Nel lungo dibattito parlamentare sulle nuove proposte per salvare l’AVS, dopo il voto popolare negativo sulla riforma delle pensioni, con 34 voti favorevoli, 5 contrari e 5 astenuti il Consiglio degli Stati ha deciso il 7 giugno di accoppiare questa riforma con quella della tassazione delle imprese. Non è formalmente molto corretto, poiché si tratta di due temi molto diversi, di due diversi dipartimenti e anche molto lontani l’uno dall’altro sul piano formale e anche sostanziale.
L’aggancio è quello del finanziamento, che sarà garantito dai contributi degli assicurati e – in misura sempre maggiore – dai sussidi della Confederazione. È altresì vero che l’obiettivo primario della riforma dell’AVS è oggi quello di ottenere una maggioranza in Parlamento e poi un consenso popolare, in caso di referendum. Il recente esempio ticinese non promette bene: la riforma fiscale e sociale, in votazione popolare, è passata proprio per il rotto della cuffia. A livello federale le condizioni sono però molto diverse e l’AVS sta a cuore a molte persone, per cui il congiungimento dei due temi potrebbe servire di più alla causa fiscale che a quella sociale.
In Parlamento l’accordo sembra possibile (il Nazionale ne dibatte in settembre), perché la sinistra si è vista garantire un aumento di contributi di circa 2,1 miliardi di franchi all’AVS, proveniente da tre fonti: aumento del 3% dei contributi sui salari (1,2 miliardi), l’intera percentuale demografica sull’IVA (520 milioni) e l’aumento dei contributi della Confederazione (385 milioni). L’eventuale incapacità dell’AVS di far fronte agli impegni verrebbe così posticipata al 2032, invece del 2023.
I 2,1 miliardi di franchi all’anno corrispondono anche agli sgravi fiscali che verrebbero concessi alle aziende, sempre nell’ambito della concorrenza fiscale internazionale e in risposta alle pesanti richieste dell’UE di porre fine all’attuale giungla di sconti fiscali concessi dai Cantoni. Ma qui il problema si complica. Già in commissione sono nate divergenze su alcuni punti, tra cui la tassazione cantonale dei dividendi da partecipazioni qualificate. Il Consiglio federale propone il 70%, tasso al quale la Commissione oppone il 50%, ma con una minoranza che vorrebbe invece restare al 70%. Divergenze anche sul controverso problema degli interessi calcolatori sul capitale proprio in eccedenza. La commissione propone che i Cantoni con elevata imposizione fiscale possano introdurre una deduzione per l’autofinanziamento. Secondo i parametri proposti, solo il canton Zurigo potrebbe aderire alla proposta. In parecchi altri punti saranno necessari alcuni approfondimenti.
Il punto centrale della proposta è riassunto in questo concetto: per ogni franco di minori entrate fiscali prevedibili, l’AVS deve ricevere un franco in più. Da qui derivano i due miliardi in più all’anno per l’AVS. La crescita dell’economia dovrebbe poi fare in modo che questa cifra aumenti, fino a raggiungere i 3 miliardi nel 2045. Un concetto che di per sé evidenzia una contrapposizione fra sgravi fiscali e aumento di spese sociali.
La proposta degli Stati si distanzia da quelle del governo allo scopo di trovare entrate sufficienti a finanziare la riforma dell’AVS. Abbandonata l’idea di un aumento degli assegni per figli, si provvede con sostanziosi aumenti delle entrate per l’AVS. La proposta ha ottenuto il sostegno dei maggiori gruppi parlamentari: a sinistra poiché i finanziamenti per l’AVS sono almeno cinque volte superiori alle spese per assegni per figli previsti dal Consiglio federale. A destra si può essere soddisfatti del progetto di riforma fiscale delle imprese che può andare in porto.
Resta il terzo incomodo dei cantoni. Per questo si propone una riduzione nella tassazione minima dei dividendi da partecipazioni qualificate. Si tiene meglio conto del fatto che i dividendi sono spesso tassati due volte: una presso la società e l’altra presso l’azionista. Infine, viene regolata meglio la questione della restituzione (esente da imposta) di parti del capitale agli azionisti, possibile dal 2011. La commissione limita questa possibilità al versamento di dividendi imponibili.
Molte critiche sono state subito sollevate nei media. Qualcuno ha perfino usato il politichese «mercato delle vacche», emettendo dubbi circa la possibilità che due brutti progetti, unendosi, possano fare un bel pacchetto. Circa le possibili conseguenze, il giudizio è troppo prematuro. Sicuro è che l’AVS riceverà soldi in più. Su chi pagherà, a parte l’aumento dei contributi, non si è del tutto in chiaro. Ma la parte fiscale del pacchetto potrebbe soddisfare: migliora il progetto del Consiglio federale su due punti: la tassazione dei dividendi e la deduzione degli interessi sul capitale proprio. Una conseguenza individuata potrebbe essere quella di allontanare riforme dell’AVS dal lato delle uscite (per esempio età di pensionamento). Ma anche sul piano giuridico-politico non mancano le critiche per un accostamento perlomeno insolito, che non è proprio conforme ai principi della democrazia diretta.