Csf (Come si fa)

(David Masters)

 

Oggi vediamo come si fanno dei burri aromatizzati.

Burro acido
Questo burro, la cui acidità deriva dalla riduzione di vino e aceto, è perfetto per la mantecata dei risotti; l’aggiunta del componente freddo consente uno shock termico che renderà il risotto ancor più cremoso e armonioso nei sapori.
Mondate 2 cipolle o altrettanti (in peso) scalogni e affettateli. In una casseruola con il fondo spesso versate le cipolle, 250 ml di vino bianco, 110 ml di aceto di vino bianco e, a fuoco moderato, portate al bollore in modo da dealcolizzare il vino e perdere la nota amara che lascerebbe in cottura. Al bollore, abbassate il fuoco e fate ridurre fino a che le cipolle non siano trasparenti e abbiano assorbito il liquido. Fuori dal fuoco aggiungete 250 g di burro tagliato grossolanamente e lavorando con una paletta fatelo fondere e incorporare al composto caldo. Filtrate con un colino a maglie strette e mettetelo in un contenitore da alimenti grassi; generalmente lo sistemo in vaschette per i cubetti di ghiaccio in modo da poterlo conservare in freezer fino al suo utilizzo, però lasciate i cubetti fuori dal freezer per una mezz’ora quando li userete.

Burro all’aglio, per usi svariati
Pestate 50 g di spicchi d’aglio (ma anche di più, dipende dai gusti...) dopo averli sbucciati e aver eliminato l’anima verdina. Incorporateli in 100 g di burro, ammorbidito a temperatura ambiente e lavorato a crema con un cucchiaio di legno, prima schiacciandolo, poi mescolando in senso circolare – liberi di farlo in senso orario o antiorario. Alla fine passate al setaccio. 

Burro d’acciughe
Idem come sopra, pestando 50 g di acciughe dissalate e lavate, non sott’olio. 

Burro ai gamberetti
Pestate con foga estrema 100 g di teste e gusci di gamberetti e incorporatevi altrettanto burro, con la stessa procedura del burro d’aglio; passate al setaccio. Va anche bene utilizzare piccoli gamberetti, quelli così piccoli che non sai proprio cosa fartene. 


Il «tè» rosso africano

Il nome corretto in afrikaans è rooibos ed è una tisana (non un tè) dalle mille risorse
/ 26.02.2018
di Allan Bay

Molti grandi cuochi dicono che l’acqua sia perfetta per accompagnare un pasto, anche importante, mentre il vino così come la birra sarebbero invece troppo intrusivi. C’è del vero in questo, senza dubbio: un menù degustazione fatto di tanti piatti piccoli accomunati dal fatto di essere comunque delicati non deve essere turbato da sapori intrusivi. Io, però, penso esista una soluzione non alcolica migliore dell’acqua, ovvero quella di portare in tavola tisane fredde.

Che cosa sono le tisane? In breve sono bevande a base di erbe fresche o essiccate, opportunamente sminuzzate e mescolate ad acqua calda. In base al tipo di preparazione, la tisana si definisce infuso quando alle erbe si unisce acqua molto calda e si lascia riposare il composto per 10 o più minuti prima di filtrarlo, mentre si definisce decotto quando invece il composto di acqua ed erbe viene portato a ebollizione, lasciato sobbollire per qualche minuto e mantenuto poi in infusione a fiamma spenta per altri 5’ e più prima di essere filtrato. Sono tisane anche i macerati, preparati unendo le erbe ad acqua fredda e lasciando macerare gli ingredienti.

Da consumare sia fredde sia calde, secondo le preferenze individuali, le tisane possono essere preparate con semi, parti erbacee, fiori, foglie, radici; le più diffuse sono a base di camomilla, tiglio, eucalipto, liquirizia, angelica, bergamotto e malva.

Bene, io penso che le tisane «giuste» siano un grande accompagnamento di un pasto, di un qualsiasi pasto. Hanno un’immagine «vecchio stile», lo so, le vediamo adatte a chiudere un pasto come in molti facciamo mentre pochi le utilizzano lungo il pasto. Io sono uno di quei pochi...

Di tutte le tisane fredde esistenti quella che amo di più (e che ho sempre in frigorifero, peraltro, e che accompagna tutti i miei pranzi) è la tisana di rooibos. È fatta con una fabacea che viene dal Sudafrica e più esattamente dalla regione del Cederberg, nelle montagne a circa 200 km a nord di Città del Capo. Il nome è afrikaans, lingua degli ex coloni di origine olandese che a lungo hanno dominato questa vasto paese: viene chiamato anche red bush o tè rosso: attenzione, questo ingenera confusione, perché in verità, come detto, non viene prodotto con una camelia sinensis, che è il nome scientifico del tè.

Non è ovviamente una scoperta recente, i locali lo usano da centinaia di anni: mentre i foresti, i bianchi sudafricani, l’hanno di fatto scoperto a inizio del XX° secolo. Si è diffuso abbastanza (ma sia chiaro, è un prodotto molto di nicchia) in Europa e Nord America da pochi anni.

Come fare questa tisana? Facile: mettete in infusione da 2 a 4 g di rooibos in una bottiglia di acqua minerale, lasciate riposare in frigo per 24 ore, poi filtrate. Tutto qui.

Quali i grandi vantaggi del rooibos? Il primo, non ha teina o caffeina, quindi se ne possono bere litri senza problema, soprattutto la sera.

Il secondo è che è ricco di sostanze antiossidanti, vitamine e minerali: d’accordo, nel nostro caso non è una cosa essenziale, ma comunque non guasta.

Il terzo, pochi lo dicono ma è fondamentale, ha un colore rosso brillante bellissimo: e si sa che si mangia e si beve anche (qualcuno dice soprattutto) con gli occhi.

Ma ancor di più: è buono, qualunque cosa voglia dire. Ha un sapore naturale leggermente dolce, ma proprio poco, con un retrogusto di nocciola, che piace proprio a tutti. Però non è mai intrusivo.

Quindi è un prodotto perfetto da pasto, se vogliamo fare a meno dell’acqua minerale...