Un miliardo per le Olimpiadi

Sion 2026 - Il Consiglio federale concede un importante credito per riportare i Giochi invernali in Svizzera dopo 70 anni. Ma sarà arduo superare lo scoglio del Parlamento federale e di un’eventuale votazione popolare
/ 30.10.2017
di Marzio Rigonalli

Il sogno dei promotori del progetto «Sion 2026» diventerà realtà? La Svizzera sarà il paese organizzatore delle Olimpiadi invernali del 2026? L’interrogativo è riemerso con forza dopo la decisione del Consiglio federale di stanziare un credito di quasi un miliardo di franchi per la realizzazione del progetto. La candidatura «Sion 2026» ha già superato alcuni ostacoli ed affronta ora la fase conclusiva, ricca d’importanti decisioni. Il progetto si fonda sull’uso delle infrastrutture esistenti e prevede il coinvolgimento di quattro cantoni, ossia Vallese, Vaud, Friburgo e Berna, chiamati ad ospitare, durante due settimane, le varie competizioni. Anche il canton Grigioni vien coinvolto per le gare di bob, grazie alla pista di St. Moritz, l’unica esistente in Svizzera.

La decisione del Consiglio federale non è definitiva. Deve ancora essere approvata dalle Camere federali e potrebbe anche sfociare in una votazione popolare. Le prime reazioni tra i parlamentari non sono state incoraggianti. Due partiti, l’UDC ed i Verdi, si sono schierati subito contro il previsto finanziamento federale. I socialisti sono divisi. Tra di loro ci sono, per esempio, la consigliera nazionale Silva Semadeni, presidente di Pro Natura, l’organizzazione impegnata nella salvaguardia del patrimonio naturale, contraria al progetto, e Hans Stöckli, consigliere agli Stati bernese, vicepresidente del comitato promotore di «Sion 2026». I liberali radicali attendono ulteriori informazioni sul finanziamento, prima di prendere posizione. Soltanto il PPD si è subito espresso chiaramente in favore del progetto.

A monte dello scetticismo degli uni e del quasi entusiasmo degli altri vi sono varie considerazioni. I contrari fanno leva sul costo del progetto. Sostengono che le finanze federali non attraversano un buon momento e che occorrerebbe procedere coi piedi di piombo. Non accettano che si proceda a risparmi in settori importanti come la difesa dello Stato, la formazione o l’aiuto allo sviluppo e che si spenda un miliardo per le Olimpiadi. Inoltre, aiutati da esperienze passate, diffidano delle cifre proposte. Sostengono, con qualche buona ragione, che i costi finali delle Olimpiadi si sono sempre rivelati superiori a quanto era stato preventivato, e citano anche le grandi manifestazioni che in passato si sono svolte in Svizzera e che si sono rivelate più care del previsto, come per esempio Expo 02, la sesta esposizione nazionale. Infine, quando verranno chiusi i conti, temono che la Confederazione sia costretta a garantire la copertura del deficit e, quindi, a riportare sui cittadini una spesa supplementare non preventivata. I favorevoli al progetto, invece, evidenziano i vantaggi che la Svizzera potrebbe trarre dallo svolgimento delle Olimpiadi sul proprio territorio. Per un periodo non trascurabile, l’attenzione di tutti gli sportivi verrebbe focalizzata sul territorio elvetico, sulle sue bellezze naturali e sulla sua attrattiva. Sostengono che ne risulterebbero parecchi impulsi positivi per il turismo e l’economia in genere. Inoltre, vi vedono la possibilità di rafforzare l’immagine internazionale della Svizzera e di mostrare al mondo che la Confederazione sa organizzare un grande evento internazionale, mantenendolo entro una cornice ragionevole e non imitando progetti smisurati che si sono già visti in passato, come per esempio gli ultimi Giochi olimpici invernali di Sochi.

