Belle pagine e buoni bicchieri

Il vino nella storia - Un viaggio enologico in Francia, sulle tracce di François Rabelais e dei suoi personaggi
/ 08.05.2017
di Davide Comoli

A Chinon (siamo nella Touraine-Loira), ci piace tutto. Le vecchie pietre di tufo, le viuzze, le torrette che spuntano qua e là, senza dimenticare la fortezza medievale che sovrasta la città addormentata lungo le sponde della Vienne e naturalmente... i suoi vini.

Chinon è una città popolata di fantasmi. Quello di Enrico II il Plantageneto, dei suoi figli Giovanni senza terra e Riccardo Cuor di Leone, di Aliénor d’Aquitania e della bella Agnes Sorel.

Nella sala principale della Torre dell’Orologio, da dove Marie-Javelle la campanella da secoli mattina e sera scandisce le ore, ci sembra di rivivere quel lontano 25 febbraio 1429 nel corso del quale Giovanna d’Arco fece irruzione e si prosternò ai piedi di Carlo VII, riconoscendolo come re di Francia, andar per vini ci procura incredibili emozioni!

Personaggio di spicco di questa città, cantore di vino e di vigne e non solo fu Rabelais (1494-1553): figlio di un avvocato, si fece benedettino, coltivò gli studi letterari, conosceva il latino, il greco, l’ebraico, in margine alla dotta attività di medico, fu editore di testi di medicina antica e umanista; il ciclo Gargantua e Pantagruel iniziato nel 1532, attirò su Rabelais, spirito libero e spregiudicato, la condanna dei teologi della Sorbona. Nella sua opera comico-fantastica, Rabelais diede espressione a una satira vivace della pedanteria scolastica, dell’ipocrisia del clero e, insieme l’esaltazione delle gioie materiali, intellettuali e della libertà dello spirito.

Chiediamo scusa, ma stiamo parlando di viticoltura o di letteratura? Alle volte capita qui a Chinon di non distinguere tra le due cose, sarà forse colpa di questo cielo azzurro come le porcellane cinesi, poi letteratura e vino vanno molto bene insieme.

Il vino di Chinon è un’enciclopedia liquida, per l’amante dell’enologia, della storia, della geografia, dei paesaggi e della poesia. A chi piace il buon bere, il vino di Chinon può raccontare delle belle storie. Dai tempi di Rabelais, sin a metà del XIX secolo, il vino prodotto in questa zona era essenzialmente di colore bianco, prodotto con il vitigno Chenin blanc, per lungo tempo chiamato Pineau de Loire, semplice da vinificare e da bere, come fanno i personaggi di Grand-gousier e Gargamella nel capitolo V di Gargantua «... Del Bianco! O Lacryma Christi! È vino della Devinière, è pineau (mosto fortificato con alcol)! Ah, il dolce vino bianco! Ve lo giuro sulla mia anima, è come un taffetà!».

L’opera di Rabelais è uno scritto prezioso per la storia della vite e del vino. Essa ci permette di conoscere la leggenda concernente l’introduzione sulle rive della Vienne del Cabernet-franc, il vitigno rosso che ha soppiantato nel XIX secolo il Chenin blanc ed è diventato l’emblema dei vini di Chinon. Questo vitigno viene anche chiamato Breton, nessuno sa quando il Cabernet-franc è arrivato a Chinon, a Saumur e Bour-gueil, né da dove arriva il suo nome. Qualcuno dice che fu grazie all’abate Breton, intendente di Richelieu all’inizio del XVII secolo, un’ipotesi che ci potrebbe stare, se Rabelais nel mezzo del XVI secolo non avesse scritto: «il buon vino bretone, che non cresce punto in Bretagna, ma nel buon paese di Véron».

Siamo tornati tempo fa emozionati alla Devinière, è un luogo incantato, che si è sottratto al tempo. Ai bordi del piccolo comune di Seuilly, la casa natale dello scrittore, ha attraversato i secoli tra fragorose risate degli amici della «Dive bouteille», il suo nome evoca le streghe che avevano abitato un tempo le grotte di tufo accanto alla casa, prima che divenisse proprietà dei Rabelais. Sui muri ci sono le citazioni dello scrittore, il ritratto di Pantagruel e di suo padre Gargantua, il cui personaggio a quanto pare fu ispirato dal coetaneo re Francesco I (1494-1547). Francesco I ha affascinato artisti e uomini di lettere del suo tempo, grazie alla vittoria nel 1515 a Marignano sui mercenari svizzeri al soldo del duca di Milano, ancorò definitivamente il regno di Francia al Rinascimento italiano. Alto quasi due metri, Francesco I viene considerato un gigante per la sua epoca, l’impronta italiana si ritrovava sulla sua tavola dove luccicava del vasellame opera dell’orafo fiorentino Benvenuto Cellini, amava le confetture e si deliziava con yogurt a base di latte di pecora (per calmare i suo mal di stomaco). Si distinse anche in campo vitivinicolo, fece infatti impiantare il Côt (Malbec) da Cahors a Fontainebleau e fece arrivare per i suoi possedimenti nella Loira 80’000 piedi Romorantin, un vitigno che dà vini bianchi freschi d’acidità. Quando viaggiava da un castello all’altro circondato da centinaia di cortigiani, lasciava dietro ad ogni passaggio penuria di pane, di formaggio e di bevande. Il cibo e il vino scorrevano a fiumi (facile paragonarlo al gigante Gargantua), il re amava soprattutto i vini bianchi, ma beveva ogni giorno 3 litri di hypocras, un vino rosso ravvivato da spezie che consumava come aperitivo o come digestivo.

Le feste di corte presiedute da Francesco I, finivano tutte con abbondanti libagioni, fra tutte spiccavano i ricevimenti dati dal re nel suo castello di Clos Lucé ad Amboise, dove operava come «maestro di cerimonia» un tal Leonardo da Vinci. La bottiglia del celebre Clos de l’Echo, vino prodotto nel piccolo vigneto situato sotto la torre di guardia del castello di Chinon che fu di Rabelais, è vuota. È un vino che si vorrebbe sempre all’altezza della sua reputazione, ma sappiamo che le annate nella vigna non sono sempre uguali. Poco importa. L’essere sotto la fortezza di Chinon ci mette di buon umore. I rintocchi della campanella della Torre dell’Orologio, scandiscono le 24.00 e c’invitano al riposo, alziamo gli occhi e… ci par di scorgere lassù in alto, dentro al torrione, ombre furtive. Suggestione, immaginazione o forse un bicchiere di troppo? E se invece fossero le ombre dei cavalieri Templari tenuti prigionieri e torturati nella fortezza di Chinon per ordine di Filippo IV con la benedizione del Papa Clemente V: era l’agosto del 1308.

Una soluzione per scacciare i fantasmi ci sarebbe, gli amici sono d’accordo: stappiamo un’altra di queste «Dive bouteille», onoriamola brindando a Rabelais e a tutti gli spiriti allegri.