Nel 1345 i Mongoli assediavano la città genovese di Caffa, in Crimea, sulle coste del Mar Nero. L’assedio però andava per le lunghe e presto la peste cominciò a diffondersi tra le fila degli assalitori. Fu allora che il Khan Ganī Bek ordinò di tirare con una catapulta i cadaveri infetti dei suoi soldati all’interno delle mura. Dopo poche settimane, i Mongoli dovettero comunque ritirarsi, decimati dal morbo, ma si crede che la terribile Peste nera del Trecento, la peste del Boccaccio, sia giunta in Europa proprio sulle navi genovesi di ritorno da Caffa.
Ancora in età moderna, al tempo del Grand Tour d’Italia, quando la migliore gioventù d’Europa completava la sua educazione a Venezia, Firenze e Roma, alle prime voci d’epidemia la sorveglianza era massima nei porti, porte di accesso al Paese, con tutta una serie di controlli non troppo diversi da quelli oggi applicati negli aero-porti, i nuovi porti del mondo globale.
Tutti i viaggiatori erano terrorizzati dalla prospettiva della quarantena. Ogni città aveva un suo lazzaretto, dove i viaggiatori venivano rinchiusi appunto per quaranta giorni per controllare l’eventuale insorgere della malattia. Il primo, modello per tutti quelli che seguiranno, fu creato a Venezia nel 1423. Il Senato della Repubblica, accogliendo una proposta di San Bernardino da Siena, ordinò di destinare una piccola isola della Laguna veneta, vicino alla costa occidentale del Lido, al ricovero di persone e merci provenienti da paesi infetti e di garantire ai ricoverati vitto, medicine e assistenza. Nacque così il Lazzaretto Vecchio: il nome potrebbe derivare da una chiesa di Santa Maria di Nazareth che sorgeva sull’isola, con sovrapposizione del nome del patrono degli appestati, San Lazzaro. Oggi, dopo un lungo abbandono, si lavora al recupero dell’isola (per una visita info(at)lazzarettiveneziani.it) e dagli scavi sono già venute alla luce fosse singole e comuni con oltre millecinquecento scheletri.
Se nei tempi normali bastava mostrare dei bollettini di sanità, per provare di essere in buona salute, nei periodi di epidemia niente poteva evitare al malcapitato un soggiorno coatto nel lazzaretto. I viaggiatori facevano di tutto per sfuggire a questi luoghi dove erano costretti all’ozio forzato in piccole stanze sorvegliate da guardie armate di randello, a fastidiose disinfestazioni ed esposti al rischio di contrarre davvero la malattia.
Quando nel 1743 Jean-Jacques Rousseau sbarca a Genova, è immediatamente posto in quarantena perché proviene da Messina, infestata dalla peste. Il lazzaretto dove viene rinchiuso è ossessivamente bianco, privo di infissi alle finestre, tavoli, letti, seggiole, tutto.
Molte di quelle esperienze tornano nel nostro tempo, come se le epidemie attivassero meccanismi psicologici profondi e ricorrenti. Del resto, la peste raccontata da Tucidide (Atene, 430 a.C.) non è poi troppo diversa da quella di Boccaccio (1348) o di Manzoni (1630).
Quell’antica avversione nei confronti dello straniero, sopita nei tempi tranquilli ma sempre pronta a risvegliarsi, è facilmente percepita da chiunque viaggi in queste settimane. Nel mondo globale però tutto avviene più rapidamente; mentre in passato la diffusione del contagio, attraverso i più lenti mezzi di trasporto, poteva richiedere anni, oggi la previsione si avvera nello spazio di settimane e mesi. Per questo è necessario restare immobili, battere il passo, segnare il tempo, non diventare complici del virus aiutandolo a raggiungere nuovi ospiti. E per questo la crisi del turismo è stata la prima e la peggiore tra tutte le attività produttive, moltiplicando le disdette.
Nonostante sia una delle principali attività economiche su scala mondiale (indicativamente un decimo del prodotto lordo mondiale e dell’occupazione), il turismo è per sua natura fragile, esposto a tutti gli imprevisti. Gli aerei vuoti affondano i bilanci delle compagnie: il settore potrebbe perdere oltre cento miliardi di franchi nel 2020 e nel Regno Unito è già fallita Flybe, un’importante compagnia aerea regionale. Anche le gigantesche navi da crociera bloccate nei porti in quarantena dopo la scoperta di qualche caso a bordo sono diventate il simbolo di questo momento di paralisi e impotenza, a cominciare dal caso della Diamond Princess. E le prospettive sono pessime perché gli anziani sono al tempo stesso i migliori clienti delle crociere e i più colpiti dal virus.
Non disperiamo. Dopo tutto non è la prima crisi e il turismo è tanto fragile quanto elastico. Solo negli ultimi vent’anni, è ripartito con forza dopo l’attacco alle Torri gemelle (2001), la SARS (2003), la recessione globale (2009), l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull (2010). E nonostante questi drammatici momenti d’arresto, tutte le previsioni di lungo periodo sono poi state confermate.
E per chi vorrebbe comunque viaggiare? Certo ci sono mete anche famose dove il virus non è (ancora) arrivato, ma mandarci persone potenzialmente infette non pare una grande idea… Le epidemie, per loro natura, trovano in città il terreno perfetto per diffondersi; per questo in alternativa si possono riscoprire forme di turismo in luoghi poco frequentati. Come sostiene Alex Wilson, direttore di Host Unusual, «Le nuove parole d’ordine sono isolamento ed esclusione, lontano dalla folla».
Ma in fondo stare a casa per un lungo periodo è una circostanza straordinaria nelle nostre vite al pari di una vacanza (forse ancora di più). Partendo da questa premessa gli inglesi hanno rispolverato una loro vecchia passione, la Staycation, combinazione di Stay (stare a casa) + Vacation (vacanza). Ovvero – per chi può permetterselo ovviamente – restare a casa come se si fosse in vacanza, con le stesse regole: non andare al lavoro e non sentire i colleghi per nessuna ragione, staccare lo smartphone, non controllare la posta elettronica, non guardare la televisione, dormire in tenda nel proprio giardino, mettere in scena una rappresentazione teatrale coi familiari, compilare l’albero genealogico della propria famiglia ecc. Il turismo nel proprio Paese, a tiro di casa e delle strutture sanitarie, è una naturale estensione della Staycation. In Inghilterra, terra di grandi viaggiatori internazionali, agriturismi, camping e cottage sono già quasi esauriti per la prossima estate. Affrettarsi a prenotare nel nostro Paese potrebbe essere una scelta intelligente. Nel frattempo, qui in Ticino la primavera bussa alle porte, perché allora non sperimentare qualche cammino lungo i sentieri dei boschi? Le nostre splendide valli sono dietro l’angolo…
Il turismo al tempo del Coronavirus
Viaggiatori d’Occidente - Scegliere lunghe passeggiate nei boschi e su per le valli potrebbe essere una soluzione contro l’isolamento forzato
/ 16.03.2020
di Claudio Visentin
di Claudio Visentin