Csf (Come si fa)

Ci sono termini che ingenerano confusione. Ecco un esempio.

Uccelli scappati o osei scampai
Non sono volatili ma involtini di carne di vitello o maiale tipici della cucina lombarda, emiliana e veneta. Farciti con pancetta o speck e cipolla, vengono infilzati su lunghi stecchi a mo’ di spiedini, inframmezzati da foglie di salvia, pezzetti di lardo o pancetta, e rosolati; si possono preparare anche con cubetti di fegato, rognone o salsiccia. L’icastico nome risale al passato, quando li si cucinava per rimediare a una caccia sfortunata, che non avesse permesso di mettere volatili nel carniere. 

Quanto al consumo di uccellini o uccelletti che dir si voglia: i più apprezzati sono allodole, ortolani, beccafichi e tordi. Si tratta di specie oggi per lo più protette, perciò in vendita si trovano animali di importazione, spesso già avvolti in lardo o pancetta e aromatizzati con salvia o rosmarino. Vengono normalmente cotti in salmì o allo spiedo. 

Altro è il termine: all’uccelletto
È un metodo di cottura dei fagioli tipico della tradizione toscana. Il nome sembrerebbe derivare da un’analoga ricetta per la preparazione degli uccelletti, tanto cari all’antica gastronomia toscana. Ma che oggi non si utilizza più. 

La ricetta originale consiglia di utilizzare i cannellini. Io amo una variante del tutto non ortodossa. Vediamo come si fa. 

I miei fagioli all’uccelletto
Ingredienti per 4 persone. Mettete a bagno 200 g di fagioli cannellini secchi per 12 ore. Tagliate a striscioline 1 manciata di cotenne. Scolateli e lessateli per 2 ore, unendo 1 manciata di cotenne tagliate a julienne e 2 foglie di alloro. In una casseruola scaldate 1 filo di olio con 2 spicchi di aglio mondati e leggermente schiacciati, 10 cm di salsiccia spellata e tritata e 4 foglie di salvia, quindi rosolate per circa cinque minuti. Aggiungete i fagioli scolati e 250 g di spinaci lessati e tritati. Cuocete per 5 minuti, bagnando con poca acqua bollente se necessario. Regolate di sale e di peperoncino.


Il pesce che va salvato? L’acciuga

Tra le tante ricette che si possono preparare, qui si dà quella dell’acciugata
/ 03.12.2018
di Allan Bay

Qualche tempo fa, in viaggio con amici ghiottoni quanto me per andare in un ottimo ristorante a pranzo, è nata una (piccola) discussione su un tema: qual è il pesce (o crostaceo o mollusco) che, se per disgrazia, sparisse, ci lascerebbe più orfani. Classica discussione di quando non hai nulla di importante da fare… Alla fine abbiamo trovato un accordo: l’acciuga. Perché sarebbe, sì, triste fare a meno di astici o black cod (carbonaro dell’Alaska) ma di certo sarebbe più triste non trovare più le umili, onnipresenti, magiche ac- ciughe.

Il nome scientifico è Engraulis Encrasicolus: acciuga è il termine corretto, in alcune parti d’Italia si usa alice, ma è sempre lo stesso pesce. Appartiene alla categoria del pesce azzurro, del quale è la specie più piccola: può misurare al massimo fino a venti centimetri; si distingue dagli altri pesci azzurri per la conformazione della mascella inferiore, più corta di quella superiore. Sono onnipresenti in tutti i mari del mondo, quindi disponibili tutto l’anno. 

Le acciughe dei mari caldi, in linea di massima, sono più grasse di quelle dei mari freddi, il che si traduce in più deperibili, perciò si usano per farne conserve. 

Le ricette con le acciughe fresche sono tantissime: è ottima cruda, dopo averla marinata nell’aceto o nel succo di limone; infarinata e fritta; a tortino, con pangrattato, prezzemolo, aglio e pomodoro; farcita e cotta in tegame o in forno. Oltre che fresca, si acquista conservata sott’olio o sotto sale. Praticissima anche la pasta di acciughe, in vendita in pratici tubetti, da usare per insaporire salse e condimenti.

Se fresche, vanno mondate. Per mondarle, squamatele (meglio comprare un attrezzo apposito, si trova facilmente e costa poco), privatele della testa tirandola delicatamente con le dita in modo da sfilare anche le interiora, che sono attaccate alla testa, e gettatele: teoricamente si potrebbero utilizzare, ma a livello casalingo è quasi impossibile. Apritele lungo il ventre lasciando intatto il dorso (è l’apertura cosiddetta «a libro») e rimuovete la lisca; sciacquatele rapidamente e asciugatele molto bene. 

Le acciughe sott’olio vanno solo ben scolate, meglio se tamponandole con carta da cucina: poi gettate l’olio di conserva – io non amo farlo ma non ne ho mai trovato un utilizzo acconcio. Quanto alle acciughe sotto sale, per dissalarle è bene evitare di passarle nell’acqua, si infradicerebbero troppo. Meglio raschiarle con un coltello, utilizzando la parte opposta alla lama, con un po’ di pazienza e aiutandosi con uno strofinaccio o con carta da cucina. 

Delle innumerevoli ricette a base di acciughe, qui ne rammento solo una: l’acciugata, una salsa amatissima. In verità la ricetta ve l’avevo data già dieci anni fa, ma siccome è passato tanto tempo…

Gli ingredienti sono per 4/6 persone. Dissalate 10 acciughe sotto sale. In una casseruola scaldate 4 cucchiai di olio, unite le acciughe e fatele sciogliere schiacciandole con un cucchiaio di legno fino a ottenere una pasta omogenea. Tutto qui. Lo so, molti usano la pasta d’acciughe, ben più comoda, ma se si fa in casa è tutt’altra cosa. Utilizzate la salsa per condire pesce lesso, patate bollite o uova sode o tantissimo altro; provate. 

Potete prepararla aggiungendo anche 1 cucchiaino di capperi dissalati interi se piccoli, o tritati, 1 cucchiaio, meno ortodosso ma si può fare, di olive nere tritate o 1 cucchiaio di salsa di pomodoro o 1 punta di concentrato di pomodoro stemperata in poca acqua.