La "Bella Lugano" mediorientale

Reportage – Tra portici e palme: in Israele è stata appena costruita una replica del centro della Città ticinese
/ 16.07.2018
di Jonas Marti, testo e fotografie

«Fammi vedere come è fatta la vera Lugano». Amos è al lavoro tra i calcinacci di un negozio non ancora finito, trapano in mano, un ragazzo stretto nella sua canottiera impolverata di intonaco. Sa che esiste una città come la sua da qualche parte in Europa, ma non l’ha mai vista. Quando sullo schermo del telefonino vede l’immagine di Piazza della Riforma scoppia a ridere. «Non ci credo, la vostra città è uguale alla nostra!»

L’hanno chiamata Bella. Bella Lugano. Qui a Yehud, nei sonnolenti sobborghi fuori Tel Aviv, potrebbe davvero sembrare di essere sulle rive del Ceresio se non fosse per il torrido sole mediorientale e le abbaglianti bandierine israeliane appese ai balconi. Ci sono i portici, come a Lugano. Ci sono i lampioni in stile liberty, come quelli del lungolago. Ci sono le aiuole fiorite, annaffiate senza sosta nel pomeriggio infuocato. E certo le immancabili palme. C’è la pavimentazione in regolari lastre di pietra. C’è «La Piazza», come è stato chiamato il grande spazio centrale. E poi, sotto l’ombra dei portici, ci sono le grandi vetrate, proprio come quelle dei negozi in Via Nassa. Mancano solo ancora due cose: una spennellata di rosso alle panchine di legno e la costruzione della prevista fontana molto simile a quella di Piazza Rezzonico. Poi, davvero: il miracolo della duplicazione sarà definitivamente compiuto.

Bella Lugano è l’eccentrico sogno di un sindaco sopra le righe. Chiunque per strada è in grado di svelarne la storia: dieci anni fa, prima di essere eletto, Yossi Ben David lavorava nel settore della moda e compiva molti viaggi in Italia. Un giorno, per caso, gli capitò di visitare Lugano. Mai l’avesse fatto. Galeotto fu il breve soggiorno: rimase così affascinato dall’atmosfera e dall’architettura di Lugano, che decise, una volta sindaco, di costruirne una copia a casa sua, in Israele. «Sono un grande uomo che crede in grandi cose», disse allora con umiltà in un’intervista. Tranne poi, una volta iniziati i lavori (e nel solco di una consolidata tradizione mediterranea a cui non sfugge nemmeno lo Stato ebraico) essere arrestato e condannato per aver favorito nell’appalto imprenditori a lui vicini.

Dopo un cantiere terminato due anni in ritardo, oggi Bella Lugano è quasi conclusa. Per chi vuole «vivere in Israele, ma sentirsi in Europa», come recita lo slogan, è meglio affrettarsi: la maggior parte degli appartamenti è stata già venduta, liberi ne rimangono ancora pochi. Il prezzo è quello da alto standing. Un due locali e mezzo costa un milione e mezzo di shekel israeliani, poco più di 400mila franchi. Un tre locali e mezzo arriva fino a due milioni e mezzo di shekel, 690mila franchi. 

L’ufficio immobiliare, una piccola casetta rossa proprio accanto ai palazzi porticati, è sommerso di carte. «Conosci qualche ebreo a Lugano che vuole acquistarne uno?» domanda l’agente immobiliare Benjamin, seduto su un divano di pelle color crema davanti a una gigantografia colorata del progetto. Gli dico che sono lontani i tempi gloriosi della comunità ebraica di Lugano, oggi se ne sono andati quasi tutti. Ma prometto di far girare comunque la voce.

