Aeroporto di destinazione, ritiro bagagli. Il nastro trasportatore si mette in movimento e poco dopo è coperto di valigie. Un viaggiatore dopo l’altro si fa largo tra la folla in attesa, riconosce il suo bagaglio e lo ritira. A volte, quando il nastro si ferma, resta soltanto una solitaria valigia in cerca del suo padrone. In un altro aeroporto intanto un malinconico passeggero vede passare e ripassare sempre gli stessi bagagli, ma mai quello che attende.
È storia di tutti i giorni. Basta un ritardo, una coincidenza presa al volo, un errore nell’etichetta elettronica, ed ecco che una valigia si perde. Secondo una ricerca Sita (Société Internationale de Télécommunications Aéronautiques) è comunque un evento raro: indicativamente cinque ogni mille trasportate e il dato è in calo del 70% negli ultimi dieci anni. La maggior parte degli smarrimenti avviene in Europa, gli aeroporti americani e asiatici sono decisamente più efficienti.
Solo pochi bagagli perduti poi (5%) vengono rubati o si perdono per sempre. La maggior parte (85%) ritorna ai legittimi proprietari entro due giorni, di solito sul primo volo utile della stessa compagnia, anche se alcuni, finiti nell’aeroporto sbagliato, faranno in tempo a vedere un poco di mondo. Solitamente le compagnie aeree spediscono il bagaglio smarrito direttamente a casa (o in albergo), rimborsando inoltre i passeggeri per le spese necessarie sostenute nel frattempo (massimo 1167 euro, è necessario conservare le ricevute).
Nonostante sia un avvenimento poco frequente – quantomeno sulla carta – ogni viaggiatore ha una storia di valigie perdute da raccontare. «Volando da Cleveland a Denver per visitare degli amici, il mio bagaglio andò perso. Mi fu restituito una settimana dopo, esattamente un’ora prima della partenza per l’aeroporto, ormai sulla via del ritorno. Al check-in raccontai che la valigia si era smarrita per una settimana e raccomandai di averne cura. La risposta? Di non preoccuparmi: un fulmine non cade mai due volte nello stesso punto! Naturalmente la perdita del bagaglio si ripeté puntualmente e questa volta per sempre» (Simon).
Altre storie? Gregory doveva ricevere un prestigioso riconoscimento a Denver ma la sua valigia andò persa e arrivando di domenica trovò tutti i negozi chiusi. Alla serata di gala fu così l’unico in jeans e maglietta, davanti a duemila persone in abito da sera.
Un bagaglio troppo anonimo può facilmente essere scambiato con un altro. «Sullo Shuttle dal parcheggio all’aeroporto, un vecchio prese il mio bagaglio a mano e io il suo. Mi trovai così all’imbarco senza documenti, medicine, denaro, vestiti, solo una valigia piena di mutande da uomo. Per fortuna mi lasciarono partire lo stesso e un amico all’arrivo si prese cura di me. L’anziano signore mandò poi la valigia a casa dei miei genitori, ma da allora lego vistosi nastri colorati alle maniglie» (Teresa). Per evitare molti di questi fastidi, i viaggiatori esperti infilano sempre qualche ricambio nel bagaglio a mano.
Scrivere in chiaro l’indirizzo all’esterno può sembrare un’ottima soluzione, con qualche eccezione. «Avevo un contratto di lavoro per tre mesi in Cina ma la mia valigiona andò perduta nel viaggio. Non avevo niente quando arrivai in Cina. In compenso tre mesi dopo, quando tornai a casa, la ritrovai davanti alla porta, coperta da venti centimetri di neve» (Joan).
Le maggiori compagnie usano il World Tracer System per rintracciare i bagagli smarriti, cercandoli per tre mesi, ventiquattr’ore al giorno, in un database mondiale. Se dopo tre mesi il proprietario non è stato ritrovato o non l’ha reclamata, la valigia viene messa all’asta, di solito per beneficenza.
La giornalista del «Telegraph», Annabel Fenwick-Elliot, ha visitato Greasby’s Auctioneers, un magazzino malandato a Tooting, sud di Londra, vicino a un cimitero, dove ogni settimana arrivano un centinaio di valigie dai diversi aeroporti inglesi. Le valigie sono messe in mostra con un numero, ma non si possono aprire prima dell’acquisto, ci si deve basare sul loro aspetto esteriore. Quelle lussuose naturalmente promettono di più (e mal che vada vi resta una buona valigia), ma meglio non offrire troppo: la casa d’aste ha già controllato l’eventuale presenza di oggetti di valore (Smartphone, Kindle, macchine fotografiche, orologi, gioielli, abiti di marca), venduti a parte (comunque a buon prezzo). Ma c’è sempre qualcuno che spera in una sorpresa, per esempio di trovare denaro nascosto nella fodera della valigia. Alla fine Annabel acquista per cinquanta sterline una grande cassa rigida, un bagaglio verde con un finto manico in pelle di serpente e una piccola valigetta color crema retrò. Ma dentro trova solo abiti sporchi, probabilmente appartenuti a una famiglia di ritorno dalla Thailandia, e due federe rubate a un albergo.
Qualche anno fa il viaggiatore statunitense Rolf Potts ha eliminato il problema alla radice, viaggiando intorno al mondo per sei settimane senza bagaglio. Le poche cose necessarie – spazzolino, dentifricio, deodorante, due bottiglie di sapone liquido concentrato, occhiali da sole, crema protettiva, macchina fotografica, carta di credito, passaporto, un solo cambio di calze, mutande e una maglietta di riserva – erano stipate nelle tasche interne di un giaccone. Rolf Potts ha apprezzato molto la libertà di viaggiare senza bagaglio ma gli ci è voluta quasi una settimana per liberarsi della seccante, istintiva paura di aver dimenticato da qualche parte la valigia; e in più di un’occasione si è trovato a guardare in giro, sotto i sedili del bus o nella camera d’albergo… alla ricerca di un bagaglio inesistente.