Venti di guerra soffiano nel turismo. Complice forse qualche film di troppo sulla Seconda guerra mondiale – dopo Dunkirk tocca ora a L’ora più buia – inglesi e tedeschi sono nuovamente in lotta tra loro... per le sdraio. Da tempo la questione è discussa in tutti i villaggi vacanza. Per cominciare i tedeschi sono più efficienti: avete visto i loro castelli di sabbia? Sono costruiti con tanta cura da far sospettare un possibile futuro impiego militare. Inoltre sono puntuali e soprattutto si svegliano presto. Per questo conquistano tutte le sdraio migliori, occupandole con un lancio sicuro dei loro asciugamani prima di entrare nella sala della colazione.
Il Tour Operator inglese Thomas Cook ha deciso di mettere fine a questo imperialismo strisciante dando ai turisti britannici la possibilità di prenotare in anticipo in rete le loro sdraio per la prossima estate. Una mappa interattiva mostrerà le sdraio disponibili e le ore del giorno nelle quali restano in ombra. E così, oltre a sconfiggere i tedeschi, sarà più facile restare vicini ai propri amici o familiari.
I tedeschi non l’hanno presa bene: «Questo significa guerra» ha scritto semiserio il direttore del popolare quotidiano «Bild», dove si può leggere un articolo intitolato L’arma segreta degli inglesi nella guerra degli asciugamani. La tensione è diminuita solo quando i tedeschi hanno scoperto che anch’essi possono prenotare online la loro sdraio (e certo lo faranno in maniera più puntuale ed efficiente degli inglesi).
La «guerra degli asciugamani» ha seguito di poco le provocatorie dichiarazioni del presidente Trump: durante un incontro nello Studio ovale con alcuni membri del Congresso, discutendo di immigrazione, Trump ha definito «cessi di Paesi» («Shithole Countries») Haiti, El Salvador e l’Africa nel suo insieme (per non sbagliare). L’Unione africana, l’organizzazione che rappresenta gli Stati del continente, ha subito chiesto scuse formali. Ma con più spirito, un’agenzia turistica dello Zambia ha fatto circolare un manifesto pubblicitario con un incantevole safari al tramonto e la scritta: «Visita quel cesso dello Zambia! Le sole stelle e strisce che vedrai saranno in cielo e sul mantello delle zebre».
Già nel 2002, del resto, un altro presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, se l’era presa con Corea del Nord, Iran e Iraq, proponendoli come esempi di un più ampio «Asse del male» favorevole al terrorismo internazionale e allo sviluppo di armi di distruzione di massa. Subito Tony Wheeler, il fondatore delle guide Lonely Planet, decise che avrebbe fatto un viaggio visitando proprio tutti gli «Stati canaglia» del pianeta; trovate il racconto di quell’esperienza in Bad Lands. Un turista sull’Asse del male (EDT). Curiosamente in un documentario della BBC l’ex ambasciatore statunitense Barbara Bodine rivelò che l’esercito statunitense aveva utilizzato una vecchia copia di una guida Lonely Planet per pianificare l’invasione dell’Iraq nel 2003...
Ma quando un Paese è veramente «cattivo»? Certo anche Tony Wheeler aveva dovuto riconoscere che la Corea del Nord non risponde ai requisiti della comunità internazionale (lo definì «un gulag gestito dai Monty Python»). Ma in altri casi si cerca di far passare per nemici dell’umanità i propri avversari politici: è il caso dell’Iran, assai ospitale coi turisti internazionali quanto sgradito all’amministrazione americana. E che dire poi dell’Arabia saudita? Un Paese assai rispettato ma con diverse zone d’ombra. Potrebbe essere simile il caso delle Maldive. L’arcipelago delle mille isole nell’Oceano indiano ha un’ottima reputazione ed è considerato un paradiso turistico con le spiagge infinite, le lagune di acqua blu e le lunghe barriere coralline. Ma i disordini e le tensioni dei giorni scorsi hanno rivelato anche un volto nascosto: scarsa democrazia, violazione dei diritti umani, intimidazione degli avversari politici e il ricorso troppo frequente all’esercito, oltre al pericolo di radicalizzazione islamica. Questa situazione tuttavia è raramente percepita dai turisti, perché questi arrivano nell’aeroporto internazionale su un’isola separata dalla capitale Malé e da lì sono subito trasportati nei resort delle isole loro riservate, dove i locali possono accedere solo per lavorare al servizio degli ospiti.
Nel 2017 le Maldive hanno registrato 1,34 milioni di arrivi internazionali (erano solo 800mila nel 2010). Il Paese ricava dal turismo oltre il quaranta per cento del suo prodotto interno lordo. Proprio per questo qualcuno ha proposto anche un boicottaggio turistico, per togliere al governo la maggior parte delle sue risorse e spingerlo verso comportamenti più democratici, ma l’appello sembra essere caduto nel vuoto. Del resto se indubbiamente il governo delle Maldive non rispetta gli standard occidentali è tuttavia in buona compagnia e non è certo il peggiore in circolazione.
La discussione potrebbe continuare a lungo. Del resto il turismo è così: dietro quella sua aria disimpegnata, futile, leggera, nasconde problemi reali, tutte le opportunità e i pericoli del mondo postmoderno: il nostro mondo.