Il dibattito sul finanziamento della Confederazione sarà molto agitato in seno alle Camere federali e l’esito, almeno per ora, sembra molto incerto. Un primo sondaggio, svolto dalla «Sonntagszeitung» tra i deputati, ha evidenziato che soltanto 23 parlamentari su 80 sono favorevoli al finanziamento federale, mentre 43 sono contrari. Un voto negativo del Parlamento affosserebbe la candidatura «Sion 2026». Il consigliere federale Guy Parmelin, responsabile del dossier, dovrà dunque svolgere un’intensa opera di convincimento, soprattutto tra i rappresentanti del suo partito, se vorrà garantire alla candidatura elvetica la possibilità di arrivare in fondo al lungo iter che ancora l’attende e di essere scelta dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO).

L’approvazione delle Camere federali non sarebbe però ancora sufficiente, perché molti parlamentari hanno già dichiarato di voler sottoporre la questione al voto popolare. Il referendum finanziario, facoltativo od obbligatorio, è previsto in molti comuni e cantoni, ma non è contemplato a livello federale. In passato, sono stati fatti diversi tentativi per introdurlo, ma tutti sono stati bocciati. Per consentire al popolo di votare sulla spesa di un miliardo di franchi, bisognerà indurre il Consiglio federale ad introdurre il credito in una legge federale sottoposta al referendum facoltativo. È un’ipotesi realizzabile, visto l’alto numero di parlamentari contrari al credito.

Infine, la candidatura olimpica dovrà superare anche gli scogli che ancora esistono in seno ai quattro cantoni coinvolti nell’organizzazione. Il Vallese si pronuncerà in votazione popolare il 10 giugno 2018, sullo stanziamento di un credito di 61,8 milioni di franchi. Negli altri tre cantoni non sono ancora state previste consultazioni popolari, ma non sono nemmeno state escluse. Un no vallesano al credito cantonale il prossimo 10 giugno affosserebbe la candidatura olimpica, mentre il rifiuto popolare in uno degli altri tre cantoni non avrebbe probabilmente conseguenze così gravi, ma creerebbe nuovi grossi problemi.

Fin ora la Svizzera ha organizzato due volte le Olimpiadi invernali, nel 1928 a St. Moritz e nel 1948, sempre nella stazione grigionese. Da allora sono passati quasi 70 anni. Durante questo periodo, sono emerse ben nove candidature, di cui 2 per i Giochi olimpici estivi, voluti da Losanna, e 7 per quelli invernali. Una parte delle candidature invernali è stata bocciata dal popolo in votazione popolare. È stato così per le candidature Sion 1968, Berna 2010, Grigioni 2022 e Grigioni 2026, quest’ultima affossata lo scorso mese di febbraio, nonostante il voto favorevole del Gran Consiglio. Hanno avuto una vita un po’ più lunga, invece, ben tre candidature vallesane: Sion 1976, sconfitta da Denver, Sion 2002, battuta da Salt Lake City, e Sion 2006, sconfitta da Torino. In quest’ultimo caso, grande fu la delusione vissuta nel cantone, che aveva approvato i Giochi con il 67 per cento dei votanti, e tra i fautori del progetto, tra i quali, in prima fila, c’erano l’allora consigliere federale Adolf Ogi, nella veste di presidente del comitato promotore, ed il governo cantonale.

La travagliata storia delle candidature elvetiche e gli ostacoli che la candidatura «Sion 2026» deve ancora superare, rendono complicato qualsiasi pronostico. La prudenza sulla nuova candidatura è di rigore. Il problema principale rimane il finanziamento e la certezza sulla somma che la Confederazione dovrà sborsare. Una certezza che si può raggiungere soltanto ponendo un limite alla garanzia di deficit. Resta però da vedere se il Comitato Olimpico Internazionale accetterà che la Svizzera non si faccia carico di un eventuale superamento dei costi preventivati. La sua scelta per le Olimpiadi del 2026 avverrà soltanto fra due anni, nell’ottobre 2019. È un periodo abbastanza lungo, che non consente di escludere eventuali sorprese e possibili colpi di scena.