UBS, una sentenza che preoccupa

Evasione fiscale - Il Tribunale federale ha autorizzato la consegna alla Francia dei dati di oltre 40’000 clienti francesi dell’UBS creando preoccupazioni sul piano bancario e politico
/ 05.08.2019
di Ignazio Bonoli

Un articolo della «NZZ am Sonntag» ha riportato all’attenzione pubblica la sentenza del Tribunale federale che obbliga l’UBS a fornire al fisco francese i dati di oltre 40’000 clienti della banca, considerati in Francia possibili evasori fiscali. Vista l’importanza del tema e l’interesse delle parti, la seduta del TF è stata pubblica. Si sono così venute a sapere le difficoltà del Tribunale di trovare nel suo interno un accordo su un tema che determinerà l’atteggiamento delle autorità svizzere nell’applicazione delle regole internazionali sullo scambio automatico di informazioni fiscali e nell’interpretazione degli accordi sulla doppia imposizione, conclusi dalla Svizzera con molti paesi.

Per il momento il Tribunale federale ha considerato che la documentazione della Francia, sulla quale si basa la domanda di assistenza amministrativa, sia sufficiente a dimostrare che contenga nomi di evasori fiscali e non sia frutto di azioni illegali. Anche le assicurazioni che questi dati non verranno utilizzati nel processo penale contro l’UBS in Francia sono considerate attendibili da una maggioranza dei giudici federali. Così facendo, il TF ha contestato i dubbi sorti in precedenza circa il carattere di «fishing expedition» della richiesta francese.

Dal canto suo, l’UBS ha fatto sapere di attendere le motivazioni scritte della sentenza, prima di pronunciarsi, ma anche di aspettarsi che l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) si attenga strettamente al principio di «specialità», prima di comunicare i dati. Il ministro delle finanze Ueli Maurer ha fatto comunque notare che la Svizzera si attiene agli standard internazionali anche in questo annoso caso di assistenza giudiziaria e che anche in futuro esaminerà attentamente che le premesse per la trasmissione di dati siano pienamente rispettate.

Nonostante tutte le rassicurazioni sussistono parecchi dubbi sulle caratteristiche della richiesta francese di assistenza. Intanto i dati delle autorità parigine provengono da liste in mano al fisco germanico, sottratte illegalmente all’UBS nel 2012 e 2013. Le autorità francesi giustificano l’azione, poiché si tratta di nomi di soggetti fiscali francesi che si sarebbero sottratti al pagamento delle imposte, per gli anni dal 2010 al 2015. Nel 2018, l’AFC faceva sapere all’UBS che avrebbe aderito alla richiesta francese di assistenza. Contro la decisione, l’UBS si è rivolta al Tribunale amministrativo federale che le ha dato ragione, giudicando le richieste francesi troppo generiche e non tali da dimostrare che le persone interessate abbiano tutte realmente evaso il fisco.Il Tribunale federale non è però stato della stessa opinione, considerando invece la richiesta come una «domanda di gruppo», da trattare come tale e con i criteri corrispondenti. Le divergenze sono nate appunto sulla valutazione di questi criteri. In seduta pubblica, un giudice ha seguito le indicazioni dell’istanza precedente, che diceva potersi trattare in sostanza di una grande operazione di «fishing», la più grande di tutta la storia. Il presidente del Tribunale ha riassunto la situazione dicendo che così facendo si afferma che il solo fatto di avere un conto presso una banca, coinvolta in una procedura giudiziaria, sia sufficiente per concedere l’assistenza amministrativa. Gli altri tre giudici hanno però ritenuto che la Francia abbia sufficientemente documentato il sospetto che nelle liste a sua disposizione vi siano evasori fiscali. Circa l’altro punto controverso, cioè la probabile utilizzazione dei dati nel processo in Francia contro l’UBS, il TF ha giudicato che, sulla base del trattato sulla doppia imposizione con la Francia, questo non è possibile. Cosa alquanto dubbia se è vero, secondo uno dei giudici federali, che nel processo di prima istanza contro l’UBS a Parigi, è stato detto esplicitamente che questi dati verranno usati anche nel processo penale.

Le difficoltà e le divergenze del Tribunale federale lasciano capire quanto delicata sia la questione. Per questo – nonostante che di regola le sentenze del TF non vengano discusse – si può capire l’allarme sorto in Svizzera non solo negli ambienti bancari, ma anche in quelli politici. Se ogni volta di fronte a casi analoghi vengono usati gli stessi criteri, quel poco che rimane in Svizzera della protezione della sfera privata andrà totalmente scomparendo. Ancora una volta non si può far a meno di pensare che nei trattati internazionali la Svizzera pratica uno scrupoloso rispetto delle regole, ma non può mai essere sicura che la controparte faccia altrettanto. Tuttavia, dopo gli accordi internazionali sugli standard OCSE e i vari trattati bilaterali sulla doppia imposizione, lo spazio di manovra per la Svizzera è molto ridotto. Anzi, una sentenza come quella nel caso UBS potrebbe aprire la porta a tutta una serie di richieste di altri paesi, in particolare per quanto avvenuto prima della firma dei trattati citati. Eppure le banche svizzere hanno fatto molto per risolvere le questioni del passato, spesso in accordo con le autorità dei paesi interessati e dopo la firma dei trattati sullo scambio automatico di informazioni, la Svizzera fornisce regolarmente dati ad altri paesi, nel rispetto delle regole stabilite. Da qui l’accorato appello di uno dei giudici del TF a rivedere le leggi e le prassi che si applicano a questo delicato contesto.