Nessuno è in grado di prevedere se la nuova strategia energetica 2050, che sancisce l’abbandono del nucleare, darà veramente i frutti sperati, o almeno una parte di essi. Le buone intenzioni licenziate lo scorso settembre dal Parlamento e sostenute a spada tratta dalla presidente della Confederazione e ministra dell’energia Doris Leuthard permetteranno veramente alla Svizzera di ridurre i consumi, aumentare l’efficienza energetica e promuovere le energie rinnovabili? Ovviamente, la revisione totale della legge sull’energia, in votazione federale il 21 maggio prossimo, non può fornire certezze. È combattuta per via referendaria da un comitato apartitico, guidato dall’UDC con il sostegno di una parte dell’economia. I fautori del referendum parlano di legge disastrosa e fanno leva sul fardello finanziario che incomberebbe sulle famiglie e sull’economia. Stando ai sondaggi, la legge dovrebbe superare lo scoglio delle urne, con il 56% di favorevoli, il 42% di contrari e il 2% di indecisi.
I fautori contestano questi spauracchi e sottolineano gli investimenti e la crescita dei posti di lavoro legati all’incremento delle energie rinnovabili, a vantaggio della popolazione e dell’economia. La Strategia energetica 2050, che si prefigge di imprimere un cambiamento verso una Svizzera senza atomo, sarà attuata progressivamente. A questo scopo il Parlamento ha approvato un primo pacchetto di misure inteso appunto a ridurre il consumo di energia, aumentare l’efficienza energetica e aumentare la quota delle energie rinnovabili indigene, come quelle idrica, solare, eolica, geotermica e da biomassa. Entro il 2035, ogni Svizzero sarà chiamato a ridurre il proprio consumo di energia annuale, per raggiungere una diminuzione del 43% rispetto al 2000. Il consumo medio annuo pro capite di elettricità dovrà calare del 3% entro il 2020 e del 13% entro il 2035.
Le automobili e gli edifici dovranno consumare ancora meno energia. Le prescrizioni relative alle emissioni di CO2 delle automobili nuove saranno inasprite ed estese. Dal 2021, le emissioni medie calcolate sull’insieme del parco automobili nuove non potranno superare i 95 g di CO2/km per veicolo, valore inferiore di circa ¼ rispetto a quello attuale (130 g di CO2/km). A proposito di CO2, va ricordato che, entro la fine dell’anno, il Consiglio federale dovrebbe trasmettere alle Camere una revisione della legge, che rientra nella strategia energetica, per aumentare la tassa CO2 da 120 a 240 franchi. Obiettivo: dimezzare entro il 2039, rispetto al livello del 1990, le emissioni di gas a effetto serra. In procedura di consultazione, il progetto è però stato travolto da una marea di critiche: la destra teme per l’economia; la sinistra e i verdi liberali sono convinti che il progetto non consente di raggiungere gli obiettivi.
Attraverso prescrizioni tecniche, anche il consumo di energia degli apparecchi elettrici, segnatamente degli elettrodomestici, dev’essere ulteriormente ridotto.
Il «Programma Edifici», avviato nel 2010 e la cui conclusione è prevista nel 2019, sarà prolungato. Chi prevede risanamenti energetici nel proprio edificio, può continuare a chiedere un sostegno finanziario. L’importo destinato al risanamento energetico degli edifici salirà da 300 a 450 milioni di franchi. Grazie alla legge sull’energia verranno inoltre ampliate le possibilità di deduzione fiscale.
Per la verità, gli sforzi di risparmio chiesti alla popolazione non sono nuovi. Stando all’Ufficio federale dell’energia (UFEN), dal 2000 il consumo individuale di energia è già diminuito del 14,5%. Il che non è poco. Occorre quindi chiedersi se sia opportuno introdurre nuovi sacrifici e con quali vantaggi concreti, quando a livello ambientale si assiste sovente a un inquinamento incontrollato e in gran parte importato.
Questo per quanto riguarda il risparmio. La dettagliata e voluminosa strategia energetica in votazione, invita i cittadini a rafforzare le energie rinnovabili. Per la produzione di elettricità generata a partire da queste energie, esclusa la forza idrica, la strategia prevede un incremento che consenta di raggiungere una produzione indigena media di almeno 4400 GWh nel 2020 e di almeno 11’400 GWh nel 2035, contro i 3000 GWh attuali. Per la produzione di elettricità partendo dalla forza idrica si vorrebbe raggiungere una produzione indigena media di almeno 37’400 GWh nel 2035. Annualmente, vengono utilizzati in Svizzera circa 60’000 GWh, di cui 25’000 sono prodotti dal nucleare e la parte restante quasi tutta dalla forza idrica.
Il finanziamento delle energie rinnovabili avviene tramite il supplemento rete, portato dagli attuali 1,5 a 2,3 centesimi per chilowattora. Questa misura genera entrate supplementari pari a circa 480 milioni di franchi all’anno, per complessivi 1,38 miliardi. Un quarto degli introiti supplementari, ossia 120 milioni, è destinato alle grandi centrali idroelettriche esistenti.
L’aiuto all’immissione di corrente verde nella rete sarà sostituito da un sistema di tariffe di rimunerazione che prevede la loro riduzione periodica per allineare le energie rinnovabili al mercato. I gestori di impianti a partire da una certa grandezza dovranno commercializzare essi stessi la loro energia elettrica, il che li incentiverà a immettere elettricità quando la domanda sarà elevata. Le grandi centrali idroelettriche beneficeranno di un sostegno temporaneo perché, a causa dei bassi prezzi di mercato, la loro produzione di energia non riesce più a coprire i costi.
