Sappiamo che la composizione del suolo, il clima e soprattutto la scelta dei vitigni sono i fattori primari che determinano i profumi, i sapori e lo stile di un vino. I produttori tedeschi amano molto sottolineare questi particolari rispetto alle altre prestigiose regioni viticole del mondo: giacché la temperatura di queste zone d’Europa rendono difficile l’ottenimento di un’ottima maturazione delle uve, si cerca quindi di ovviare a questo handicap coltivando la vite sui siti meglio esposti. Ecco perché la maggior parte dei vigneti germanici sono situati a ovest e a sud del Paese, e sposano le anse rialzate delle vallate fluviali, come quelle del Reno e dei suoi affluenti.
La viticoltura germanica si trova sul 50° parallelo e addirittura i distretti orientali di Saale-Unstrut e Sachsen, si trovano ancora più a nord. La possibilità di coltivare la vite così a nord dipende in parte dall’influenza mitigante della corrente del Golfo del Messico, ma soprattutto dalle posizioni vantaggiose dei vigneti, esposti a sud. Le vigne sono spesso messe a dimora lungo i costoni scelti per la loro vicinanza ai fiumi, che danno una buona protezione al gelo primaverile, il quale – in certe annate – può addirittura vanificare gli sforzi di un anno di lavoro. Il clima fresco contribuisce a far maturare le uve molto lentamente, dando loro il tempo di formare molto estratto e sostanze aromatiche, ciò che spiega il motivo per cui il tenore alcolico dei vini è relativamente basso, mentre l’acidità può essere particolarmente elevata, caratteristica propria dei vini tedeschi.
Generalmente la Germania produce essenzialmente vini bianchi, la cui qualità, freschezza ed eleganza può durare nel tempo. È questo il caso del Riesling i cui primi ceppi furono portati dalle legioni di Roma con il nome di Argitis Minor e messi a dimora sulle rive del Reno e della Mosella. Intorno all’800, Carlo Magno, favorì la selezione di vitigni di qualità; stabilì una prima classificazione dei vigneti e promulgò delle leggi che proteggevano i vignaiuoli e i mercanti e, come accaduto in altri Paesi europei, dopo l’anno Mille, furono gli Ordini Monastici a giocare un ruolo importante e pioneristico per la viticoltura; di buon esempio è il monastero cistercense di Eberbach, ancora oggi in attività, che già nel XII secolo era famoso per i suoi leggendari vini bianchi.
Nel XVI secolo erano recensiti circa 300mila ettari vitati (il triplo di quello odierno) e la consumazione pro capite era di 120 litri per persona! Cinque volte superiore a quella odierna. Oggi il vigneto della Germania si estende su circa 102mila ettari, con circa 7 milioni di ettolitri di vino prodotto, che portano il Paese a occupare il decimo posto nella classifica mondiale. Oggi i vitigni bianchi coltivati occupano circa il 68 per cento del territorio (20 anni fa erano l’85 per cento). I sistemi di impianto sono quasi completamente a spalliera, soprattutto a cordone speronato.
Il vitigno principe è senz’altro il Riesling, che nonostante le latitudini non troppo favorevoli, riesce a dare vita a prodotti di grande acidità e ottimo equilibrio, creando alle volte un’incredibile caleidoscopio di profumi, con note minerali e con ottime possibilità nell’evolvere. Poi troviamo il Müller-Thurgau dagli accattivanti sentori di fiori di campo, il Sylvaner con i suoi profumi di nocciole che ricordano alcuni Chardonnay della Borgogna, il Kerner, il Pinot Grigio che qui chiamano Grauburgunder o Ruländer, il Pinot Bianco o Weissburgunder, spesso usato per i Sekt (spumanti). E qui vorremmo aprire una parentesi su questa tipologia di vini.
La Germania è il paese al mondo dove si consumano più spumanti di ogni tipologia. Vivaci, freschi e con limitate gradazioni alcoliche, sono i vini che assomigliano di più alla birra, bevanda nazionale con un consumo pro capite di ben 115 litri! Sembra, dice la leggenda, che fu Otto von Bismarck (1815-1898) il cancelliere di Guglielmo I, a invitare i pigri tedeschi a bere questo genere di vino, per ravvivarli e tenerli desti. E ancora il Baccus, incrocio tra Sylvaner e Riesling, come lo è lo Scheurebe. Tra i rossi troviamo lo Spätburgunder (Pinot Nero), il Portugieser, il Dornfelder, il Trollinger che non è nient’altro che la Schiava Grossa in Trentino e la Vernatsch in Alto Adige.
Quando si parla di Germania, si sente molto spesso citare la parola Oechsle, questa parola manda spesso in tilt i non addetti ai lavori, vediamo di dare una spiegazione. Circa 200 anni fa, nella Pforzheim, abitava un fisico di nome Ferdinand Oechsle (1774-1852), piccolo produttore in proprio. Lo irritava molto il fatto che i vignaiuoli del posto non erano mai in grado di prevedere quale sarebbe stato il risultato della vendemmia. Il nostro personaggio aveva capito però che la qualità e la longevità dei vini, erano strettamente legati al grado alcolico e che questo, a sua volta, dipendeva dal peso specifico del mosto, quindi dal suo grado zuccherino. Per poter misurare il peso specifico egli costruì una specie di densimetro (mostimetro).
Il punto di partenza del suo metodo fu che se un litro di acqua pesa 1000 grammi e se il mosto pesa per esempio 1080 grammi per litro, allora la densità è di 80 gradi Oechsle, un po’ meno di 10 per cento di alcol, ma per i vini tedeschi la percentuale di alcol è di secondaria importanza. I vini secchi tedeschi con una gradazione alcolica tra 12-13 per cento sono ormai una norma; trattati da ottimi enologi, possono sviluppare più carattere e un sapore più complesso. A creare confusione spesso concorrono le etichette dei vini, molto esplicite, ma per i profani le meno chiare del mondo, di questo però ne riparleremo.