Il magico filtro Andaluso

Il vino nella storia - Si dice che per produrre lo Sherry venissero impiegate un tempo più di cento varietà di uve
/ 12.02.2018
di Davide Comoli

Furono i Fenici nel 1100 a.C. a fondare la città di Gadir (l’attuale Cadice). La città fu ben presto abbandonata a causa del Levante, il terribile vento caldo che si dice faccia impazzire gli uomini, e fondarono una città più all’interno, Xera (qualcuno afferma sia l’attuale Jerez).

Se non furono i Fenici, popolo di commercianti e navigatori, furono certamente i Greci che diffusero nel Mediterraneo il loro epsema, antenato e precursore degli attuali arropes e vinos de color che aggiungono sostanza, colore e dolcezza al moderno Sherry dolce.

Nel Medioevo, i Mori introdussero in Spagna l’alambicco, una specie di bollitore con cui gli abitanti della regione trasformavano il vino in eccesso in uno spirito distillato, il quale veniva aggiunto insieme all’arrope e al vino de color, anche al vino prodotto durante l’anno per mantenerlo più a lungo, visto che il caldo e i trasporti per mare lo rendevano imbevibile dopo un po’ di tempo.

Furono dunque gli abitanti del-l’Andalusia i primi a creare con questa rozza versione di Sherry i primi vini che oggi noi definiamo vini liquorosi, nati dall’esigenza di conservarli nei lunghi viaggi per mare, e sicuramente interpreti di una specifica appartenenza territoriale.

La fama di questi vini si diffuse grazie soprattutto ai mercanti inglesi che, alla fine del XIII inizio XIV secolo, commerciavano in vini andalusi nelle Fiandre e in Inghilterra. All’inizio del 1500, il commercio dei vini dell’Andalusia era in mano agli inglesi e olandesi. Quando più tardi gli inglesi si stabilirono definitivamente a Cadice, il vino chiamato Sack dai figli di Albione conobbe il suo momento di splendore.

Da dove deriva il nome Sherry non si sa con precisione, ma di sicuro si sa che quando i Mori conquistarono il sito fenicio di Xera, la ribattezzarono con il nome di Scherish: forse è da qui che i commercianti di allora trassero il nome Sherry.

Dopo lo scisma anglicano di Enrico VIII, gli inglesi in territorio spagnolo erano visti come il fumo negli occhi e gli atti di pirateria tra le due nazioni erano molto frequenti. Fu forse questa una delle cause che portò Francis Drake a dare fuoco alla flotta spagnola nel Golfo di Cadice nel 1587. Drake inoltre portò via con le sue navi ben 2900 botti di Sherry, cioè l’equivalente di circa 1500 casse da 6 bottiglie di vino, una bella «esportazione» per quel periodo! Si racconta che in quel lontano inverno del 1587, non ci fosse taverna dove non si vendesse il vino di Cadice.

Per l’élite britannica che durante la guerra tra Spagna e Inghilterra non aveva più potuto approvvigionarsi con i vini Andalusi, lo Sherry rimane da allora un vino molto apprezzato nei Paesi Anglosassoni.

Tra i fattori per la produzione di questo vino, si deve mettere al primo posto un terreno speciale: «l’albariza», così chiamato perché forma una superficie bianca e brillante, è costituito da una soffice marna di origine organica, formata da alghe sedimentate nel periodo Triassico.

La viticoltura trova in Andalusia una regione arida e un caldo cocente; in un anno ci sono in media 70 giorni di pioggia. L’albariza assorbe l’acqua come una spugna e nel momento in cui torna la siccità, si trasforma in guscio duro che blocca l’evaporazione. L’albariza fornisce una sufficiente umidità alle viti, favorisce la maturazione dell’uva con un livello di acidità più alto rispetto a quello che sarebbe normale in un clima così caldo. L’acidità a sua volta protegge il vino da un’ossidazione indesiderata, prima della sua fortificazione.

Anche l’alternanza dei venti che arrivano da levante e da ponente favorisce la maturazione delle uve, creando un equilibrio tra zuccheri e acidi con il vento secco e caldo del Mediterraneo, mentre quello umido e fresco che proviene dall’Oceano favorisce la crescita di alcuni saccaromiceti nella microflora dell’uva, quello che poeticamente viene chiamato velo flor. Il flor appare come una pellicola bianco-grigia che galleggia sulla superficie del vino e si forma per azione della microflora presente nell’uva Palomino. Il flor assorbe eventuali zuccheri residui, diminuisce il glicerolo e gli acidi volatili, aumentando le aldeidi e gli esteri.

Si dice che nei secoli scorsi per produrre lo Sherry venissero impiegate più di cento varietà di uve, su un vecchio testo del 1868 D. Parada y Barreto ne elencava 42. Oggi le varietà impiegate sono solo tre: Palomino, Pedro Ximénez e Muscatel Fino, ma la classica uva per lo Sherry è il Palomino, perché è proprio sulle bucce dei suoi acini che si trovano i lieviti che svilupperanno il flor.

I vini saranno assaggiati da un esperto cantiniere che deciderà come utilizzarli nelle diverse tipologie. Ogni botte è marchiata con dei segni che corrispondono al vino che dovrà diventare: Fino Amontillado, Mananilla 15% in alcol etilico, Oloroso fortificato al 17,5%, il Palo Cordado che porta sulla botte il segno di una chimera, o il Pedro Ximénez prodotto solo con uve omonime. Una volta che è stato definito il tipo di Sherry, i vini vengono sottoposti a un sistema di assemblaggio frazionato chiamato solera che visivamente si presenta come una piramide di botti, poste una sopra l’altra. Questo sistema entrò in uso solo nella seconda metà del XIX secolo per volere degli importatori inglesi che desideravano un sapore costante nei vini.

Dal 1. gennaio 1996 lo Sherry ha riottenuto l’uso esclusivo del proprio nome in Europa: per anni aveva sofferto l’abuso di produttori dei così detti «sherry» di altri paesi.

Il successo di questo «vino fortificato» è dovuto alle condizioni ideali locate nel triangolo tra Sanlùcar de Barrameda, Puerto Santa Maria e Jerez de la Frontera, tra i fiumi Guadalete e Guadalquivir.