Csf (Come si fa)

Oggi, vediamo come si fanno due straclassici piatti dei Paesi Bassi.

Il primo piatto è l’Hutspot (nella foto). È un piatto che tradizionalmente si prepara il 3 ottobre per ricordare il giorno in cui Leida fu liberata dal dominio spagnolo nel 1574. La città era sotto assedio e la popolazione stremata e affamata. Scacciato il nemico questi lasciò una quantità di cipolle, patate, carote oltre a qualche barilotto di aringhe salate. La gente, affamatissima, si arrangiò un pasto con questi ingredienti e la ricetta, col tempo è diventata piatto nazionale, che si può fare sia con le aringhe sia con la carne. 

Gli ingredienti sono per 4 persone. Pelate 600 g di patate e dividetele a metà. Tagliate a bastoncini 300 g di carote. Mondate e tagliate 300 g di cipolle a pezzi. Mettete le verdure in una casseruola, mettete sopra 600 g di muscolo di manzo e coprite a filo d’acqua. Chiudete con il coperchio e dimenticatevi il tegame su fuoco bassissimo – deve sobbollire per almeno 4 ore. A fine cottura regolate di sale. Togliete la carne e mettetela da parte; scolate le verdure. Frullate le verdure fino a ottenere un purè arancione, mantecatelo con 40 g di burro. Servite il purè con la carne. La stessa preparazione si può fare con aringhe dissalate.

Il secondo piatto è il Kip en bier (pollo alla birra). Per 4 persone. Mondate 12 funghi champignon e tagliateli a fettine. Tritate finemente 6 scalogni e 2 spicchi di aglio. In un’ampia casseruola scaldate 1 filo di olio con 1 noce di burro, unite 1,2 kg di pollo tagliato a pezzi e fateli rosolare per 5’. Aggiungete scalogni, aglio, funghi, 1 pizzico di zucchero, 4 carote spezzettate, timo e 2 foglie di alloro. Sciogliete 2 cucchiai di farina in un bicchiere di acqua e versatela. Versate 1 bottiglietta di birra chiara ma corposa e fate cuocere, coperto, a fuoco medio, per 40’ mescolando di tanto in tanto. Scoperchiate la padella e lasciate cuocere per altri 10’ in modo da ridurre la salsa di circa 1 terzo. Regolate di sale e di pepe e servite con prezzemolo tritato.


Il frutto della vite

Gastronomia - Può essere bianca, rosata, rossa, nera e grigiastra, ma resta uva
/ 20.05.2019
di Allan Bay

Oggi parliamo di un frutto, che più mitico non si può: l’uva.

È il frutto della vite, composto da acini riuniti in grappoli. Dotata di una polpa succosa, giallina, zuccherina e lievemente acidula, presenta una buccia giallastra o rossiccia. Per quanto concerne il colore, la nomenclatura segue criteri pratici, distinguendo le uve in bianche, rosate, rosse, nere e grigiastre. 

Il periodo della raccolta, in Europa, cade nei mesi di settembre e ottobre, anche se oggi l’impiego di teloni e l’import da tutto il mondo, soprattutto dall’America Latina, l’ha resa disponibile tutto l’anno. 

Secondo la disciplina ampelografica – che studia, identifica e classifica i vitigni – le uve si possono distinguere, in funzione dell’impiego, in uve da vino, da tavola, a duplice attitudine (da vino e da tavola) e da essiccare. 

L’uva da tavola ha in genere buccia sottile, polpa dolce e compatta e semi piccoli; questo tipo d’uva può contare su un buon numero di varietà qualificate, tra cui: la Regina, provvista di acino grosso e carnoso, di colore dorato, e di polpa dolce, che matura durante la prima metà di agosto; la Pizzutello, bianca o nera e caratterizzata dal chicco allungato, con polpa dolce e croccante; lo Zibibbo, con acino grosso, giallo-verde o ambrato, e gusto dolce e intenso; la Malaga, con acino grande e ovale, colore nero quasi violaceo e polpa soda, dolce e succosa; la Concord, meglio conosciuta come «uva americana», derivante dall’uva selvatica; infine, due varietà cilene: la rossa Crimson, di gusto agrodolce, e la deliziosa Red Globe, con acini rosso chiaro e scuro. Esistono infine uve senza semi, di grande successo commerciale.

Per essere buona, l’uva deve raggiungere il giusto grado di maturazione, accertabile dal colore che risulterà, a seconda dei tipi, giallo carico o rosso scuro. Importante è anche la freschezza, valutabile dalla patina chiara che riveste l’acino (detta pruina) e dalla buona aderenza del chicco al grappolo. Da trattare con delicatezza, conservandola al fresco senza schiacciarla, l’uva deve essere lavata solo al momento dell’uso. 

Generalmente gustata al naturale, può essere anche un ingrediente per la preparazione di macedonie; inoltre, viene spesso usata, alternando acini dai colori diversi, come elemento decorativo in molte preparazioni, dalle crostate alla piccola pasticceria (senza dimenticare una tradizionale focaccia rustica toscana, tipica del periodo autunnale, cosparsa e guarnita appunto d’uva). Il frutto viene anche conservato sotto alcol, per essere poi direttamente gustato o destinato a preparazioni. 

Non è comunque insolito l’accostamento con i piatti salati. Maiale, selvaggina da penna, fegato e pesce arrosto sono le associazioni più frequenti: l’uva viene poi anche spesso cotta insieme alle quaglie; si rivela inoltre gustosa accompagnata da un formaggio mediamente stagionato e saporito. 

Dai suoi semi, detti vinaccioli, si ricava un olio alimentare pregiato: è perfetto per le fritture, ma ha l’unico handicap di avere un costo elevato. 

Detta «latte vegetale» per il suo valore nutrizionale, contiene zuccheri ben assimilabili dall’organismo; tonico muscolare, agisce sul sistema nervoso e si comporta come un vero e proprio depurativo naturale: non a caso molti, in autunno, decidono di disintossicarsi seguendo la cosiddetta «cura dell’uva», che consiste nel consumare unicamente acini per un paio di giorni.