A scuola di viaggio

Un laboratorio con Scuola Club Migros Lugano

Il viaggio richiede un grande investimento di passione, di tempo e di energia (oltre al denaro naturalmente). Per questo una buona preparazione prima della partenza può essere d’aiuto: non una serie di regole, da applicare meccanicamente, ma piuttosto una riflessione aperta alla bellezza e alla varietà del mondo, insomma una «Scuola del Viaggio».

In questa prospettiva «Azione» e Scuola Club Migros Lugano propongono una nuova edizione del laboratorio dedicato all’arte di viaggiare, per imparare a vivere e raccontare le vostre esperienze in una forma più curata e coinvolgente. 
L’insegnante sarà Claudio Visentin, curatore della nostra rubrica «Viaggiatori d’Occidente» che, settimana dopo settimana, propone riflessioni e spunti per viaggiare in modo più interessante e creativo. 

Il laboratorio inizierà spiegando come progettare un viaggio interessante, come prendere appunti strada facendo, come rielaborare quanto visto dopo il ritorno a casa. In seguito approfondiremo la scrittura di viaggio nelle sue diverse forme, dal racconto al reportage, alternando testo e immagini, anche con alcuni divertenti esercizi.
Il laboratorio è aperto a tutti: sono benvenuti i principianti al pari di chi ha già qualche esperienza di scrittura. Si svolgerà sabato 1 aprile 2017, ore 9.00-12.00 e 13.00-16.00, presso la Scuola Club Migros Lugano, in via Pretorio 15. Il costo dell’iscrizione è di 144 franchi (con uno sconto del 10 per cento a chi porterà o citerà «Azione» al momento dell’iscrizione); inoltre a ogni partecipante verrà donato il taccuino della Scuola Migros.

Il corso è a numero chiuso (massimo 12 partecipanti, in ordine d’iscrizione sino ad esaurimento dei posti disponibili). È possibile iscriversi presso la segreteria della Scuola Club Migros Lugano per telefono (091 8217150), via posta elettronica scuolaclub.lugano@migrosticino.ch) o direttamente sul sito internet www.scuola-club.ch.


Alla ricerca del pittoresco

Viaggiatori d’Occidente - Alcune idee per visitare una città sconosciuta come Palermo
/ 20.03.2017
di Claudio Visentin

Le compagnie low cost, con le loro tariffe minime, hanno dato un grande impulso al turismo urbano. Ma visitare una città non è sempre facile, specie se il tempo è limitato. È quel che pensavo qualche giorno fa, aggirandomi per le vie di Palermo. La città siciliana è un ottimo esempio da questo punto di vista, perché è molto interessante ma al tempo stesso anche terribilmente complicata.

La guida turistica non aiuta. Decine e decine di pagine accumulano una fantastica quantità di informazioni, ma presto la curiosità cede il passo a una schiacciante consapevolezza dei propri limiti, a un senso di sfinimento anticipato. Non può che essere così del resto. Per queste vie, per queste piazze, si sono avvicendati greci, fenici, romani, bizantini, arabi, normanni, angioini, aragonesi, spagnoli… Ho dimenticato qualcuno? 

Camminando per il centro cittadino, pochi passi separano monumenti di epoche lontanissime tra loro; per essere compresi richiedono categorie storiche ed estetiche completamente diverse, dalla semplice eleganza del gusto classico alla più sfrenata opulenza barocca. Senza contare che spesso le tracce dei diversi popoli si sono sovrapposte negli stessi spazi. Per esempio i monumenti più famosi della città – la Cappella Palatina e il Duomo di Monreale – celebrano la grandezza dei normanni attraverso l’opera e il linguaggio artistico di maestranze arabe. 

