Bacco nel secolo della Rivoluzione

Il vino nella storia - Il 1700 fu pieno di avvenimenti per la viticoltura francese e per la popolazione parigina
/ 18.12.2017
di Davide Comoli

I Francesi avevano passato il primo giorno dell’anno 1709 con una temperatura così calda da far pensare che l’inverno fosse finito: così scrivono le cronache dell’epoca. Dalla notte di sabato 5 alla domenica 6 gennaio, il vento proveniente da nord si mise a soffiare in modo violento e il terreno gelò in meno di un’ora. L’ondata di freddo che si era abbattuta sull’Europa, proveniente dalla Siberia era incominciata. Il 13 gennaio a Parigi, la temperatura era scesa a –20° e il freddo durò due settimane.

Tutti i fiumi gelarono e a Dunkerque il mare era completamente ghiacciato sino a 500 metri dalla riva. Si dice che in quell’anno sino alla fine d’aprile si poteva, camminando sul ghiaccio, passare a piedi dalla Danimarca alla Svezia. A gennaio, per fortuna cadde anche molta neve che ricoprì con la sua coltre i campi di grano. Le viti, quindi, tutto sommato, furono protette da questo primo assalto.

Per contro, gli alberi delle foreste scoppiavano con un rumore di fucilate sotto l’azione del gelo, gli uccelli s’abbattevano morti al suolo e nei campi un po’ dappertutto si trovano carcasse di conigli selvatici congelati nelle loro tane. Dopo il 24 gennaio seguì una settimana di disgelo, ma l’acqua della neve che si scioglieva inondò le campagne, visto che il suolo gelato in profondità non poteva assorbire l’acqua. Il 3 febbraio, il gelo riportò le temperature molto in basso, circa una settimana, per poi riportarle a temperature primaverili sino al 23 febbraio, quando si ridiscese fino al 15 marzo con temperature a –18°.

L’abate Brugeles, nelle sue Chroniques de l’église d’Auch scrive: «Vedevano il vino sgorgare fuori dalle botti attraverso le doghe ricoperte di ghiaccio». Molto vino andò perduto e l’ondata di gelo provocò in Francia una grave penuria del nettare di Bacco. Il prezzo del vino aumentò di molto e spinse i viticoltori a ripiantare un po’ di tutto ciò che si poteva trovare, visto che la mancanza di vino era forte e la domanda era in continuo aumento.

Anche la popolazione francese era in continuo aumento. I luoghi ove si vendeva vino si moltiplicavano. Dal punto di vista della qualità i consumatori erano poco esigenti, mentre lo erano a proposito dei prezzi. Come il pane, anche il vino era un fattore di pace sociale e le fluttuazioni di questi due beni di consumo accrescevano l’irritazione di coloro che abitavano nelle città, lontani quindi dalle fonti d’approvvigionamento. Nel giro di un decennio la superficie del vigneto francese era aumentata e la produzione sempre più crescente veniva assorbita senza grande difficoltà, mantenendo i prezzi stabili fino al 1766. Un «muid» (268 litri) s’aggirava intorno alle 38 lire parigine. Ma la crescita della produzione e l’aumento della superficie viticola preoccupava il governo che con diversi decreti cercò d’impedire l’abnorme sviluppo del settore.

Il 1780 dimostrò che le preoccupazioni manifestate dallo Stato erano fondate, la produzione superò il consumo e i prezzi crollarono fin sotto le 15 lire parigine. Il crollo del prezzo del vino, fu uno degli elementi che portarono all’impoverimento delle campagne e all’irritazione dei contadini. A quel tempo il prezzo del vino era regolato da una severa imposizione fiscale. A Parigi, all’imposta sul consumo s’aggiungeva pure un’imposta di dogana, da pagare su tutto il vino che superava le mura della città.

Alla vigilia della Rivoluzione, un «muid» di vino, che a causa del crollo dei prezzi costava 30 lire fuori dalle mura, triplicava il suo prezzo entrando nella cinta muraria della città. Per non pagare il diritto di tassa, furono aperti fuori dalle mura dei locali di mescita chiamati: «guinguettes» dal nome di un vinello chiamato «Guinguet». Inutile dire che i parigini uscivano a frotte a bere considerevoli boccali di questo vino a prezzi molto inferiori dello stesso bevuto in città. Le elevate tasse e le osterie fuori porta, crearono il fenomeno del contrabbando di vino, il quale preoccupò i «Fermiers Généraux» che nel 1784 idearono il progetto, subito iniziato, delle costruzione di una cinta muraria con porte facilmente controllabili.

Tra i promotori di questo progetto, ci fu Antoine Lavoisier, il fondatore della chimica moderna, colui che per primo dimostrò che i componenti dell’etanolo sono carbonio, idrogeno e ossigeno, aprendo così la strada allo studio della fermentazione alcolica. Il progetto del muro colpì profondamente le classi popolari con nuove tasse. Con il proseguimento dei lavori del muro, scoppiarono molti disordini che culminarono con la presa della Bastiglia e il 19 febbraio 1791 l’Assemblea Nazionale, abolì tutti i diritti di dogana. Convogli di carri carichi di barili entrarono a Parigi con il vino venduto a 3 soldi la pinta.

Nel 1794 Antoine Lavoisier moriva sulla ghigliottina, condannato alla pena capitale come nemico e affamatore del popolo, mentre la folla festante cantava una ballata popolare che diceva: «Bravi francesi consoliamoci / al giusto prezzo ora berremo / e su tigri e lupi, noi vinceremo».