Tassi bassi ancora a lungo

Politica monetaria - Le banche nazionali li favoriscono con la riduzione dei tassi direttori. Si teme un rallentamento della congiuntura e il franco svizzero diventa bene rifugio
/ 26.08.2019
di Ignazio Bonoli

Anche i primi giorni del mese d’agosto sono stati contrassegnati da forti movimenti sui mercati finanziari. L’acuirsi del contrasto fra Cina e Stati Uniti sulla questione dei dazi doganali ha avuto ripercussioni sui mercati valutari. Qui una svalutazione della moneta cinese, in risposta a nuovi dazi americani sui prodotti cinesi, ha suscitato non poche preoccupazioni. Una delle conseguenze è stata ancora una volta una spinta al rialzo sul franco svizzero, considerato moneta rifugio per eccellenza. Anche il mercato dell’oro ha subito forti spinte al rialzo per gli stessi motivi.

La Banca Nazionale Svizzera si è mossa per evitare soprattutto una troppo forte rivalutazione dell’euro sul franco svizzero. Ma la forte domanda di franchi non ha modificato la tendenza al continuo calo dei tassi di interesse anche in Svizzera. Alcune banche hanno perfino annunciato l’introduzione di tassi di interesse negativi sui depositi che superano una certa cifra. Si è quindi intensificata la tendenza agli investimenti in beni materiali (tra i quali gli immobili) e alla tesaurizzazione, in attesa di tempi migliori. Ma entro quando i tempi potranno essere migliori è sempre più difficile prevedere.

I tassi di interesse negativi si sono, infatti, generalizzati a livello mondiale e in taluni casi con proporzioni superiori a quelle svizzere. Del resto di questa evoluzione sono complici anche alcune banche centrali, come quella americana e quella europea, che hanno decretato nuove diminuzioni dei loro tassi direttori. A questa tendenza non può sottrarsi nemmeno la Banca Nazionale Svizzera.

Molto dipenderà dall’evoluzione del rapporto franco-euro. Già la soglia di 1,10 franchi, toccata a inizio agosto, ha creato preoccupazioni soprattutto fra gli esportatori elvetici. E questo proprio in un momento in cui il loro partner principale, la Germania, è ormai giunto sull’orlo della crisi. Nel mondo bancario svizzero non si nascondono timori di una discesa dell’euro fin verso 1,05 franchi, il che potrebbe provocare una stabilità dei tassi della BNS almeno fino al 2020. Non si esclude però una lieve modifica al ribasso all’inizio del prossimo anno.

Per quanto concerne i tassi di interesse negativi, non si prevede un cambiamento di tendenza per i prossimi due anni. Tuttavia, alcune banche ritengono molto limitato lo spazio di manovra per un’eventuale riduzione dei tassi direttori. Uno dei compiti della BNS è anche quello di mantenere una certa stabilità sui mercati finanziari, per cui è necessaria la massima prudenza nelle manovre sui tassi direttori.

In un simile contesto diventa sempre più difficile, tanto per il privato, come per gli investitori istituzionali, orientare i propri investimenti finanziari. Secondo alcuni esperti, fra cui il VZ Vermögenszentrum di Zurigo, i tassi di interesse bassi, o perfino negativi, dureranno ancora per parecchi anni in Svizzera. I più ottimisti, come il Capo dell’Ufficio investimenti dell’UBS, si limitano al minimo a due anni. Dal canto suo, il Capo economista della Banca Migros aggiunge che se anche i tassi d’interesse negativi scompariranno, non si potrà tornare subito alla precedente normalità. Probabilmente i tassi di interesse resteranno bassi per i prossimi dieci anni. Scenario che è ritenuto plausibile anche da altre banche.

Le implicazioni per gli investitori sono chiare. Essi devono tener conto non solo dei tassi di interesse, ma anche dell’inflazione. Un minimo di inflazione basta per rendere negativi i rendimenti reali degli investimenti, per cui si vede scendere il valore del proprio denaro. Oggi gli investimenti cosiddetti sicuri, come i titoli di Stato, sono importanti in molti portafogli, nell’ambito di qualsiasi diversificazione dei rischi. Di questi tempi però, anche in questo caso la perdita è sicuramente garantita.

Di conseguenza, anche nella gestione di portafogli istituzionali, per esempio come quelli delle casse pensioni, per ottenere almeno un rendimento del 4-5% si deve essere disposti a correre maggiori rischi che in passato. Ricordiamo in proposito che la prevista riduzione del rendimento, chiesto dalla Legge sulla previdenza professionale, si fermerà al 6%. Secondo molti gestori di patrimoni non resta che rifornire il portafoglio con azioni o anche immobili.

Senza entrare in altri particolari per le alternative possibili, possiamo constatare che per le azioni si punta a una lunga durata e quindi si attendono i dividendi. Se, però, le aziende soffrono del momento congiunturale, può nascere qualche problema. Lo stesso ragionamento vale anche per gli immobili dove ci si avvicina a una saturazione e a un calo congiunturale della domanda. Se poi ci si rivolge all’estero, c’è anche il rischio di cambio. Secondo il CEO della Raiffeisen, una rendita lorda degli immobili non può scendere sotto il 3% per essere una possibile alternativa.