I vini di Albione

Bacco giramondo - In Inghilterra erano prodotti ben prima dell’arrivo dei romani – Oggi sono molto diffusi gli spumanti
/ 14.08.2017
di Davide Comoli

Con certezza, grazie a ritrovamenti a Wollaston (Wellingborough, Regno Unito), nella valle di Nene, i vitigni di vitis vinifera erano già presenti nelle isole britanniche prima dell’arrivo delle legioni romane. La conferma di questa affermazione ci è fornita dal rinvenimento di anfore datate precedentemente alla conquista da parte di Roma. Tutto ciò è reso possibile dal fatto che le tribù migratorie delle popolazioni Belgae, di origine celto-germanica, che stanziavano sul territorio, erano ben note per il consumo di vino e soprattutto di birra.

Stranamente le numerose invasioni sassoni e normanne susseguitesi nei secoli, non ebbero nessun effetto negativo sulla viticoltura inglese. Alla fine del primo millennio la coltivazione della vite era gestita dagli ordini monacali, per la maggior parte francesi. Quando nel 1152 Eleonora d’Aquitania (la madre di Riccardo Cuor di Leone) sposando Enrico II divenne regina d’Inghilterra, tutta l’area a sud di Bordeaux fino al confine con la Spagna, divenne dominio inglese.

In quel tempo il bere vino era uno status symbol, e molti proprietari terrieri inglesi cercarono di portare sull’isola per essere impiantati i vitigni francesi, con alterni risultati. Un brutto colpo alla viticoltura inglese arrivò nel 1348, quando l’epidemia di peste (la Morte Nera) falcidiò la parte più povera del paese e in seguito alla perdita della forza lavoro, molti vigneti non poterono più essere curati regolarmente e iniziarono quindi a declinare. 

Ma il disastro più grande per la viticoltura di questo Paese, a parte alcune piccole eccezioni, lo si ebbe quando il controverso divorzio di Enrico VIII (1538) portò alla rottura tra la Chiesa Anglicana e Roma. Molti preti e monaci se ne andarono dalle abbazie e molti monasteri furono abbandonati, ciò comportò la fine della viticoltura a livello commerciale in Inghilterra.

Uno zampino in tutto questo ce lo misero anche le condizioni climatiche, che assoggettavano l’uva all’attacco di malattie e funghi che a loro volta causarono la quasi totale scomparsa della viticoltura. Dall’inizio del XVIII alla fine del XIX sec., la coltivazione della vite sopravvisse in Inghilterra grazie all’entusiasmo di alcuni, tra i quali citiamo il Marchese di Bute a Cardiff e Charles Hamilton nel Surrey, ma i vari tentativi furono stroncati dall’arrivo della filossera alla fine del XIX sec.

Fu solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli anni Cinquanta, che tre persone Ray Barrington Brock, Edward Hyams e George Ordish, incominciarono a domandarsi il perché della scomparsa della viticoltura in Gran Bretagna (anticamente chiamata Albione). Ray Barrington Brock fondò un centro di ricerca nel Surrey per studiare i vari vitigni, ottenendo tramite le varie università talee provenienti dall’Europa e dalle Americhe, riuscendo a gettare le basi della viticoltura inglese con i vitigni Müller-Thurgau e Seyval Blanc, in 25 anni raccolse più di 600 vitigni e migliorò le tecniche di vinificazione. George Ordish fu un enologo molto esperto, con un passato nella regione dello Champagne, esperto in entomologia: risolse parecchi problemi legati all’aggressione di certi insetti alle viti e a dimostrare che l’uva poteva maturare anche con il clima inglese. Mentre Edward Hyams fu autore di The Grape Vine in England e contribuì a risvegliare l’interesse per la viticoltura in Inghilterra.

Nel 1954 si vendemmiò per la prima volta a Hambledon nello Hampshire, un ettaro solo di Seyval Blanc, ma grazie a questo nacque l’industria vinicola moderna. L’anno seguente a Horam nell’est Sussex venne piantato un ettaro di Müller-Thurgau da parte di Jack Ward che sarebbe in seguito diventato il vero motore dell’industria vinicola del Regno Unito.

Oggi in Gran Bretagna ci sono poco più di mille ettari vitati (come il canton Ticino). Benché il Paese abbia meno di mille ore di sole e sia considerato come un luogo un po’ troppo freddo per la produzione vitivinicola, i rigori del clima sono attenuati dalle calde acque della corrente del Golfo.

In base a questi dati è importante coltivare vitigni dalla maturazione precoce e resistenti alle malattie, su parcelle situate a sud per proteggerle dai venti e dalle gelate primaverili. Le migliori parcelle sono quelle situate su un dislivello inferiore ai 100 m. Anche se poi tutte queste componenti saranno ottimali, le vendemmie abitualmente non avverranno prima della fine di ottobre o all’inizio di novembre.

I vitigni principali sono i bianchi Müller-Thurgau dai profumi floreali, il Reichensteiner e il Seyval Blanc, un ibrido che ben si è adattato al clima inglese. È in aumento la produzione di vini prodotti con vendemmie tardive, varietà come Huxelrebe, Ortega e Optima, che hanno un alto livello di acidità naturale e sono soggetti alla muffa nobile, possono dare vini di intensa dolcezza e molto equilibrati.

L’aspetto che più sorprende dell’industria vinicola inglese, sta nella produzione di vini spumanti con metodo classico. Il venti per cento della produzione del Regno Unito è di questo genere. I terreni calcarei dell’Inghilterra meridionale e il micro-clima secco, creano condizioni ideali per questo vino da rifermentare in bottiglia. Molti ettari di vigneto nel South Downs sono stati impiantati con diversi cloni di Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Meunier, i classici vitigni dello Champagne.

Le aziende vinicole stanno aprendo le porte ai visitatori, ed è aumentata la collaborazione con le associazioni enogastronomiche e le varie scuole di degustazione. Questi esempi sono un segno di crescente interesse da parte del Regno Unito per il mondo vitivinicolo e di tutto ciò che è a questo mondo legato.