I preferiti da Napoleone durante l'esilio sull’isola di Sant’Elena

Bacco giramondo - La ricca storia dei primi vini del Sudafrica (Prima parte)
/ 11.09.2017
di Davide Comoli

Il Sudafrica è l’unico Paese al mondo in cui la viticoltura, ancorché non molto antica, ha una data d’origine ben precisa. Il 2 febbraio del 1659, infatti, l’esploratore e colonizzatore olandese Jan van Riebeeck (fu fondatore del primo nucleo di Città del Capo, con la costruzione della fortezza chiamata la Buona Speranza), annotò nel suo diario: «al momento, grazie a Dio, si stanno pigiando i primi grappoli per fare il vino».

Anziano medico di bordo, Jan van Riebeeck non tardò a scoprire che il vino era un’efficace medicina per la prevenzione dello scorbuto (si trattava di dodici litri di Moscato d’Alessandria!).

I tralci messi a dimora dall’inviato della Compagnia delle Indie Orientali – fatti giungere dalla Germania, Francia e Spagna – fruttificarono con notevole spontaneità, come se fossero nel loro ambiente naturale. Le uve dei primi tre ceppi impiantati erano: il Palomino, il Moscato di Frontignan e il Moscato d’Alessandria, chiamato in loco Hanepoot.

Le coltivazioni sudafricane, così promettenti sin dall’inizio, furono intensificate da Simon van der Stel che nel 1685, che incaricò di fare mettere a dimora ben 100mila tralci nella Constantia Valley (così battezzata in onore di sua moglie). Nel 1692, un anno dopo essere stato nominato governatore della giovane colonia, van der Stel fece conoscere in Europa i suoi vini prodotti con il vitigno Muscat de Frontignan che produceva vini più eleganti dell’Hanepoot (Moscato d’Alessandria).

Negli anni che seguiranno, Constantia cambierà diversi proprietari e subirà diversi frazionamenti del suo territorio, ma i suoi vini conosceranno un successo sempre più grande nelle Corti europee e tra gli aristocratici dell’epoca fino a metà del XIX sec.

I vini di Constantia, furono i preferiti da Napoleone durante il suo esilio sull’isola di Sant’Elena.

Un impulso decisivo alla viticoltura del Sudafrica fu dato senza dubbio dall’arrivo di circa 200 Ugonotti, scacciati dalla Francia tra il 1688 e il 1690. S’installarono nella vallata chiamata Franschhoek. Curioso sapere che un anno prima (1687) dell’arrivo dei Francesi, arrivarono in Sudafrica 34 famiglie di viticoltori piemontesi di religione valdese. In effetti grazie alle conoscenze vitivinicole di qualcuno di loro, i loro discendenti continuano a giocare un ruolo importante nella produzione vinicola di questo paese.

Il vino da dessert prodotto a Constantia nel XVII sec., ben presto fu in grado di rivaleggiare con quello della regione del Porto o dell’Isola di Madeira. La produzione vinicola nei dintorni di Capo di Buona Speranza fu incoraggiata dalla Gran Bretagna mediante concessione di tariffe preferenziali. Nel 1810, Sir John Cradok nominò il primo assaggiatore ufficiale di vini del Sudafrica. Nel 1861, dopo aver raggiunto la sua punta massima, il commercio del vino sudafricano declinò, allorché il governo Gladstone abolì le tariffe preferenziali.

Vent’anni dopo, le difficoltà degli agricoltori di questo Paese s’aggravarono e ben tre catastrofi s’abbatterono su di loro: nel 1886 l’arrivo della filossera, il successivo reimpianto di vigneti con una grande sovrapproduzione senza adeguati sbocchi commerciali e infine la guerra Boera tra il 1899 e il 1902.

Vasto, ricco di risorse preziose, con ambienti ospitali, il territorio del Sudafrica che si affaccia sugli oceani Atlantico ad ovest e Indiano a sud e sud-est, soprattutto nelle zone caratterizzate dal clima tropicale piovoso, si presta per la coltivazione della vite. Eccelle per i suoi vigneti la cuspide sud-occidentale della provincia del Capo.

Attraversando questa regione, tutto un susseguirsi di monti e vallate, si possono ammirare estensioni di vigneti a perdita d’occhio. Immerse tra i filari si trovano numerose fattorie, ognuna delle quali fa capo a una «estate», che corrisponde a una tenuta, quasi sempre dotata di una propria cantina di vinificazione. Questi graziosi complessi sono costruiti seguendo i dettami dello stile tradizionale Cape Dutch (Olandese del Capo) e portano nomi suggestivi come La Belle Provence, Le Bonheur, Romans Rivier, legati a ricordi europei.

La vita del vigneto sudafricano con i suoi 140mila ettari vitati è confrontabile con quella del vigneto europeo, ma nell’emisfero meridionale l’annata è completamente ribaltata: quando in Europa si vendemmia, in Sudafrica la vigna si risveglia dal letargo invernale, la vendemmia si svolge tra febbraio e aprile.

Gli inverni sono dolci con rare gelate e le estati calde, a volte troppo nelle regioni centrali, le piogge sono concentrate tra maggio e agosto. Le uve che maturano nelle zone più calde del Capo, hanno tendenza a soffrire il caldo e a maturare troppo rapidamente. L’irrigazione in queste regioni è vitale e giustificata. Verso est si trovano una serie di altipiani montagnosi, ma la maggior parte delle vigne sono situate sulla fascia costiera fino ai piedi delle montagne.

I terreni variano molto, anche tra i vigneti di una stessa regione e di una stessa proprietà. Troviamo terreni che variano dal grès alle rocce granitiche, ai terreni scistosi, a colline ricche di sassi e rocce, e fondovalle sabbiosi con ciottoli.

Troviamo vini di buona acidità, profumati nella zona di Table Mountain e vini più strutturati nella valle del Karoo, ma ne saprete di più nel prossimo numero: seguiteci!