Teatro Amazonas di Manaus

La forza ostinata dei sogni

Viaggiatori d’Occidente - Navigando sulle acque cupe del Rio Negro, in Brasile, per riscoprire il fascino delle esplorazioni
/ 26.08.2019
di Natalino Russo, testo e foto

Il battello è sconquassato dalle rapide. La carena sbatte rumorosamente sulle rocce del fondale, i motori non riescono più a tenere testa alla violenza delle acque vorticose. Il disastro è imminente, ormai sembra non ci sia più nulla da fare… 

È una delle scene chiave del film Fitzcarraldo. Werner Herzog cominciò a girarlo nel 1979 in Perù, per poi riprendere due anni dopo a causa di una lunga serie di incidenti e disgrazie, oltre che per mancanza di soldi. La ricerca di finanziamenti fu estenuante, ma alla fine Herzog riuscì a finire il lavoro. Il film uscì nel 1982 e fu premiato a Cannes per la miglior regia.

Fitzcarraldo è una delle opere più visionarie di Herzog. È la storia di Brian Sweeny Fitzgerald, chiamato appunto Fitzcarraldo, che dopo aver assistito a uno spettacolo del grande Enrico Caruso nel teatro Amazonas di Manaus, decide di costruire un teatro anche a Iquitos, la sua città nel cuore della foresta peruviana. Per raccogliere il denaro necessario, Fitzcarraldo intraprende un lungo viaggio in nave attraverso i fiumi dell’Amazzonia alla ricerca di caucciù. Questo viaggio assorbirà tutte le sue energie e finirà col diventare la sua unica ragione di vita, per poi concludersi con un fallimento. Il film celebra la forza ostinata dei sogni e il loro valore anche quando appaiono irrealizzabili. Ed è un omaggio alla trasformazione indotta dal viaggio e, in ultima analisi, dalla vita stessa.

Mi perdo in questi pensieri mentre, nel cuore della notte, navigo sulle acque cupe del Rio Negro, in Brasile. Sono arrivato fin qui con una spedizione geografica del gruppo «La Venta», che da molti anni esplora le grotte nei tepui, montagne fatte di quarzo che si trovano nelle selve e nelle savane a cavallo tra Brasile, Venezuela e Colombia. Raggiungere queste montagne non è facile, talvolta non basta neppure l’elicottero. È il caso della Serra do Aracà, un tepui che emerge per più di mille metri dalla foresta amazzonica. Si trova a monte del Rio Negro, quasi al confine col Venezuela, a tre giorni di navigazione da Manaus. Scopo di questo viaggio è raccogliere informazioni e fotografie per preparare le esplorazioni future. 

Fa caldo, mi siedo fuori a sentire il vento e a parlare col comandante. Il Rio Negro è immenso, divaga in meandri tortuosi che si separano e tornano a congiungersi, in un dedalo che forma una costellazione di oltre 1400 isolette perse nell’abbraccio del grande fiume. Si chiama Mariuà, è il più grande arcipelago fluviale del mondo.

La notte è buia e per centinaia di chilometri non ci sono centri abitati. Le stelle si riflettono sull’acqua liscia e nera del fiume come in un gioco di specchi. Sembra di stare sospesi con tutta la barca al centro di una sfera stellata, o dell’universo. Il comandante conduce la barca in questo dedalo di diramazioni avvolte dalle tenebre.

Il Rio Negro nasce in Colombia e scorre maestoso per duemila chilometri fino a Manaus, dove confluisce nel Rio Solimões, come lo chiamano i brasiliani, e insieme formano il Rio Amazonas cioè il Rio delle Amazzoni, il fiume più lungo del mondo. Le acque del Solimões, dense di detriti, sono limacciose e chiare, mentre quelle del Negro sono cristalline e rosse, cariche di tannini vegetali. Alla confluenza, le due acque non si mescolano subito ma scorrono affiancate per molti chilometri prima di fondersi in una sola acqua e scorrere fino all’immenso estuario sull’Atlantico. Dalle loro sorgenti sulle Ande, fin qui le acque del Rio delle Amazzoni hanno percorso quasi settemila chilometri e durante il viaggio si sono trasformate più volte: pur rimanendo acqua, hanno formato rapide e cascate, poi placide anse; sono state scure, chiare e le due cose insieme. Apurimac, Ene, Tambo, Ucayali, Amazonas, Solimões e poi nuovamente Amazonas. Nel suo lungo percorso, quest’acqua ha preso sette nomi diversi. Cosa rimarrà, una volta giunta alla foce, di ciò che era lassù sulle Ande peruviane?

Il nostro viaggio sul Rio Negro è cominciato a Manaus e andrà avanti tutta la notte fino a Barcelos, un villaggio nella foresta amazzonica raggiungibile soltanto in barca o con piccoli aerei. Da lì proseguiremo alla volta della Serra do Aracà, sperando di riuscire a sorvolare la montagna a bordo di un aeroplanino e così scattare fotografie aeree che potranno aiutarci nelle esplorazioni future.

Gli abitanti di Barcelos si spostano sul fiume usando la voadeira, una barchetta affusolata come una canoa ma dotata di un piccolo motore fuoribordo. L’elica è montata in fondo a un’asta molto lunga, in modo che inclinandola è possibile navigare anche in pochi centimetri d’acqua. Con queste barche si inoltrano nella foresta che è al tempo stesso anche fiume, tra i salti dei botos cor de rosa, i delfini rosa dell’Amazzonia.

La Serra do Aracá fu uno degli eldorado brasiliani nell’epoca della corsa all’oro e ai diamanti, epopea ben raccontata nei libri dell’esploratore italiano Alfonso Vinci. Inseguendo un sogno di ricchezza, quelle persone trovarono ostacoli insormontabili, difficoltà che condizionarono e trasformarono le loro vite, sino a cancellare il progetto originario e diventare esse stesse il vero scopo. Quegli uomini furono tanti piccoli Fitzcarraldo trascinati verso lidi sconosciuti dalle imprevedibili diramazioni della vita.