Una riforma che scricchiola

Previdenza professionale - Il Consiglio federale propone la riduzione del tasso di conversione del capitale in rendita con alcune compensazioni. Per il Parlamento il classico «prendere o lasciare». Il verdetto di nuovo al popolo?
/ 23.12.2019
di Ignazio Bonoli

Il Consiglio federale ha posto in consultazione il nuovo progetto per la riforma della previdenza professionale (le casse pensioni del secondo pilastro). Il progetto riprende tale e quale il compromesso elaborato dall’Unione Svizzera dei datori di lavoro e dai sindacati la scorsa estate. Secondo il consigliere federale Alain Berset questa mossa dovrebbe favorire un largo consenso, indispensabile per realizzare la riforma, ma da parecchie parti si sono già manifestati scetticismi e malcontenti.

Il principale pomo della discordia è la proposta di ridurre il tasso minimo di conversione del capitale di vecchiaia in rendite. Attualmente è del 6,8% e dovrebbe essere ridotto al 6%. Una riduzione che comporterebbe una diminuzione della rendita. Per un capitale di vecchiaia di 100’000 franchi, la rendita attuale di 6800 franchi verrebbe ridotta di 800 franchi, cioè del 12% circa.

Per compensare queste perdite sono proposte una serie di sovvenzioni che vanno dai 1200 ai 2400 franchi all’anno per le persone attualmente fra il 50esimo e il 64esimo anno d’età, divise in tre «tranches» di 5 anni ognuna, con una diminuzione ogni volta di 400 franchi. Anche le generazioni seguenti beneficeranno di aumenti, dal momento che per il loro finanziamento è previsto un aumento dello 0,5% dei contributi, fino a un reddito massimo di 853’200 franchi. È inoltre previsto un dimezzamento del salario di coordinamento da 24’885 a 12’443, nel chiaro intento di favorire le classi salariali inferiori e il lavoro a tempo parziale, quindi soprattutto delle donne. Infine, è previsto anche un cambiamento importante nei contributi, con una riduzione per gli assicurati più anziani e un aumento per quelli più giovani, con due sole categorie d’età: 14% per assicurati oltre i 45 anni e 9% per persone fino a 44 anni d’età.

La riforma verrà a costare, nel 2030, circa 3 miliardi di franchi, coperti per 1,4 miliardi dalla diminuzione della deduzione del salario coordinato e per 1,83 miliardi dall’aumento dei contributi dello 0,5%. Finalmente, in sostanza, si affronta il problema del tasso di conversione troppo alto sul secondo pilastro. Non a caso la Commissione di sorveglianza della previdenza professionale aveva auspicato una riduzione al 5,4% in 4 anni. Il tema è però molto ostico. Si ricorderà che, nel 2010, il popolo aveva già respinto una riduzione al 6,4%. Non solo, ma la maggior parte delle casse applica già un tasso inferiore, facendo una media ponderata tra la parte obbligatoria (con tasso fissato nella legge) e la parte non obbligatoria dell’assicurazione per la previdenza professionale. Perfino la cassa pensione del personale della Confederazione applica un tasso di conversione del 5,1% per i nuovi assicurati.

In sostanza, questa revisione avvicina il metodo del secondo pilastro a quello dell’AVS con un trasferimento di oneri delle classi più anziane verso quelle più giovani. In particolare si rimprovera al progetto di non tener conto né dell’aumento della speranza di vita, né della migliorata situazione finanziaria degli attuali pensionati. Le compensazioni sono decise per un tempo indefinito e per tutti i beneficiari di rendite. Già l’Unione svizzera arti e mestieri si è distanziata fin dall’inizio dal compromesso concordato fra le parti sociali. Non solo, ma ci sono anche importanti settori economici che, oltre all’aumento del contributo, criticano anche il modo di correggere le diminuzioni delle rendite. Particolarmente presa di mira è la mancata distinzione fra coloro che ricevono le compensazioni rispetto alla situazione economica del beneficiario, nonché la durata illimitata delle stesse. Questo avviene per semplificare la distribuzione ed evitare complicati calcoli per ogni singola situazione.

Dai primi commenti si può dedurre che l’auspicata grande intesa del Consiglio federale sarà piuttosto difficile da realizzare. Tanto più che il Parlamento non è vincolato al compromesso raggiunto. Tuttavia ogni cambiamento a livello politico rischia di mettere in discussione tutta l’intesa. La minaccia di referendum è già nell’aria, anche se solo la consultazione metterà in evidenza le varie aspettative politiche. Il messaggio del governo dovrebbe essere pronto nel 2020. Le Camere dovrebbero concludere le discussioni nel 2022. Un’eventuale votazione popolare potrebbe aver luogo nel 2023 e la riforma potrebbe entrare in vigore nel 2025.