Csf (Come si fa)

Strozzapreti o strangolapreti è un termine con cui si indicano diversi formati di pasta o di gnocchetti, con farina e con o senza uova, che assumono forme differenti nelle varie regioni italiane. Secondo alcune ipotesi, gli strozzapreti si riferirebbero a particolari gnocchi, tipici del napoletano, che avrebbero potuto «strozzare» le delicate gole dei preti, mentre gli strangolapreti indicherebbero un formato di pasta simile ai lacci da scarpe usati, si tramanda, dagli anarchici per strangolare i membri del clero. Nella cucina romagnola, umbra e lucana gli strozzapreti sono una pasta lavorata a mano a base di sola acqua e farina. In Alto Adige, invece, si identificano con gli spätzli. Nel Lazio sono a spaghettoni tirati a mano. In Trentino sono gnocchi preparati con pane raffermo, spinaci, uova e grana conditi con burro fuso e salvia, ai quali, a Milano, si aggiunge formaggio morbido.

I più celebri sono comunque quelli trentini, vediamo come si fanno, in una mia versione.
Per 4 persone. Private 400 g di pane raffermo della crosta, tagliatelo a dadini e copritelo a filo con latte. Lasciatelo ammorbidire, scolatelo, strizzatelo e passatelo al passaverdure. Mondate 500 g di spinaci (o di erbette) e lessateli con la sola acqua del lavaggio e una presa di sale. Strizzateli bene, tritateli e saltateli in casseruola con una noce di burro per 3’, poi regolate di sale, di pepe e di noce moscata. Impastateli con il pane, 4 cucchiai di soffritto di cipolla, 1 cucchiaio di farina, 4 cucchiai di grana, 2 uova e regolate di sale e di pepe. Incorporate pangrattato sufficiente per ottenere un composto abbastanza sodo, ma ancora soffice. Con le mani infarinate formate delle palline della dimensione di una noce e tuffatele in abbondante acqua salata in leggera ebollizione. Lessate gli strangolapreti per circa 6’, scolandoli man mano che vengono a galla con una schiumarola. Condite con abbondante grana grattugiato e abbondante burro sciolto con 8 foglie di salvia.


L'Elvezia a tavola

Con l’ingrediente principe delle ricette ricche, qui sono proposte tre varianti saporite
/ 31.12.2018
di Allan Bay

Come vede un italiano, cioè il sottoscritto (che ha una lunga frequentazione dell’amata Engadina ma conosce molto meno il resto della Svizzera) la cucina elvetica? Ne avevo trattato in un articolo molti anni fa ma non ho mai avuto il coraggio di parlarne in queste pagine. Temevo di aver sbagliato troppo. Oggi mi lancio e ci provo. Ditemi se vi riconoscete.

Materie prime di ottima qualità, locali e importate, culto della tradizione, accuratezza delle preparazioni e qualche interscambio con le confinanti cucine francese, italiana (in particolare lombarda) e tedesca: queste le caratteristiche della gastronomia svizzera, ingiustamente sottovalutata, capace di offrire piatti per lo più semplici ma molto saporiti. Dato il forte legame con le proprie radici, le pietanze tradizionali vengono preparate seguendo ancora le ricette originali; alcune sono diffuse in tutti i cantoni e anche oltre i confini nazionali, altre invece possono essere gustate soltanto in loco. A queste si affiancano nuove preparazioni, introdotte nei menu per sperimentare sapori differenti; tuttavia, a dominare sono i grandi piatti della tradizione.

Ingredienti fondamentali di questa cucina sostanziosa sono i formaggi, per i quali gli svizzeri vanno giustamente famosi: dall’emmentaler al gruyère, dall’appenzeller allo sbrinz, c’è solo l’imbarazzo della scelta tra formaggi stagionati al punto giusto e altri gradevolmente freschi. Insieme al latte (soprattutto vaccino, ma anche caprino) e alla panna, i formaggi sono impiegati nella preparazione di molti piatti, tra cui la raclette e la fondue. La prima, originaria del Vallese, va preparata con l’omonimo formaggio: la mezza forma viene posizionata di fronte a una fonte di calore e, non appena lo strato esterno inizia a fondersi, raschiata con un coltello in modo da far colare il formaggio fuso direttamente nel piatto, su patate intere lessate con la buccia e tenute al caldo.

La seconda, tipica di tutta la Svizzera romanda, si prepara mettendo burro, fettine di gruyère e vino bianco in un caquelon (una casseruola di terracotta) sfregato con spicchi d’aglio: una volta che il formaggio è diventato una crema morbida, si completa con sale, pepe, noce moscata e kirsch e si posiziona la casseruola al centro del tavolo. Tutti i commensali si serviranno da soli, infilzando dei crostini di pane su apposite forchettine dal lungo manico e «rimestando» nel caquelon.

I rösti, specialità tipica dell’area germanofona prevedono l’impiego di altri due ingredienti tipici, patate e pancetta: i tuberi, parzialmente lessati e lasciati raffreddare, vengono grossolanamente grattugiati e, una volta mescolati con pancetta rosolata ed eventualmente cipolla, si friggono, dopo averli foggiati a mo’ di frittata. I rösti si servono, tra l’altro, con il prelibato spezzatino zurighese, preparato con vitello, funghi (altro ingrediente tipico), vino bianco, panna e prezzemolo.

Varia è l’offerta di insaccati della cucina svizzera: dalle molte salsicce, paragonabili ma spesso superiori a quelle tedesche per assortimento e qualità, servite spesso con crauti e senape, alla salumeria della «mazza casalinga», tra cui la mortadella ticinese, preparata con parti grasse della gola e della pancetta del suino, parti magre macinate finemente, fegato, vin brûlé aromatizzato con cannella, chiodo di garofano e noce moscata. Ma lo spazio è tiranno, si prosegue fra 2 settimane.