Chi voleva l’abolizione del canone radiotelevisivo è uscito con le ossa rotte. Il popolo ha respinto con oltre il 71% l’iniziativa popolare «No Billag». Il rifiuto è stato forte in tutti i cantoni, senza alcune eccezione, ed ha messo in rilievo tre fatti importanti: gli svizzeri sostengono il monopolio radiotelevisivo, approvano la sua applicazione in tutte le regioni e le parti del paese, e la maggioranza si è dimostrata solidale nei confronti delle minoranze, consentendo a tutti di continuare ad usufruire, più o meno, della stessa offerta radiotelevisiva. In altre parole, hanno voluto preservare quella che vien considerata ormai un’istituzione nazionale. Il massiccio «no» offre pochi spunti per un’analisi dettagliata del risultato. Si può comunque osservare che il rifiuto più forte è venuto dai cantoni romandi e che nella classifica dei contrari all’iniziativa, il canton Grigioni, unico cantone trilingue, occupa il quarto posto, con il 77,2%, dietro a Neuchâtel, Giura e Friburgo, e che il Ticino si situa al penultimo posto, con il 65,5%, davanti a Svitto, buon ultimo con il 62,4%.
Contrariamente a quanto avviene di solito in simili situazioni, la chiarezza del risultato non pone fine né alla discussione sull’opportunità di mantenere il canone radiotelevisivo, né ai tentativi di ridurne l’importo da parte di chi vuol ridimensionare il monopolio. Tre sono gli ambiti in cui assisteremo probabilmente a nuove decisioni, anche se saranno meno radicali di quella che chiedeva l’iniziativa popolare.
Le prime misure verranno adottate all’interno della SSR. Il giorno della votazione, il direttore generale Gilles Marchand ha annunciato alcune misure concrete. Ha parlato di un piano di risparmi per 100 milioni di franchi, di una maggiore collaborazione con le radio e le televisioni private, nonché di un primo intervento sulla pubblicità che porterà a togliere gli annunci pubblicitari durante la diffusione dei film. Ha anche accennato a una profonda riflessione che l’azienda intende fare ancora quest’anno, prima di intervenire sui contenuti che offre, sulle sue strutture, su un suo eventuale ridimensionamento e sull’adeguamento alle nuove modalità di fruizione dei prodotti mediatici.
Il secondo ambito è quella della politica. Il Consiglio federale ha già ridotto il canone a 365.– franchi a partire dal 1. gennaio 2019 ed ha lasciato la porta aperta ad ulteriori riduzioni negli anni successivi. In Parlamento sono pendenti almeno tre proposte che tendono a diminuire i mezzi a disposizione della SSR. Due proposte provengono da altrettanti consiglieri nazionali UDC e chiedono la riduzione del canone a 300.– franchi annui, nonché l’esenzione dal pagamento del canone per le aziende. La terza proposta proviene da un senatore PPD e chiede di aumentare dal 6% al 10% la parte del canone che vien versato alle radio locali ed alle televisioni regionali, nonché di usare una parte del canone per aiutare la stampa scritta.
Infine, è già emersa l’idea di un’altra azione a livello popolare con una nuova iniziativa costituzionale. Questa volta l’iniziativa potrebbe venir lanciata dall’UDC e avrebbe come fine la riduzione del canone a 200.– franchi annui. Il suo presidente, Albert Rösti, ha già dichiarato che agirà in questo senso se le richieste formulate dal suo partito a livello parlamentare non verranno soddisfatte.
Le intenzioni dichiarate ed i progetti in sospeso sono dunque numerosi, e singole risposte rischiano di essere soddisfacenti soltanto per pochi. Per giungere a soluzioni condivise ci vuole una riflessione globale, seguita da un’azione che tenti di risolvere i principali problemi del settore dei media. Si tratta di ridefinire il servizio pubblico mediatico, di stabilire la portata del finanziamento pubblico alla SSR ed alle radio e televisioni private, nonché di prescrivere eventuali aiuti ai media online ed alla stampa scritta. Occorre anche determinare le modalità d’accesso ad internet ed alle risorse che offre la pubblicità online. L’occasione può essere colta presto, quando verrà discussa la legge sui media elettronici che sostituirà l’attuale legge sulla radio e la televisione. Il Consiglio federale sta preparando un progetto di legge che dovrebbe essere pronto a metà anno.