La consigliera federale Doris Leuthard sottolinea la necessità di favorire la produzione di energia indigena, ma senza la costruzione di nuove centrali nucleari. Con la strategia proposta – sostiene – sarà possibile ridurre la dipendenza dall’estero e incoraggiare la creazione di posti di lavoro in Svizzera. La Confederazione importa energia per 13 miliardi di franchi all’anno. Secondo l’Amministrazione federale, con l’aumento del supplemento rete, un’economia domestica composta di quattro persone, rispetto a oggi, pagherà circa 40 franchi in più all’anno.
Un importo «sopportabile», secondo Doris Leuthard; una «fregatura» per l’UDC e una forte minoranza del PLR. Secondo gli oppositori, l’attuazione della Strategia energetica 2050 comporta costi eccessivi, aumenta la burocrazia e i divieti, mette a repentaglio l’approvvigionamento energetico e deturpa il paesaggio. Essi non esitano a parlare di una fattura finale di 3200 franchi annui per una famiglia di quattro persone. Insomma, oltre a pagare di più, ognuno di noi dovrebbe nel contempo dimezzare o quasi il consumo energetico.
Per i fautori del referendum, energia 2050 equivale a un «salto nel buio». I risparmi colpiranno la popolazione ogni giorno sotto forma di sempre nuovi divieti e restrizioni statali. Le nuove prescrizioni costringeranno il cittadino e l’imprenditore ad acquistare nuovi costosi apparecchi, installazioni e impianti. Secondo le intenzioni del Governo, i riscaldamenti a nafta dovrebbero essere vietati dal 2029. Viaggiare in auto costerà molto di più. Diversamente dai fautori, gli oppositori sostengono che i posti di lavoro non cresceranno, ma saranno minacciati dalla minore disponibilità finanziaria delle famiglie.
La strategia energetica 2050 è la conseguenza dell’incidente al reattore nucleare di Fukushima, provocato dallo tsunami che, il 3 marzo 2011, travolse le coste giapponesi, provocando 18’000 morti e 160’000 sfollati. Qualche tempo dopo, la Svizzera decise di abbandonare il nucleare: le centrali esistenti potranno restare in esercizio fintanto che soddisfano le norme di sicurezza. Una volta spente, non potranno più essere sostituite. Occorrono dunque alternative. Ma come ovviare all’elettricità che verrà a mancare, soprattutto se si considera che la digitalizzazione, l’automatizzazione e la mobilità elettrica esigono ulteriore elettricità e che l’industria non può marciare necessariamente con l’energia eolica o con quella solare?
Gli oppositori sottolineano che la strategia messa a punto da governo e parlamento, dopo 5 anni di discussioni, non ha saputo rispondere a questa domanda. In realtà – a loro modo di vedere – il progetto è di fatto una strategia per l’importazione. Non ha però senso, non solo dal profilo ecologico, spegnere le nostre centrali, per poi importare elettricità di origine nucleare o fossile. Sebbene la Svizzera già importi energia nel periodo invernale, tra 10 anni la situazione potrebbe cambiare, dato che Francia e Germania potrebbero trovarsi a loro volta in una situazione di carenza. Gli oppositori osservano che l’apporto delle fonti rinnovabili, anche se agevolato, non colmerebbe questa lacuna, in quanto l’elettricità ottenuta in questo modo non può essere conservata e immagazzinata per l’inverno.
I giovani di varie formazioni politiche si chiedono provocatoriamente: andare avanti con un sistema energetico arcaico, oppure avanzare verso un paesaggio energetico progressista? Per il Consiglio federale, al di là di quanto è avvenuto sei anni fa in Giappone, il ripensamento delle soluzioni energetiche per il nostro Paese è anche una risposta ai cambiamenti dettati dalla caduta dei prezzi dell’elettricità. In questo ordine di idee, l’azienda fornitrice di elettricità BKW di Berna ha annunciato la chiusura della centrale nucleare di Mühleberg per il 2019, appunto per motivi di rendimento.
Il progetto divide il mondo economico: l’organizzazione mantello, economiesuisse, non ha voluto dare una raccomandazione di voto. Swissmem (industria metalmeccanica ed elettrica), swissmechanic, scienceindustrie e Gastrosuisse ritengono che la strategia non dica chiaramente come si possa giungere alla riduzione del consumo di elettricità, il cui approvvigionamento sarebbe minacciato nel 2030. Gli oppositori criticano anche l’«inutile e costoso meccanismo di sovvenzioni, che provoca un innalzamento dei prezzi legati all’elettricità per imprese e cittadini privati». Per loro, un minor consumo energetico pro capite del 43% entro il 2035, rispetto al livello del 2000, è irrealistico.
Secondo la consigliera federale Doris Leuthard, la nuova legge sull’energia rafforza invece la Svizzera perché, grazie agli incentivi, ai minori consumi e alle minori quote d’importazione di combustibili fossili, sarà possibile ridurre la dipendenza del nostro paese dall’estero (per gli oppositori, invece, aumenta) e proteggere il clima. Sicuramente un lodevole obiettivo, sempre che la strategia proposta dia frutti e che il popolo sia disposto a compiere nuovi sacrifici.