Trovare un vero punto di partenza per scoprire la Rimini di Fellini è davvero difficile. Ogni piazza, luogo o via è stata ricordata nei suoi film dal grande maestro del cinema, nato in questa cittadina della Riviera romagnola il 20 gennaio 1920. La Rimini di Fellini è la Rimini dei film I vitelloni, I clowns, Roma, ma soprattutto di Amarcord, che in dialetto romagnolo sta a significare «mi ricordo». Il suo film più autobiografico. Premio Oscar nel 1975.
Quella di Fellini è tuttavia una Rimini immaginaria, perché lui non ha mai girato una scena nella sua città natale, che ha invece sempre ricostruito negli studi di Cinecittà di Roma, dando vita alla Rimini della sua giovinezza, dei suoi ricordi, della sua fantasia. Eppure, camminando per le strade del centro, lungo i vicoli di Borgo san Giuliano o il lungomare si trovano le tracce del maestro e le atmosfere dei suoi film.
Il 2020, anniversario del centenario della sua nascita, è l’anno ideale per visitare Rimini, che proporrà mostre, proiezioni e convegni dedicati a Federico Fellini, a tutti gli effetti uno dei maggiori registi della storia del cinema. Forse il luogo di partenza più adatto per questo tour è l’Arco di Augusto, costruito nel 27 a.C. e che ricorda la Rimini romana. Da questo Arco inizia Corso Augusto, dove, nel film Amarcord vediamo passare le auto della Mille miglia. E sempre su questo corso, al civico 115 si trova una delle case in cui visse Fellini con la famiglia. Non è la casa dove lui è nato, ma è quella che come disse «ricordo veramente». Più avanti si trova Piazza Tre Martiri, un tempo foro romano, con la sua statua di Cesare. Anche questa piazza, con il tempietto di Sant’Antonio, appare nei ricordi del maestro, sempre in Amarcord, quando con i suoi amici andavano davanti al Duomo per ammirare il fondo schiena delle signore in bicicletta.
Proseguendo in direzione del Ponte di Tiberio, poco dopo si apre la maestosa Piazza Cavour. Questa piazza è intrisa dei ricordi privati e cinematografici dell’uomo e regista tanto amato.
Sempre e soprattutto in Amarcord. C’è il Palazzo dell’Arengo che si vede durante le scene delle celebrazioni fasciste. La Fontana della Pigna, che incantò anche Leonardo da Vinci, appare diverse volte; con la sua pigna collocata in alto, fa da coreografia durante le esercitazioni ginniche per le celebrazioni fasciste o nella celebre scena, durante la nevicata, quando ci si posa sopra il pavone. Ma questa piazza è stata anche l’ultima che ha dato il saluto al suo illustre figlio. Al Teatro Galli, il tea-tro comunale della città, il 4 novembre del 1993 venne allestita la camera ardente di Fellini.
Alle spalle del teatro troviamo Castel Sismondo che ospita la mostra «Fellini 100. Genio Immortale» e dove la sera un fascio di luce proietta sulle sue mura il logo ufficiale delle celebrazioni dedicate al Maestro, disegnato da Paolo Virzì, «Fellini 100», che mostra un Fellini domatore come in una foto del regista durante le scene di 8½. Castel Sismondo è entrato nella pellicola I clowns, quando il regista ci mostra una fortezza molto simile al castello.
Ma torniamo a Piazza Cavour, riprendiamo Corso Augusto verso Ponte Tiberio e poco dopo ecco che alla sinistra si presenta quello che forse è il cuore degli intrecci tra Fellini e la sua città: il cinema Fulgor. Il mitico cinema Fulgor, riaperto l’anno scorso, completamente restaurato e con gli interni allestiti dal premio Oscar Dante Ferretti è stato «il luogo dove da piccolo scoprii i film» disse Fellini. Infatti, qui, seduto sulle gambe del padre vide il suo primo film, Maciste all’inferno. Ed è qui che si innamora del cinema, delle sue atmosfere, delle storie che si potevano raccontare. Un’emozione che non dimenticherà mai. Il Fulgor diventa la sua seconda casa. E lo ritroviamo in diverse scene di Amarcord. Bisogna entrare, per poter ammirare tutta la bellezza del restauro: legno, ottone, velluti rossi, colori caldi in uno stile anni Quaranta. Ci sono due sale, la Sala Federico e la Sala Giulietta. Il Fulgor è un tributo al cinema e a Federico Fellini.
Riprendendo corso Augusto si arriva al ponte di Tiberio, costruito tra il 14 e il 21 d.C., e immediatamente dopo inizia Borgo San Giuliano, uno dei luoghi più affascinanti di Rimini. Il vecchio quartiere dei pescatori e marinai, con i suoi stretti vicoli e le sue case basse. Un quartiere e le sue atmosfere che il Maestro ha riproposto ne I clowns e in Amarcord. Certo, oggi il Borgo è completamente ristrutturato, le case hanno tutte colori pastello. Ma camminando tra queste stradine si scoprono sui muri delle casette i bellissimi murales tratti dai film di Fellini. Scene dei film La dolce vita, Amarcord, La strada, 8½, e protagonisti come Mastroianni, Masina, Benigni, la Tabachéra, sono tutte rappresentati in questi disegni che impreziosiscono il Borgo e lo rendono ancora più unico.
Tornati indietro e riattraversato il Ponte Tiberio, si prende verso il mare e si costeggia il porto canale, che porta fino al molo, la «palata» come la chiamano i riminesi, altro classico luogo felliniano: questa è infatti l’emblema de I vitelloni, i nullafacenti, così come in Amarcord ci vediamo sfrecciare il motociclista pazzo o quando partono le barche che vanno in cerca del transatlantico Rex.
Siamo ormai arrivati quasi alla fine di questo viaggio felliniano. Manca però ancora un’ultima tappa, non lontano dal molo, sempre di fronte al mare: il Grand Hotel Excelsior. Con la sua elegante facciata liberty, il suo parco di pini e lecci. Il Grand Hotel non è solo un simbolo della città, ma è il luogo per eccellenza dell’immaginario felliniano. Il punto di partenza dei suoi sogni giovanili. Da ragazzo, quando andava a guardarlo da fuori, immaginava al suo interno donne bellissime ballare nei grandi saloni, la vita lussuosa, i suoi ospiti illustri. Tutti ricordi e fantasie che esalta nelle sequenze di Amarcord, rendendo immortale l’atmosfera fantastica del luogo. Il Grand Hotel era diventato anche il luogo dove Fellini amava andare quando tornava a Rimini, soggiornando sempre nella stanza 315. E le stanze dell’albergo fanno da scenografia a una delle battute forse più famose di Amarcord, quando la parrucchiera Ninola si offre da sotto le lenzuola: «Signor Principe, gradisca».
Poi bisognerebbe andare sulla spiaggia, passeggiare sul bagnasciuga e ricordare le parole del Maestro, quando si interrogava sulla sua città e che forse meglio di tutti la descrivono: «Rimini è un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero con questo grande respiro, questo vuoto aperto del mare; lì la nostalgia si fa più limpida, specie il mare d’inverno, le creste bianche, il gran vento, come l’ho visto la prima volta. È piuttosto, e soltanto, una dimensione della memoria».