Nel popolare quartiere della Kalsa, la cinquecentesca chiesa di Santa Maria dello Spasimo, ora sconsacrata, lascia vedere il cielo azzurro e fughe di nuvole sopra le sue navate scoperte. La storia di questo edificio è un romanzo d’appendice: fu dapprima chiesa del convento dei monaci olivetani, poi teatro cittadino, lazzaretto, magazzino di cereali, ospizio per i poveri, ospedale… Né è storia soltanto locale. Il devoto giureconsulto Giacomo Basilico, dopo aver donato questi terreni ai monaci, commissionò al grande Raffaello Sanzio, allora attivo a Roma, un dipinto che mostrasse l’infinito dolore della Madonna (appunto lo spasimo) alla vista di Cristo trascinato al Calvario. Dopo un avventuroso naufragio, l’opera d’arte fu ritrovata e raggiunse finalmente Palermo. Ma verso la metà del Seicento fu donata al re di Spagna e, dopo una parentesi francese al tempo di Napoleone, oggi è esposta a Madrid al Museo del Prado. La storia cominciata tra queste mura diroccate ha toccato così due grandi capitali europee. A pochi passi di distanza il sontuoso orto botanico, con le sue gigantesche piante tropicali, celebra invece l’età d’oro delle esplorazioni nell’emisfero australe e l’incantamento di specie mai vedute prima. Anche i meravigliosi palazzi nobiliari, che colpiscono il viaggiatore per il loro numero tanto maggiore rispetto a qualunque altra città, parlano d’altrove, di vasti latifondi impoveriti e implacabilmente spremuti per ben figurare nella capitale del Regno di Sicilia, agli occhi del Re e della corte.

Non serve solo imparare, bisogna anche dimenticare. Per una coincidenza, il palazzo dove ho abitato è stato descritto da Tomasi di Lampedusa nel suo celebre romanzo Il gattopardo, uno dei testi sempre consigliati a chi cerca di comprendere Palermo e la Sicilia. In un bel libro da poco pubblicato (Non c’è più la Sicilia di una volta, Laterza) Gaetano Savatteri sostiene invece, sin dalle prime righe, che quella Sicilia non esiste: «Non ne posso più di Verga, di Pirandello, di Tomasi di Lampedusa, di Sciascia, di Guttuso. Non ne posso più di vinti; di uno, nessuno e centomila; di gattopardi; di uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraqua. E sono stanco di Godfather, prima e seconda parte, di Sedotta e abbandonata, di Divorzio all’italiana, di marescialli sudati e baroni in lino bianco. Sono stufo di pale di fichidindia a colori accesi e quarti di manzo appesi alla Vucciria. Non ne posso più della Sicilia. Non quella reale… non ne posso più della Sicilia immaginaria, costruita e ricostruita dai libri, dai film, dai quadri, dalla fotografia in bianco e nero». Dopo il 1992, sostiene Savatteri, molto è cambiato nei più diversi ambiti: la lotta alla mafia, la gastronomia, il successo mediatico di Montalbano, l’arrivo in massa dei migranti. 

Quando le troppe informazioni cominciano a confondersi nella mente, possiamo sempre cambiare radicalmente approccio e abbandonarci a una contemplazione estetica. A Palermo, anche in questi primi giorni di incerta primavera, il clima invita a stare all’aperto e i suoi abitanti non si fanno pregare. La vita di strada è percorsa da un’incessante animazione, in particolare nei mercati, a cominciare dal popolare Ballarò, risonante delle abbanniate, cioè i chiassosi richiami in dialetto dei venditori per attrarre l’interesse dei passanti. La città diventa teatro, a ogni angolo cambia scena e dopo tanti sforzi intellettuali è piacevole lasciare che il mondo esterno ci colmi di suoni, colori e impressioni. 

La ricerca del pittoresco è uno stile di viaggio facile e gradevole, ma certo non può bastare ai «viaggiatori d’Occidente». Sulle bancarelle di Ballarò, tra frutti giganteschi e pile di ortaggi, fanno bella mostra i mazzi di rosse cipolle di Tropea. Palermo è una cipolla (Laterza) è proprio il titolo di un bel libro di Roberto Alajmo, forse il più utile per chi vuole provare a capire questa città.

Immaginate Palermo come una cipolla, fatta di tanti strati. Ogni volta che ne sbucciate uno, ne trovate un altro. Lo strato più esterno, meglio buttarlo: sono i luoghi comuni, l’apparenza turistica, le immagini più conosciute. Naturalmente ci si può accontentare di uno qualunque degli altri strati, è comunque cipolla, con il suo caratteristico sapore pungente. Oppure si può andare avanti a sfogliare, anche solo per curiosità, scoprendo ogni volta una diversa consistenza e colore. Togliete ancora uno strato, ancora un altro e, alla luce di ogni nuovo strato, quello precedente appare grossolano. Ma quando giungete al cuore della cipolla e siete pronti per la rivelazione finale… non trovate più nulla. La cipolla è in ogni strato e al tempo stesso in nessuno di essi.