L’uscita della Gran Bretagna dal- l’Unione europea ha provocato un ampio dibattito sulle sue conseguenze, sui possibili nuovi equilibri internazionali, sul futuro dell’Unione europea e sui rapporti che Londra e Bruxelles riusciranno a stabilire. Anche la Svizzera è coinvolta ed interessata, seppur in maniera meno importante. Lo è per due ragioni: per le nuove relazioni che riuscirà a concordare con la Gran Bretagna e per i contraccolpi che il futuro negoziato tra il Regno Unito e l’Unione europea avrà sul negoziato bilaterale tra Berna e Bruxelles. Un negoziato che è in corso da anni e che tende a definire un accordo istituzionale suscettibile di dare un’ampia base giuridica, e quindi la necessaria sicurezza, ai trattati bilaterali.
Con la partenza del Regno Unito è iniziato un periodo di transizione che si concluderà il 31 dicembre 2020, entro la quale Londra e Bruxelles dovrebbero raggiungere un nuovo accordo. La transizione potrebbe venir prolungata, ma il condizionale è di rigore, perché il primo ministro britannico Boris Johnson ha già dichiarato che vuole concludere la trattativa con l’UE entro la fine di quest’anno, anche se non verrà raggiunta un’intesa. Durante questa fase transitoria le relazioni tra la Svizzera e la Gran Bretagna non cambieranno. Gli accordi bilaterali conclusi tra Berna e Bruxelles continueranno ad essere applicati anche al Regno Unito, che fa sempre parte del mercato interno europeo e dell’unione doganale, ma che non possiede più alcun diritto di codecisione. Non ci saranno dunque cambiamenti né per le aziende, né per i cittadini elvetici. Dopo la fine del periodo di transizione, le relazioni tra Berna e Londra avranno un nuovo volto. Si fonderanno in parte su alcuni accordi bilaterali che le due capitali hanno già concordato negli ultimi due anni, e in parte su nuove intese bilaterali che verranno definite più tardi.
Le relazioni tra la Svizzera e la Gran Bretagna hanno una certa rilevanza. Il Regno Unito rappresenta il sesto partner commerciale della Svizzera. È il sesto mercato d’esportazione per le merci svizzere e l’ottavo mercato di provenienza delle importazioni nella Confederazione. Anche il turismo, gli scambi nei servizi e nel settore della ricerca, nonché gli investimenti diretti, sono significativi. Per di più, ben 43’000 cittadini britannici vivono in Svizzera e 34’500 svizzeri risiedono nel Regno Unito. Cosciente dell’importanza di queste relazioni e dell’opportunità di preservarle, il Consiglio federale si è mosso già nel 2016, poco tempo dopo il voto popolare britannico che ha sancito la Brexit, ed ha definito quella che è poi stata definita la strategia «Mind the gap». I risultati concreti di questa strategia sono stati i cinque accordi bilaterali firmati con Londra tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020. Il primo accordo è di natura commerciale. Comprende una parte dell’intesa e delle regole che caratterizzano gli accordi commerciali tra la Svizzera e l’UE e verrà probabilmente esteso a settori che non sono stati ancora presi in considerazione. Il secondo accordo riguarda il trasporto delle merci su strada, con l’accesso libero a tutta la rete stradale, ed il terzo è centrato sul trasporto aereo e protegge i diritti esistenti nel settore. Il quarto accordo è dedicato al settore delle assicurazioni ed il quinto, infine, prende in considerazione i diritti dei cittadini, in particolare le possibilità di soggiorno, l’accesso alle assicurazioni sociali ed il riconoscimento delle qualifiche professionali che vengono loro garantiti.
Più incerte e forse anche più insidiose per la Svizzera, risulteranno le conseguenze del negoziato che il governo britannico e la commissione europea inizieranno a marzo, quando i governi dei 27 Stati membri avranno approvato il mandato negoziale di Michel Barnier. Le due parti sono su posizioni molto diverse e lontane, e non lasciano intravvedere la possibilità di un compromesso, di una soluzione senza strascichi conflittuali.
Boris Johnson vuole un trattato di libero scambio simile a quello che l’Unione europea ha firmato con il Canada nel 2016 (CETA), dopo sette anni di trattativa, ma che non è ancora entrato in vigore. Non vuole più sentire parlare di libera circolazione delle persone e rifiuta di accettare le regole che sono in vigore nell’Unione europea e che riguardano la concorrenza, gli aiuti statali, l’ambiente, la sanità e la protezione sociale. In realtà vuole poter accedere liberamente al mercato unico europeo e detenere la più grossa fetta possibile di sovranità nazionale. Si presenta al negoziato forte di alcuni interessanti dati oggettivi economici, politici e militari. La Gran Bretagna è la seconda più grande economia europea dopo la Germania, è l’unico paese europeo, oltre alla Francia, a far parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ed è una potenza nucleare, presente nella strategia militare europea. Sono dati non determinanti, ma che possono incidere sugli sviluppi della trattativa.
La commissione europea, con in testa il capo negoziatore Michel Barnier, gioca una partita molto delicata. Non può lasciar sorgere alla sua frontiera un possibile concorrente sleale, che non rispetterà le principali regole in vigore nell’Unione. È costretta a tener conto di tutti gli Stati membri. Deve tener accesa la fiamma della solidarietà fra i 27 governi e mostrare che l’uscita dall’Unione non è vantaggiosa per chi fosse tentato dal compiere questo passo. Non può, quindi, fare molte concessioni, ma non può nemmeno respingere tutte le principali richieste del governo britannico, senza correre il rischio di scatenare una guerra economica e commerciale con un paese che, in futuro, potrebbe rimanere un partner importante. La commissione può contare sulla forza del grande mercato europeo e sul fatto che il 47% delle esportazioni britanniche finisce nei paesi dell’UE, mentre soltanto il 7% delle esportazioni dell’UE arriva in Gran Bretagna. Infine, però, non può dimenticare che la Brexit è stato un insuccesso per l’Unione, che ha così dovuto abbandonare una parte del suo potenziale politico, demografico, economico e militare.
Il negoziato tra la Svizzera e l’UE su un possibile accordo istituzionale non ha molto in comune con la trattativa che sta per iniziare tra la Gran Bretagna e l’UE. Nel caso svizzero si tratta di un piccolo paese al centro del continente europeo che cerca di consolidare la sua posizione in Europa, centrata sulla via bilaterale con l’UE. Nel caso britannico, siamo di fronte ad un’isola che vuole voltare definitivamente le spalle al vecchio continente, all’Europa come si è costituita e si è sviluppata negli ultimi decenni.
Il negoziato tra Londra e Bruxelles ed il suo divenire, però, possono avere degli effetti anche sulla posizione dell’UE nei confronti della Svizzera, in particolare nei confronti delle richieste che Berna non ha ancora formalizzato, sui tre punti del progetto d’accordo che toccano la protezione dei salari, gli aiuti statali e la direttiva sui cittadini dell’Unione. Sono effetti difficilmente intuibili, almeno per ora, e che possono tradursi in rifiuti imbarazzanti, oppure in piccole concessioni ed altrettanti piccoli passi verso l’intesa. I prossimi mesi ci sveleranno le prime mosse di questa importante partita.