Un presidente da scoprire

Francia-Svizzera – Pur suscitando reazioni positive in molti ambienti elvetici, resta da capire quale impatto avrà l’elezione di Emmanuel Macron sulle relazioni fra Berna e Parigi, in particolare in materia fiscale e finanziaria
/ 15.05.2017
di Marzio Rigonalli

L’elezione di Emmanuel Macron ha suscitato molte reazioni positive in Svizzera. I consiglieri federali che detengono i principali dossier dei rapporti con la Francia, ossia Didier Burkhalter per gli esteri, Johann Schneider Ammann per l’economia e, ovviamente, Doris Leuthard, nella veste di presidente della Confederazione, hanno avuto parole di compiacimento e di simpatia. Come tanti altri leader politici sulla scena internazionale, sono stati impressionati dal rapido percorso politico di Macron, dalla sua audacia, dalla sua capacità di rompere gli steccati partitici tradizionali ed a creare qualcosa di nuovo, nonché dalla sua giovane età. Tra le espressioni di simpatia si è intravista anche un po’ di prudenza, suggerita dalla nuova situazione creatasi a Parigi e dai due nuovi ostacoli che Macron dovrà superare nelle prossime settimane: la formazione di un nuovo governo, capace di preservare lo slancio ricevuto dall’elezione popolare, e le elezioni legislative, attraverso le quali il nuovo presidente può ottenere la maggioranza parlamentare necessaria per governare. Se supererà con successo anche questi due ostacoli, Macron avrà coronato l’opera che iniziò un anno fa e avrà dato una nuova prospettiva al futuro che attende la Francia e tutta l’Europa.

Quali saranno le relazioni della Francia di Macron con la Svizzera? Non ci sono certezze, perché il nostro paese non è stato menzionato nel suo programma elettorale e nelle poche interviste in cui ne ha parlato, non è andato oltre la sottolineatura dei buoni rapporti storici e di vicinato. Per trovare alcuni punti di appiglio, conviene distinguere le relazioni bilaterali dal dossier Europa.

L’intreccio dei rapporti tra la Svizzera e la Francia è molto intenso. I due paesi sono legati da una lingua comune e da valori fondamentali condivisi, come la libertà e la democrazia. Hanno una frontiera comune di circa 600 chilometri, che ogni giorno vien attraversata da 160’000 cittadini francesi che vengono a lavorare in Svizzera. In Francia risiedono 200’000 cittadini svizzeri, che costituiscono la comunità elvetica più importante all’estero. La Francia è il nostro quarto partner commerciale dopo la Germania, gli Stati Uniti e l’Italia.

L’importante mappa di interessi, talvolta comuni, talvolta opposti, ha originato un’attività diplomatica che le due parti definiscono cordiale, ma che presenta anche alcuni problemi. I due principali settori in cui si sono manifestate delle divergenze riguardano la battaglia contro l’evasione fiscale ed i frontalieri. Per le questioni fiscali, basta ricordare le tensioni sorte con la vicenda che ha avuto come protagonista Hervé Falciani, l’informatico che aveva rubato i dati sui conti segreti di 100’000 clienti della banca HSBC di Ginevra e che li aveva trasmessi alle autorità fiscali della Francia e di altri paesi. Oppure la lunga trattativa in vista di un’intesa concernente la fiscalità applicabile nell’area dell’EuroAirport di Basilea-Mulhouse, sfociata in un accordo intergovernativo firmato lo scorso mese di marzo. L’accordo è importante per lo sviluppo di tutta la regione, ma bisognerà vedere se verrà effettivamente applicato. Attualmente, vi è il conflitto con l’UBS in Francia, accusata di aver aiutato clienti francesi ad evadere il fisco. La banca ha rifiutato di sottoscrivere un accordo extragiudiziale di 1,1 miliardi di euro e dovrà difendersi davanti ai tribunali. Vi sono divergenze anche sull’imposizione forfettaria, di cui possono godere i cittadini francesi che risiedono in Svizzera e che non vi esercitano un’attività lucrativa. Il fisco francese tassa fortemente questi suoi nazionali e mette a dura prova l’accordo bilaterale di doppia imposizione. Per quanto riguarda i frontalieri, infine, vi sono problemi che riguardano le assicurazioni sociali, in particolare l’applicazione dell’assicurazione contro la disoccupazione. In questi ultimi anni, Berna ha sperimentato le difficoltà a negoziare con un governo, prima quello di Sarkozy e poi quello di Hollande, messo sotto pressione dal bisogno di trovare soldi e convinto che la Svizzera non s’impegnava sufficientemente nella lotta contro l’evasione fiscale. Resta da vedere se Emmanuel Macron, ex banchiere, saprà dimostrarsi più aperto e conciliante sulle questioni fiscali e finanziarie, o se confermerà la linea seguita finora dalla diplomazia francese.

Il cambiamento più importante con l’arrivo all’Eliseo di Macron potrebbe avvenire nei nostri rapporti con l’Unione europea. Macron vuole rilanciare l’asse Parigi-Berlino, un asse fondamentale per la pace e la stabilità in Europa. Si propone anche di rafforzare la zona euro con la creazione di un bilancio della zona e di un ministro dell’economia comune. Infine, vuol proteggere l’economia europea dalla concorrenza degli altri colossi economici mondiale, come gli Stati Uniti e la Cina. È una strategia che tende a rafforzare l’Unione europea ed a ridefinire i suoi rapporti economici con il resto del mondo. Per ora siamo ancora nell’ambito delle intenzioni, ma se il progetto troverà consensi tra gli alleati europei, nonché un’applicazione pratica, due conseguenze almeno potrebbero risultare per la Svizzera. In primo luogo, Macron potrebbe contribuire a rendere duro il negoziato sulla Brexit, vanificando la speranza di chi sosteneva che con una Brexit non troppo amara, la Svizzera avrebbe trovato nuove possibilità e strade innovative nei suoi rapporti con l’UE. In secondo luogo, il rafforzamento e la protezione della zona euro potrebbero rendere più difficile l’accesso al mercato unico. Un accesso che, per quanto riguarda la Svizzera, l’UE vuole regolamentare con un accordo istituzionale. Se questa ipotesi si rivelerà giusta, la Svizzera dovrà prepararsi a subire ulteriori pressioni, tese a farle accettare un accordo, che almeno per ora, non è disposta a sottoscrivere.