«Previdenza 2020» ha superato con successo, ma di strettissima misura, l’ultimo ostacolo dell’iter parlamentare. Nella votazione determinante, il Consiglio degli Stati ha ottenuto una confortevole maggioranza; il Consiglio nazionale, invece, ha raggiunto i 101 voti necessari, ma sarebbe stato sufficiente un voto in meno per far cadere tutto il progetto. Tanti, dunque, sono stati i sospiri di sollievo fra coloro che da mesi hanno sostenuto la riforma ed altrettanti sono stati i visi delusi tra coloro che l’hanno combattuta. Rimane ancora un ultimo ostacolo da superare, quello della votazione popolare che, con ogni probabilità, si terrà il 24 settembre.
Il progetto approvato comprende numerose novità. Le principali sono: la riduzione del tasso di conversione della rendita del secondo pilastro dei nuovi pensionati dal 6,8 % al 6,0%, con la conseguente riduzione della rendita mensile del 12%; l’aumento della rendita mensile dell’AVS di 70 franchi, per i nuovi pensionati, per compensare la perdita registrata con il secondo pilastro; l’età di pensionamento delle donne salirà da 64 a 65 anni e verrà così parificata con quella degli uomini; il tetto per le rendite per coniugi verrà portato dal 150% al 155%; il finanziamento dell’AVS verrà rafforzato con un aumento dell’IVA dello 0,6%, di cui 0,3% nel 2018 e 0,3 nel 2021. I cambiamenti che riguardano l’AVS entreranno in vigore nel 2018; quelli che toccano il secondo pilastro, invece, nel 2019.
Il testo definitivo è emerso dalla conferenza di conciliazione delle due Camere federali, una procedura che dimostra quanto profonda sia stata la spaccatura fra i parlamentari. Le forze politiche che si sono rivelate determinanti nell’approvazione del progetto, sono state il partito popolare democratico, il partito socialista, i verdi, il partito democratico borghese e, nelle ultime votazioni, i verdi liberali ed i rappresentanti della Lega. Sono le forze che detengono la maggioranza al Consiglio degli Stati. Le forze politiche che, invece, si sono opposte, ma senza successo, sono state l’unione democratica di centro ed il partito liberale radicale. Loro detengono la maggioranza al Consiglio nazionale. Una maggioranza che, in questo caso, è venuta meno, per una manciata di voti.
I due punti di maggiore contrasto tra i due schieramenti sono stati l’aumento mensile della rendita AVS di 70 franchi per compensare la perdita della rendita del secondo pilastro e l’innalzamento dell’età pensionabile per tutti. Il centro-sinistra ha optato per l’aumento della rendita AVS, perché consente a tutti di ottenere subito un compenso e perché così vien privilegiato il primo pilastro che rappresenta il sistema più solidale. Il centro-destra, invece, temendo le conseguenze finanziarie di un’estensione delle prestazioni dell’AVS, ha chiesto di compensare la diminuzione della rendita all’interno del secondo pilastro, con l’aumento dei prelevamenti sui salari. Sullo sfondo c’era anche la volontà di mantenere separati il primo ed il secondo pilastro, nonché d’impedire il rafforzamento del ruolo dello Stato all’interno delle assicurazioni sociali. Il centro-destra ha tentato anche d’introdurre un sistema che consentisse di aumentare l’età di pensionamento fino a 67 anni, nel caso in cui il fondo AVS registrasse ingenti perdite, ma vista l’opposizione che si è subito manifestata tra i parlamentari, nei sindacati e anche nella popolazione, attraverso varie prese di posizione, ha preferito rinunciare.
