Un paesaggio punteggiato da templi e antichi palazzi, le colline circostanti e gli altipiani della foresta offrono una natura incontaminata intorno all’antica capitale del regno dei Bundela – il cui nome deriva da boond, cioè gocce, in riferimento alle gocce di sangue offerte dal primo sovrano di Orchha alla dea Kalì.
A Orchha il tempo sembra essersi fermato e la vita scorre lenta e sonnacchiosa come le acque del fiume Betwa che attraversa la città. Con meno di dodicimila abitanti per gli standard indiani è poco più di un villaggio, soprattutto se messo a confronto con le trafficate megalopoli indiane. Il passato glorioso di Orchha sopravvive nella caratteristica architettura della fortezza, dei mausolei e dei numerosi templi. Un lento processo di edificazione non regolamentata ha reso la città più popolosa e ne ha migliorato i collegamenti, senza alterarne il fascino. Lungo la strada principale si susseguono bancarelle di oggetti per la venerazione e di artigianato locale, un piccolo e colorato bazar dove è bello osservare il viavai e le contrattazioni.
Il complesso del forte di Orchha ospita un vasto numero di monumenti antichi, caratterizzati dalla ricchezza delle facciate e una grande cura dei dettagli. Il forte e le altre strutture al suo interno furono costruite dal clan Rajput della dinastia Bundela a partire dall’inizio del XVI secolo. Il complesso del forte è accessibile percorrendo un lungo ponte seicentesco che conduce a una spessa porta di ingresso, seguita da un cortile quadrangolare circondato da palazzi: il Raja Mahal, lo Sheesh Mahal, il Jahangir Mahal, templi, giardini e padiglioni.
Quello di Ram Raja è il palazzo più antico. Terminato nel 1545, ha una pianta quadrata e gli interni riccamente decorati con dipinti murali della tradizionale scuola di pittura Bundela. Adiacente al Ram Raja si trova il giardino Phool Bagh, elegantemente allestito con una fila di fontane che culmina in un padiglione a otto pilastri, forse l’unico esempio rimasto dell’eccezionale sistema di raffreddamento persiano in India. L’unità era composta da due torri dette colonne Sawan Bhado come due mesi primaverili nel calendario locale indiano. Erano perforate nella parte superiore in modo da poter catturare il vento, mentre la parte inferiore era collegata a un serbatoio d’acqua. I sotterranei del palazzo, detti Tehkhana e adibiti a rifugio dalla calura estiva dei sovrani, erano attrezzati con una struttura a forma di ciotola dalle cui fontane le gocce d’acqua filtravano fino al tetto, simulando la pioggia. Le torri, il sistema di distribuzione dell’acqua e il serbatoio sotterraneo di acqua erano a loro volta ingegnosamente connessi a una Chandan Katora o una fontana nel padiglione sopra il rifugio. L’acqua del serbatoio sotterraneo veniva così spinta verso la Chandan Katora e cadeva come una fontana sul tetto del ritiro, mantenendo in questo modo il Tehkhana piacevolmente fresco.
Il Raja Mahal è il cuore religioso di Orchha. Costruito nella prima parte del sedicesimo secolo, la sua origine è legata a una curiosa leggenda locale, secondo la quale il tempio-palazzo fu costruito in seguito all’apparizione del dio Rama in un sogno della regina Rani Ganeshkuwari, esortata dalla divinità a costruire un tempio in suo onore. La regina viaggiò fino alla città di Ayodhya per ottenere una statua di Rama da custodire nel nuovo tempio di Chaturbuj ma al suo ritorno mantenne la statua sull’altare domestico nonostante ciò fosse proibito. Una volta completata la costruzione del tempio, l’idolo di Rama rimase nel palazzo e continuò a essere adorato al suo interno, quindi una parte del palazzo fu convertita nel Tempio di Rama Raja; questo è l’unico santuario nel paese in cui Rama è adorato come un re e riceve ogni giorno un saluto d’onore.
La facciata esterna del Ram Raja è semplice e quasi scarna, mentre le sale interne sono finemente decorate con affreschi a temi sociali e religiosi e ritraggono divinità, animali mitici e persone comuni. Le finestre, i passaggi porticati e la planimetria dell’edificio sono progettati in modo tale che la luce del sole e l’ombra creino aree dove diversi stati d’animo e temperature si susseguano durante il giorno.
Lo Jahangir Mahal fu costruito da Bir Singh Deo nel 1605 per l’imperatore Mughal Jahangir, il quale vi alloggiò solo una volta. Il palazzo, su quattro livelli, presenta eleganti caratteristiche architettoniche di architettura sia musulmana sia Rajput. Il cancello d’ingresso del palazzo conduce ai bagni reali e a una piccola abitazione a due piani costruita all’interno di un giardino in tipico stile architettonico moghul; un’aggiunta realizzata appositamente per Rai Parveen, la escort femminile del Raja Indrajit, poetessa e musicista, tant’è che il suo ritratto in un abbigliamento rivelatore e seducente adorna la sala principale. Si dice che l’imperatore Akbar, infatuato della bellezza di Parveen, l’avesse portata nel palazzo di Agra affinché fosse la sua cortigiana. Ma Parveen, che voleva sfuggire dalla situazione, compose un ghazal che affermava la sua impurità, inadatta a un imperatore; il componimento poetico le permise di ottenere il rilascio dalla corte di Akbar e di rientrare a Orchha.
Lungo il Kanchan Ghat sulle rive del fiume Betwa sorgono 14 chhatris, i cenotafi di altrettanti re Bundela, fusione dell’arte chandela (quella dei templi di Khajuraho) e moghul. Poco più a nord del centro, sulla direttiva Jhansi-Orchha, lo Shahid Smarak commemora il martirio del famoso combattente per la libertà Chandrashekhar Azad, che soggiornò qui intorno al 1928, nascosto dalla dominazione britannica.
Lontana dal trambusto delle grandi città e situata in un’ansa del fiume all’interno dello stato del Madhya Pradesh, la cittadina è apprezzata non solo per le bellezze architettoniche ma è frequentata da viaggiatori che sono anche alla ricerca di esperienze autentiche, e come tappa intermedia tra il Taj Mahal e i templi di Khajuraho.