Come si fa (Csf)

(Keystone)

Parliamo di budini. Sono una preparazione che ogni tanto mi capita di rimuovere mentre altre volte preparo con grande piacere: non capisco questa mia ambivalenza, misteri della psiche. Vediamo come si fanno due classici, amati budini.

Budino di ricotta. Per 4 persone. Setacciate 500 g di ricotta, amalgamate un uovo e 4 tuorli, una manciata di farina ben setacciata, 4 cucchiaiate di zucchero e un pizzico di cannella; se volete anche di chiodi di garofano e noce moscata. Tagliate a dadini 40 g di canditi, grattugiate la scorza di un limone non trattato, mescolateli con 2 bicchierini di rum o di vino dolce e uniteli al composto di ricotta. Montate a neve ben soda i 4 albumi e amalgamate anch’essi, mescolando con delicatezza. Versate il composto in uno stampo liscio, spolverizzato di farina e senza superare la metà dell’altezza. Cuocete in forno a 160° per 30 minuti. Levatelo dal forno, fatelo raffreddare, sformatelo e spolverizzate con 4 cucchiaiate di zucchero profumato con ancora un pizzico di cannella o delle spezie che avete usato.

Budino d’arancia. Per 4 persone. Lavate 2 arance grosse e non trattate e mettetele in una casseruola con acqua fredda. Portate a bollore e fate cuocere finché risulteranno morbide. Scolatele, mettetele in una terrina, copritele con altra acqua e lasciatele a bagno per 24 ore, in modo che perdano il sapore amarognolo. Mettete 100 g di burro ad ammorbidire per circa un’ora fuori dal frigorifero. Tagliate le arance a fette, eliminate i semi e frullatele. Mettete il composto ottenuto in una terrina, unite 60 g di zucchero e il burro. Mescolate con un cucchiaio di legno e aggiungete 4 tuorli incorporandoli con cura. Montate a neve ferma 4 albumi e uniteli alla preparazione mescolando delicatamente dal basso verso l’alto. Imburrate uno stampo da budino, versatevi la preparazione, coprite il recipiente e fate cuocere a bagnomaria per un’ora. Lasciatelo raffreddare prima di servirlo.


La regina delle cucine

Prima di tre puntate dedicate alla cucina francese, nota come Haute cuisine o «internazionale»
/ 30.12.2019
di Allan Bay

Iniziamo l’anno parlando della importante ed amatissima cucina francese. È un argomento lungo, prenderà 3 uscite.

Raffinata e sofisticata, la cucina nazionale francese è quella che oggi viene chiamata, anche, «internazionale» o haute cuisine. Affonda le sue origini nella corte di Versailles e nella ricchissima nobiltà settecentesca, i cui cuochi crearono non solo dei piatti divenuti famosi ma anche uno «stile», trasmesso poi alla borghesia nata dalla rivoluzione francese. Grandi nomi punteggiano la storia della gastronomia d’oltralpe: da La Varenne (XVII sec.) a Brillat-Savarin e Carême (secc. XVIII-XIX) a Escoffier (sec. XIX), per citare solo i nomi fulgidi che hanno fatto grande il nome della Francia nel mondo gastronomico, e non solo. Nonostante il successo e lo sviluppo internazionale delle cucine italiana e spagnola, cinese e giapponese, il vessillo della grande cucina è ancora sostanzialmente in mano alla Francia: certo, non tutti sono d’accordo con questa affermazione, ma chi scrive ne è convinto – non felice, non ha senso essere felici di una cosa del genere, solo convinto.

Alla costruzione del suo primato hanno contribuito anche le diverse tradizioni culinarie delle sue regioni, che senza mai perdere le proprie connotazioni – sempre ricercate e complesse – hanno influenzato gli artefici della haute cuisine. Ma la grandeur della gastronomia francese non dipende solo dalla fantasia e dall’arte dei suoi cuochi: il vasto assortimento di materie prime di standard qualitativo elevato ha avuto la sua importanza. Dai vini ai polli di Bresse, ma anche dalle prugne alle patate, la nazione francese vanta una lunga serie di prodotti ottenuti seguendo i severi e rigidi disciplinari di produzione dei diversi marchi di qualità: AOC (Appellation d’Origine Contrôlée), Label Rouge, AOP (Appellation d’Origine Protégée), IGP (Indication Géographique Protégée), STG (Spécialité Traditionnelle Garantie), AB (Agriculture Biologique).

È opinione abbastanza diffusa – forse dovuta all’identificazione che si è generata tra cucina internazionale e cucina francese – che la cucina francese sia piuttosto uniforme; in realtà presenta molte sfaccettature dovute principalmente al clima: non va infatti dimenticato che la Francia è un vasto territorio che si estende verso tutti i punti cardinali, perciò le differenze sono marcate: così il burro e le mele della Normandia, per esempio, si contrappongono all’olio di oliva e ai pomodori della Provenza, le ostriche della Bretagna ai crauti con würstel dell’Alsazia, per fare solo degli esempi. Certo, esistono anche i caratteri comuni, il più… legante dei quali è la passione per le salse e per i fondi.

Alla cucina classica francese – anzi, parigina DOC – appartengono piatti entrati stabilmente nella gastronomia internazionale, come il potage Parmentier (cremosa zuppa preparata con porri e patate), il bisque di crostacei (nella foto), i diversi aspic, il consommé con i bignè al formaggio, la celeberrima soupe à l’oignon, le numerose terrine di carni diverse, la quiche lorraine (con pancetta, uova e panna, e la sua variante con salmone), le lumache alla borgognona, il coq au vin, l’anatra all’arancia e ancora preparazioni dolci e salate quali le crêpes, le mousse, i soufflé o la dolce charlotte (morbido dessert freddo, al cucchiaio, composto da strati alternati di biscotti e una mousse o una marmellata).