Fuori nel cielo, a cadenze regolari, il rombo degli aerei diretti al vicinissimo aeroporto internazionale Ben Gurion. Sui balconi le tracce degli inquilini: bandierine, panni stesi e ombrelloni. Eppure, sotto i portici attorno alla «Piazza», i negozi sono quasi tutti sfitti e vuoti – un’altra somiglianza che qualche maligno potrebbe trovare con Lugano. Molti non sono nemmeno finiti e sono presidiati da sacchi di sabbia e carriole arrugginite. Le strade nel luminoso pomeriggio, col caldo vento che soffia, sono quasi deserte. E invece le promesse erano altre: boutique raffinate, alta moda, ristoranti italiani. Attirare turisti, artisti e amanti della dolce vita. Tutto in un ambiente elegante e mediterraneo. «Faremo qualcosa che non è mai stato fatto altrove in Israele. Sarà un centro turistico, un centro ricreativo, ci saranno piazze con caffè e bei negozi. Sarà un luogo pieno di vita», diceva ancora l’ex sindaco Yossi Ben David in un’altra intervista.

Invece, fino ad oggi, solo due spazi sono stati affittati. In fondo alla piazza c’è un chiosco che vende bibite, gelati e giornali. Il proprietario è seduto su un improvvisato sgabello proprio fuori dal negozio, sventola un ventaglio e si lamenta della desolazione. Dal lato opposto della piazza c’è invece una lavanderia gestita da una coppia di ebrei georgiani. Oltre la vetrina tirata a lucido, all’interno, l’aria condizionata va al massimo, come se non ci fosse un domani. «È vero, il quartiere è ancora vuoto, ma la speranza è l’ultima a morire. Aspettiamo ancora un po’ e poi vedrai, tutto andrà bene», dice il marito Daviti, parlando un poco inglese e un poco russo.

Bella Lugano ha sempre suscitato curiosità e sentimenti contrastanti nei media israeliani. Le definizioni sono molte, e colorite. «Una fantasia immobiliare post-moderna», «un progetto degno di Erode», «un’impresa mai compiuta finora in Israele», ma anche «un esempio di scarsa disciplina architettonica» e «pura speculazione edilizia». Il progetto iniziale, poi modificato con il grande sollievo di molti abitanti, non conosceva compromessi. Per fare spazio ai nuovi palazzi si sarebbe dovuta sventrare completamente la strada principale della cittadina, Hatuka Saadia, e demolire tutti i 57 piccoli negozi che si affacciano sul corso. I commercianti avrebbero dovuto abbandonare i propri spazi, e in cambio avrebbero ricevuto un indennizzo.

Da una parte c’erano i partigiani dei bulldozer: per attirare nuovi concittadini e turisti, dicevano, il rinnovamento del fatiscente centro, «simile a Gaza», era necessario. Dall’altra c’era invece chi si opponeva con forza al progetto, perché non voleva perdere la propria attività e temeva che altrove avrebbe finito per pagare di più l’affitto.

Ma non è tutto. Come spesso accade in Israele, dove il passato è una presenza costante e talvolta scomoda, era scoppiata anche una polemica legata al conflitto israelo-palestinese. In un duro articolo, il quotidiano progressista «Haaretz» aveva definito il progetto di rinnovamento urbanistico di Bella Lugano «un tentativo di cancellare il passato arabo della cittadina». Prima della nascita di Israele, Yehud si chiamava infatti Al-Yehudiya ed era un villaggio arabo. Poi, nel 1948 durante la guerra di indipendenza israeliana, gli arabi furono scacciati o fuggirono, e al loro posto arrivarono ebrei, soprattutto dalla Polonia e dalla Turchia. Oggi del passato palestinese, proprio accanto ai palazzi di Bella Lugano, rimane solo una moschea diroccata.

Intanto Amos è ancora nel negozio a trafficare con trapano e cacciavite. Manca poco per finire i lavori, solo il rivestimento del pavimento. Poi qui aprirà un negozio di frutta e verdura. Sotto i portici si crea un capannello di curiosi. «Sei venuto apposta per vedere Bella Lugano? Direttamente dall’Italia?» No, fermi tutti: Lugano è in Svizzera. Cala un silenzio di incredulità e stupore, c’è chi scuote la testa, e chi invece se la gratta con sguardo scettico. «In Svizzera? Davvero Lugano non è in Italia?»