Sotto la superficie del lago e le evanescenze della nebbia, che scompare soltanto in tarda mattinata nei mesi più freddi, a Bodio Lomnago, in provincia di Varese, ci sono i resti delle palafitte di cinquemila anni or sono. In questo spazio di acqua, eredità del ghiacciaio del Verbano, c’era il più antico insediamento dell’arco alpino: sul fondo sono stati ritrovati numerosi reperti che ci raccontano la storia dei nostri antenati. Sopra i pali conficcati nel terreno acquitrinoso, gli abitanti di allora posizionarono assi di legno, a strati, e costruirono le abitazioni in modo da isolarle dall’umidità e proteggersi dagli animali.
C’erano cinghiali, grossi cervi, volpi, uccelli. Donne e uomini dell’età del bronzo crearono un atelier di scheggiatura della selce, roccia per la caccia e per il taglio dei cereali. Il cibo era conservato in vasi di spessa ceramica, mentre contenitori più fini servivano per cucinare e per servire le pietanze. Per arare il terreno erano impiegate mucche, usate anche per la carne e forse per il latte. Inoltre sono stati ritrovati frammenti che testimoniano la presenza di pecore e di cani.
Ci vuole una certa immaginazione per pensare a come doveva essere la vita in quel lontano passato, così distante dalle comodità di oggi. Ad aiutare i visitatori nel viaggio nel tempo per adesso ci sono le boe rosse che delimitano le zone dove sono rimasti i pali dell’epoca. L’area è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco di recente e per valorizzarla c’è in programma la realizzazione di una passerella galleggiante. L’idea di una «camminata sull’acqua» è venuta a un giovane ingegnere, Alessio Caiafa, che ha scritto una tesi di laurea con la supervisione di Riccardo Aceti, docente di Tecnica delle costruzioni al Politecnico di Milano.
Si tratta di un progetto paesaggisticamente sostenibile: il percorso in legno sarà ideato per essere ancorato al fondo in maniera non invasiva e per essere collegato con la terraferma. Dopo Floating Piers (l’installazione temporanea dell’artista Christo sul lago di Iseo nel 2017) e dopo il piano della passerella di tre chilometri tra Ascona e le Isole di Brissago, sul lago Maggiore, che verrà realizzata con materiale riciclato e resterà attiva per cinque anni, sicuramente l’idea di un’opera galleggiante alletta le istituzioni locali.
Nonostante i costi per la realizzazione siano abbastanza contenuti (dalle prime stime), Eleonora Paolelli, sindaca di Bodio Lomnago, ci ha spiegato che lo scoglio più grande da superare è l’ottenimento dei fondi, che per un Comune così piccolo non sono mai facili da trovare. La volontà è comunque di riuscire a valorizzare al meglio il patrimonio archeologico. In attesa che la burocrazia faccia il suo corso, per osservare i resti delle palafitte si può prendere il battello che parte dal paese di Biandronno, a sette chilometri di distanza, e passa vicino all’area. Oppure, per un’escursione più mirata, si può chiedere un passaggio a un pescatore di Cazzago Brabbia, a due chilometri da Bodio Lomnago. Neguz è il soprannome dell’ottantenne che trascorre le mattinate sotto una tettoia, vicino al pontile, a sfilettare il pesce del lago per venderlo. È meglio andare presto, per riuscire a salire sull’imbarcazione quando fa il suo giro quotidiano.
Un altro modo per entrare in contatto con la storia del luogo è visitare l’isolino Virginia, dal quale si vedono le boe che delimitano un’altra zona di ritrovamenti. Considerato tra i punti più panoramici della Lombardia, ha mantenuto il fascino incontaminato e ha un piccolo museo archeologico dove vengono organizzati laboratori didattici e per le famiglie. Sono quasi mille gli insediamenti di palafitte scoperti lungo tutto l’arco alpino, dalla Francia alla Slovenia. Nell’area di Varese sono stati individuati una ventina di villaggi. I primi a scoprirli furono, nel 1863, il geologo e abate italiano Antonio Stoppani, l’archeologo francese De Mortillet e il naturalista tedesco Edouard Desor (vissuto in Svizzera).
Dopo alcune raccolte occasionali degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, trent’anni fa è iniziata una vera e propria indagine, con interventi di archeologia subacquea. Per perlustrare i siti sono stati chiamati studiosi specializzati in esplorazione nei laghi, dove non è semplice operare dato che l’acqua non è sempre limpida e a volte nemmeno balneabile. Le parti superstiti dei pali sono state ritrovate ben conservate, anche per merito del materiale impiegato, il legno di ontano e di altri alberi adatti alla permanenza in ambiente sommerso.
Questo ha permesso di sottoporli a esami specifici come la dendrocronologia, che indica in quale anno e addirittura in quale stagione sia stato abbattuto l’albero. La storia è ricostruita nei pannelli descrittivi disseminati sul Lungolago Unesco vicino alle sponde di Bodio Lomnago, dal quale passa la pista ciclabile di trentatré chilometri che costeggia tutto il lago, un incentivo in più per gli amanti della natura che vogliano trascorrere una giornata tra scorci suggestivi e silenzio.Per una conoscenza più dettagliata dei reperti, sul sito internet del Comune si possono trovare materiali informativi: ci sono un video con interviste a scienziati che hanno operato nella zona e una scheda tecnica con i dettagli storici e geografici. Un’altra possibilità è quella di visitare il Museo civico archeologico di Varese.
Informazioni:
http://www.comune.bodio-lomnago.va.it/index.php/turismo/sito-unesco