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"Ciaone" è femmina

Reportage - Alla ricerca di un mare sostenibile fra tartarughe, delfini, pescatori e turisti a Filicudi
/ 13.08.2018
di Vincenzo Cammarata, testo e foto

«Sehhh, ciaone!». Questa fu l’esclamazione sbalordita e arresa di Monica, alla vista di una Caretta Caretta, una femmina di tartaruga marina di 90 chili. A caricarla sulla barca non ci provò nemmeno, ma riuscì a installare sopra il suo carapace un trasmettitore gps, potendo in seguito presentarla alla comunità scientifica e al sistema internazionale di tracking (www.seaturtle.org/tracking) col nome di «Ciaone», per l’appunto.

Ciaone in un paio di mesi aveva già fatto un giretto nel basso Mar Tirreno e al momento della stesura dell’articolo si stava godendo, come molti turisti, il mare di San Vito Lo Capo, Trapani. Tracciate e seguite come lo è lei per ora ci sono: Thor, maschio adulto di 80 chili – sempre battezzato da Monica – e poi Leila, Prince, Freddy, Musica, Valeriana… i nomi sono evidentemente ispirati dalle passioni di chi per primo li ha dotati di gps.

Nel suo ufficio-laboratorio di Pecorini, sull’isola di Filicudi, nei giorni della nostra visita si sono succeduti due esemplari soccorsi in mare da pescatori e turisti, che hanno tratto in salvo Luna Scroza e Palla, quest’ultima ribattezzata «Bea» da una delle numerose bambine che nei mesi estivi frequentano il Filicudi Wildlife Conservation di cui Monica è presidente. Romana di nascita e filicudara di cuore e di adozione, Monica Blasi è una dei tanti abitanti dell’Isola Eoliana, nipoti dei primi pionieri, che arrivarono intorno agli anni Settanta dando vita a una certa forma di turismo residenziale stagionale, ancora in voga nell’Arcipelago. Vanta una laurea in fisica, il dottorato in biofisica e il Master of Science a La Sapienza di Roma in Conservazione della Biodiversità animale: aree protette e reti ecologiche, lavoro con cui ha approfondito l’interazione fra delfini e pescatori, argomento quanto mai attuale.

«Non è difficile trovare i delfini – afferma Monica – a volte, basta recarsi alle boe che indicano le calate dai pescatori, segnalate da un sacchetto di plastica nero a mo’ di bandierina, e avere un po’ di fortuna». Andare a «caccia» di delfini così come di tartarughe, rientra nei compiti del Centro.

Monica, aiutata da cinque anni da Giusy e Chiara (per tutti qui Chiaretta Chiaretta), fotografa le pinne che emergono fra le onde: questo è l’unico modo per censire e quindi riconoscere la popolazione locale dell’elegante stenella striata e del tursiupis truncatus, entrambi appartenenti alla famiglia dei delfini. Ad ogni pinna, ogni striatura, o macchia di colore, corrisponde un nome: Pino, Triolo, Marzia, Filippa, Salva e Bartolo. Questi, non per caso, sono anche i nomi dei pescatori con cui si contendono, a volte crudelmente, il pesce catturato nelle reti: una vera e propria guerra fra «affamati». Ma non di quei pochi pescatori rimasti a Filicudi, no, perché questi praticano una pesca artigianale che per la portata minima e la cura che richiede risulta essere ancora sostenibile. Ad avere continui «scontri» con i delfini sono, di fatto, i pescatori dell’Isola maggiore, da cui Filicudi dipende amministrativamente: Lipari.

Il problema in realtà è anche più complesso. Qualche pescatore, accogliendo le indicazioni comunitarie in merito, sta collaborando con Monica e il suo Centro, sperimentando dei dissuasori acustici, i pinger, che, posti sulle imbarcazioni, ma soprattutto in prossimità delle reti, dovrebbero allontanare i cetacei. Ma la maggioranza degli armatori guarda con scettica diffidenza questa soluzione pacifica e preferisce protestare chiedendo risarcimenti alla Regione Siciliana e all’Unione Europea. La primavera dell’anno scorso i pescatori organizzarono degli scioperi, lamentando la perdita del 60-70% del pescato dovuta, secondo quanto dicono, all’eccessivo aumento della popolazione dei delfini nelle loro acque. Monica, dopo tredici anni di monitoraggio, smentisce fermamente quest’aumento, riportando, dati alla mano, una popolazione invariata per la stenella e addirittura un concreto rischio d’estinzione per i tursiopi.

Una verità pare essere evidente: i pesci iniziano a scarseggiare per tutti.

«Alle Eolie», precisa Monica, «non esiste, in nessuna delle sette isole, alcuna riserva marina protetta. Ciò significa non essersi mai preoccupati della ripopolazione delle acque: invece di puntare a una pesca intensiva, non più sostenibile, si potrebbe, anzi, si dovrebbe, puntare alla vocazione turistica delle isole, non solo per quanto riguarda le terre emerse, ma anche e soprattutto per il loro patrimonio sommerso.»

Il Filicudi Wildlife Conservation è anche uno dei principali operatori turistici presenti sull’Isola che organizza tour in barca ed escursioni naturalistiche: fonte di reddito con cui sostenere le attività del Centro, ma anche un modo per «evangelizzare» e trasmettere al turista rispetto e amore per la natura, in estrema sintesi per responsabilizzarlo.

Durante i tour si indossano maschera e boccaglio e ci si ritrova nel blu. Tuttavia alla suggestione della luce e dei colori che si possono ammirare facendo snorkeling si contrappone l’ormai scarsa presenza di pesci sempre più evidente e causa di una perdita di interesse: «Qui nessuno ha mai aperto un centro diving: a Ustica, riserva marina dal 1986, ce ne sono invece quasi venti e il mare sottocosta offre una biodiversità fra le più variegate e colorate del mondo!» si sfoga Monica.

Ogni mattina Monica, Giusy e Chiara, escono in barca per fare il loro dovere: raccogliere campioni e fotografare gli esemplari di passaggio al largo. Soccorrono tartarughe che non riescono a immergersi e a nuotare perché ostruite da plastica scambiata per meduse o ferite da lunghi ami da pesca ingoiati nutrendosi. Una volta rientrate, accolgono i tanti turisti incuriositi dalle tartarughe ripulite dalle alghe e tenute in osservazione dentro grandi bacinelle azzurre o bianche, avendo cura che sia Ciro, il loro cane, sia i bambini non le disturbino. Soprattutto spiegano ad adulti e bambini perché è importante avere cura del mare. Quello stesso mare che li ha portati fino a Filicudi.