Resta ora da vedere se la riforma approvata dalle Camere riuscirà a superare lo scoglio della votazione popolare d’inizio autunno. Il partito socialista ed i verdi la sostengono, ma delle voci contrarie si sono già manifestate su questa sponda politica. In particolare, nei sindacati Vpod e Unia e tra le organizzazioni femminili, che stentano ad accettare l’aumento dell’età di pensionamento da 64 a 65 anni. Converrà comunque attendere le varie prese di posizione che si manifesteranno nelle prossime settimane, per poter avere un quadro più completo della situazione. L’approvazione popolare porrebbe l’ultimo sigillo alla riforma e consentirebbe alla sinistra, uscita vittoriosa nella votazione popolare dello scorso 12 febbraio sulla Riforma III dell’imposizione delle imprese, di continuare a beneficiare di questo periodo a lei favorevole. Il rifiuto popolare costituirebbe, invece, una sconfitta per la sinistra e per il consigliere federale Alain Berset, che è stato il primo attore di questa riforma, e obbligherebbe la classe politica a riprendere il dossier e ad elaborare un altro progetto in tempi abbastanza rapidi.
Guardando al futuro, «Previdenza 2020» dovrebbe consentire al fondo AVS di non incontrare problemi fino al 2030. Dopo questa data, tenuto conto dell’evoluzione demografica e del progressivo invecchiamento della popolazione, bisognerà mettere mano ad una nuova riforma. Resta da vedere, ed i pareri sono molto divergenti, se il nuovo progetto si rivelerà sufficientemente equilibrato, in particolare se gli interessi di tutte le generazioni verranno difesi in modo equo, quelli di coloro andranno in pensione nei prossimi quindici anni, ma anche quelli dei più giovani, di chi, con qualche buona ragione, teme di dover far fronte, più tardi, a problemi pensionistici ben più gravi di quelli attuali.
Sul piano strettamente politico, la riforma offre lo spunto a due riflessioni. In primo luogo, il lungo iter parlamentare ha messo in luce la forte polarizzazione che caratterizza la scena politica svizzera e la variabilità delle maggioranze che si costituiscono a livello parlamentare. Il centro-destra ed il centro-sinistra si sono affrontati apertamente. Il centro-destra è stato compatto fino all’ultimo ostacolo parlamentare, poi ha perso alcuni voti che sono emigrati sull’altra sponda. Il centro-sinistra, invece, è rimasto compatto ed è riuscito a far passare la sua versione. La maggioranza emersa, però, non la ritroveremo necessariamente in futuro, di fronte ad altri importanti dossier. D’altronde, anche in un recente passato abbiamo assistito alla formazione di altre maggioranze. Per esempio, la legge d’applicazione della norma costituzionale sull’immigrazione di massa è avvenuta con il centro-destra spaccato. Il PLR ha votato a favore e l’UDC ha votato contro. Dopo le ultime elezioni federali, con l’avanzata del centro-destra, si è ipotizzata una svolta a destra della politica federale. Questa svolta non è avvenuta, almeno fin ora, né a livello parlamentare, come dimostra l’approvazione della «Previdenza 2020», né in seno alla popolazione, come attesta il successo del referendum contro la legge sulla Riforma III dell’imposizione delle imprese, fortemente voluta dalla destra.
In secondo luogo, conviene sottolineare che il settore delle assicurazioni sociali aveva bisogno, da ormai molto tempo, di una profonda riforma come quella approvata ora. I tentativi intrapresi negli ultimi 20 anni sono perlopiù falliti, l’ultimo è avvenuto il 25 settembre 2016 con l’iniziativa popolare «AVS plus: per un’AVS forte». L’iniziativa voleva aumentare tutte le rendite vecchiaia AVS del 10%, ma è stata bocciata dal popolo e dai cantoni. Con la «Previdenza 2020» si è trovata una soluzione ad uno dei tre principali dossier di questa legislatura. Gli altri due sono la Strategia energetica 2050, sulla quale saremo chiamati a votare il prossimo 21 maggio, e l’assetto delle relazioni con l’Unione europea, relazioni che sono in parte bloccate e che richiedono di trovare convergenze su alcuni punti controversi.