di cannella in Sri Lanka, tutti fanno affidamento sul turismo. Presto non avranno più nulla».
Riprogrammare il proprio viaggio vuol dire anche lasciare una finestra aperta sul futuro, in fondo al tunnel che stiamo faticosamente percorrendo. Altri stanno comunque prenotando le vacanze estive nel proprio Paese (riservandosi naturalmente ampie possibilità di disdetta), nella convinzione, non infondata, che potrebbe poi essere difficile trovare posto se l’emergenza finisse improvvisamente alle porte dell’estate. Nell’insieme, comunque, poveri noi, se solo pensiamo a cos’era il viaggio sino a poche settimane fa. L’unico vantaggio di essere in fondo all’abisso è che si gode di un ottimo punto di vista. Si vede bene per esempio come il turismo sia diventato la prima attività compiutamente globale senza una vera consapevolezza delle implicazioni: per esempio, banalmente, che i virus viaggiano per il mondo alla stessa velocità degli aerei a reazione. Nei prossimi mesi e anni dovremo sviluppare un nuovo paradigma, combinando crescita, elasticità e capacità di reazione (resilienza).
Certo il futuro è incerto (ma d’altronde lo è sempre). Se il virus passerà abbastanza rapidamente, una ripresa graduale nel 2021 e piena nel 2022 sembra plausibile. Se invece l’epidemia, coi suoi nuovi stili di vita, dovesse andare per le lunghe, alcuni cambiamenti profondi potrebbero farsi strada. Per esempio, una riscoperta del turismo di prossimità e delle seconde case. O ancora un ritorno in grande stile degli agenti di viaggio, interlocutori preziosi quando qualcosa va storto e si deve far valere i propri diritti. Ma è ancora troppo presto per scorgere le luci dell’alba: prima deve passare la nottata.
Bussole
Dall’Adriatico alla Cina
Inviti a letture per viaggiare
«Inizio il mio viaggio attraversando l’Adriatico veneziano, la Grecia carica di ricordi dell’età classica e l’universo egeo… Entro nel mondo nomade attraverso le sconfinate pianure del Kazakistan. Quando mi trovo a passare una notte in una yurta, nelle alture incontaminate del Pamir, tra Kirghizistan e Tajikistan, ospite di una famiglia nomade, torno ai secoli in cui i turco-mongoli tenevano in scacco gli imperi agricoli di tutta l’Eurasia… Raggiunta la Cina, dopo aver superato montagne e deserti, dopo aver visto cambiare lentamente i volti, la gente, la lingua, la scrittura, l’arte, l’architettura, la cultura, la religione, le tradizioni, le piante, gli animali, il cibo… provo lo stesso stupore che aveva provato Marco Polo, sette secoli prima di me…».
La Via della Seta rinasce nel secolo cinese (One belt, one road), dopo un lungo oblio iniziato nella seconda metà del Quattrocento, quando i Portoghesi scoprirono una nuova via marina per raggiungere le Indie e acquistarvi le preziose spezie. Insieme alla Via della seta ritorna l’ombra del più grande viaggiatore del Medioevo, Marco Polo; dal 1271 al 1295, al tempo dell’espansione mongola, la percorse da Venezia sino al Catai (come si chiamava allora la Cina). E diverse usanze e luoghi raccontati nel Milione sono ancora riconoscibili sotto la vernice scintillante della globalizzazione. Questo solido filo conduttore permette ad Alessandro Codello di raccontare luoghi e incontri di un lungo viaggio in bicicletta attraversando quattro grandi aree di civiltà: il Mediterraneo, la Persia, i Paesi Stan e la Cina.
Interessante (ed efficace) il formato del libro, chiaramente ispirato ai social: una serie di cento brevi testi accompagnati da una fotografia.
Bibliografia Alessandro Codello, La Via della Seta in 100 post, Ediciclo, 2019, pp. 336, € 19,90.

Lettera dall’abisso
Viaggiatori d’Occidente - Si vedono i possibili cambiamenti, ma è ancora troppo presto per capire quello che accadrà al turismo dopo questa crisi
di Claudio Visentin