La moda dei vini speziati

Il vino nella storia - Segno di prestigio sociale e sempre presenti ai banchetti di lusso del tredicesimo secolo
/ 16.01.2017
di Davide Comoli

Intorno al 1200 i vini preferiti e i più pregiati erano il Vin Greco, le Malvasie, le Vernacce e i Moscatelli. Questi erano un segno di prestigio sociale e non potevano mancare nei banchetti di lusso. Fu in questo periodo che anche nell’ambito dei vini e dei cibi si manifestò la «follia delle spezie». Tutto doveva essere speziato, il palato doveva essere solleticato con sapori nuovi, coinvolgenti ed esotici, per stupire, meravigliare e anche per dimostrare la propria ricchezza, perché l’acquisto delle spezie, richiedeva ampie disponibilità economiche.

I mercanti italiani, ebbero un ruolo molto importante nel commercio internazionale sia del vino sia delle spezie. In particolare, Venezia fu una delle principali artefici di questo settore. L’intraprendente città lagunare, fu una formidabile intermediaria con l’impero bizantino, il quale all’epoca era un raffinato cultore di specialità esotiche e di vini.

Sin dall’anno Mille, Venezia era un’alleata degli imperatori di Costantinopoli ed aveva ottenuto privilegi fiscali che le consentivano di commerciare ogni genere di merce in ogni angolo dell’Impero Romano d’Oriente.

Nel 1202 le navi veneziane imbarcarono i partecipanti della IV crociata indetta da papa Innocenzo III. A guidare la spedizione furono Bonifacio marchese di Monferrato, Baldovino di Fiandra e il doge Enrico Dandolo. Questa crociata non arrivò mai a Gerusalemme a causa delle vicende politiche nelle quali s’imbatterono lungo il viaggio, ma ciò permise ai cavalieri di conquistare Zara e Costantinopoli. Venezia diventò così Signora di una parte di Costantinopoli, di Creta e di molte isole dell’arcipelago greco.

Già padroni della Dalmazia, i veneziani si assicurarono così il possesso di una serie di isole, scali e porti che costituivano gli anelli di una catena ininterrotta dall’Adriatico fino all’odierna Istanbul (Costantinopoli). Ciò che rappresentò per la città veneta un’ulteriore grande affermazione sui mercati dell’Oriente. Venezia, consolidò così il monopolio del commercio dei vini del Peloponneso, Corfù, Cipro, Creta, Rodi e delle isole dell’Egeo.

Da queste zone infatti, provenivano i pregiati Moscatelli e le rinomate Malvasie che Venezia mandava non solo sui mercati italiani, ma anche verso la Francia meridionale, la Spagna, le Fiandre e l’Inghilterra. L’apertura della cultura occidentale verso l’Oriente, l’intensificazione dei contatti, la celebrità di quei vini, condussero alla diffusione anche in Occidente dei vitigni necessari alla loro produzione.

Nuove abitudini, nuove idee, nuove parole. Entrò così in uso in quegli anni la parola «muscato» insieme ai suoi derivati.

Il profumiere era chiamato a Venezia «muschiere». «Nux muscata» fu chiamata nel latino medievale la nota spezia che noi conosciamo come «noce moscata», e «zucchero muscato» era lo zucchero profumato che si usava per confettare la frutta.

In quel mondo di profumi, il nome «moscato» fortemente evocativo, fu impiegato a designare certi vini dolci, aromatici, prediletti dalle classi sociali più agiate. Il prestigio di questi vini dorati e molto profumati era molto considerato, e a partire dal 1200 l’Italia diventò la nazione storicamente più importante per i moscati. A partire dalla fine del 1200, molte zone italiane diedero inizio al commercio locale dei vini tanto profumati richiesti da molti mercati.

Per potere affermarsi e non soccombere alla concorrenza, da un lato venivano incoraggiati gli impianti di nuove vigne, dall’altro la tutela dei prodotti. A questo pensarono le leggi dei Comuni medievali. Gli statuti di diverse città, come ad esempio quelli di Vercelli del 1253, arrivarono a vietare la vendita di Moscato e altri vini d’importazione e obbligarono a impiantare una percentuale fissa di ceppi di Moscato rispetto ad altri vitigni.

Già dagli inizi del 1300, Pier de Crescenzo, autore bolognese, nel suo Liber Ruralium Commodorum citava il Moscatello fra i vitigni più coltivati nella Penisola. Oltre ai celebri sopra citati era uso importante nel Medioevo il consumo dei vini aromatizzati con spezie rare e preziose, forti o dolci, come il coriandolo, il cardamomo, i chiodi di garofano, la cannella, che venivano miscelati in varie proporzioni con vino, miele e il prezioso zucchero orientale, andaluso o siciliano.

Un aspetto che sicuramente contribuì al successo e alla moda dei nuovi vini aromatizzati, fu il ruolo che il vino e le spezie ebbero anche nella preparazione di prodotti terapeutici. Fu in quel tempo molto apprezzato un vino aromatizzato per eccellenza, «l’Ypocras», che tra il 1200 e il 1600 conobbe un vero successo: il suo nome deriverebbe dal medico per eccellenza che fu Ippocrate. Essendo un prodotto ricco di costose spezie, diventò segno di un’elevata posizione economica e sociale, protagonista di feste, regalo prezioso e complemento indispensabile di un vero pranzo di gala, non solo per la borghesia italiana, ma anche alle corti dei nobili europei, dove questa moda durò fino alla fine del 1600, quando in seguito alle nuove condizioni storico-economiche, in Europa s’affermarono nuovi stili di vita.

Fu durante il Medioevo che s’affermarono anche nuovi contenitori per il vino: le botti di legno e i barilotti sostituirono quasi totalmente le anfore d’argilla; con i fiaschi impagliati nel 1400 si diffuse l’uso delle bottiglie per portare il vino in tavola e si affermò decisamente l’uso del bicchiere. Le bottiglie poste sul tavolo erano chiuse spesso con tappi di frutta, con la filaccia, con una scodella capovolta o con il tappo di vetro troncoconico.

Un altro grande cambiamento di quell’epoca fu il distacco dall’uso latino e greco di bere il vino mescolato all’acqua. Da qui in poi si inizierà a preferire il vino puro, ovvero non annacquato.