Sopprimere le azioni al portatore?

Il progetto del Consiglio federale di abolirle, nell’ambito di nuove normative sulla trasparenza in materia di società e azioni incontra forti opposizioni
/ 07.05.2018
di Ignazio Bonoli

È appena scaduto il termine della consultazione sul progetto di legge del Consiglio federale che propone la soppressione della possibilità di emettere azioni al portatore per le società non quotate in borsa. A quanto pare però le discussioni sul tema, talvolta animate, non sono finite. Basti, infatti, ricordare che la proposta di legge è dovuta alle richieste dell’OCSE, fatte proprio dal G-20 e dall’UE, di migliorare la trasparenza fiscale attraverso standard internazionali, tra i quali anche il divieto di emettere azioni al portatore. All’estero, esse vengono, infatti, considerate un veicolo per traffici finanziari illegali.

Di fronte a queste richieste, il Consiglio federale ha reagito mettendo in consultazione un progetto di legge che prevede l’abolizione delle azioni al portatore per società non quotate in borsa e confermando la volontà di garantire in certi casi l’assistenza giudiziaria, quando le richieste concernono dati fiscali rubati, ma che non sono stati forniti direttamente dall’autore del furto allo Stato interessato.

In Svizzera, le azioni al portatore hanno una lunga tradizione, e non soltanto per piccole e medie imprese. Anche società quotate in borsa si avvalevano volentieri di questo tipo di azione, emettendo spesso contemporaneamente azioni nominative e azioni al portatore. Le prime, di cui le società conoscevano i detentori, venivano emesse ad esempio per salvaguardare il «carattere» svizzero dell’impresa, ovvero, facendo in modo che tali azioni fossero emesse o trasferite soltanto a soggetti svizzeri. Le seconde, per contro, di cui non si conoscevano i detentori, spesso finivano in mano a soci stranieri.

Le azioni al portatore presentano il vantaggio di una trasferibilità semplice e poco costosa. Il fatto che il socio rimanga anonimo (e l’interesse di rimanere anonimo può essere legittimo) può aiutare la società a trovare capitale. Vi sono anche molteplici svantaggi: ad esempio, il fatto che la società non conosca i soci la obbliga a pubblicare gli inviti all’assemblea generale e altre comunicazioni ai soci sul Foglio ufficiale svizzero di commercio, salvo che essa conosca con assoluta certezza tutti i soci; oppure, la società non è in grado di evitare l’acquisto della maggioranza delle azioni da parte di una società concorrente (eccezione fatta per le società quotate in borsa).

Secondo valutazioni della Confederazione, il problema interessa circa 60’000 aziende medie e piccole, cioè circa il 30% di tutte le società per azioni. Bastano questi numeri per evidenziare l’importanza del problema. Le posizioni contrarie alla proposta di legge si basano essenzialmente su tre argomenti. Il Forum Globale (150 paesi collegati con l’OCSE) non chiede la soppressione delle azioni al portatore, la Svizzera ha introdotto nel 2015 solo l’obbligo per gli azionisti «anonimi» di annunciarsi. Infine, lo stesso Parlamento federale, nella votazione del 2014 sulla Legge federale concernente l’attuazione delle raccomandazioni del gruppo d’azione finanziaria GAFI, non ha deciso la soppressione delle azioni al portatore.

Aspre critiche ha quindi sollevato anche la proposta di conferire un termine di 18 mesi, dopo l’entrata in vigore della legge, entro il quale gli azionisti devono annunciarsi presso le società emettitrici. Se il termine non viene rispettato, gli azionisti perdono definitivamente i loro diritti sulle azioni. Alcuni giuristi giudicano la proposta al pari di una «espropriazione», l’USAM e l’UDC parlano di stridente contrasto con le stesse basi della Costituzione. Alcuni avvocati aggiungono che si tratta di una mossa indegna di uno Stato di diritto.

Scendendo sul piano pratico, si sa che molti azionisti al portatore non hanno rispettato il termine di annunciarsi previsto già nella legge del 2015. Ma la situazione particolare fa dire ad alcuni giuristi che qui non è proprio il caso di applicare il principio secondo cui l’ignoranza della legge non giustifica il reato. La misura avrebbe, infatti, effetti perversi non solo per azionisti ignari, ma per esempio anche per quei creditori che hanno accettato le loro azioni in pegno.

Anche il previsto obbligo per le società di persone con una cifra d’affari di almeno 100’000 franchi,nonché per le persone giuridiche (comprese le associazioni) di avere un conto in una banca svizzera (con lo scopo di combattere il riciclaggio di denaro sporco) solleva parecchie critiche. Tra queste anche quella di praticare un intervento sproporzionato sulla libertà di commercio, che potrebbe anche trasformarsi in un «obbligo di contrarre» per le banche. Sul piano politico, i socialisti vorrebbero perfino inasprire certe disposizioni, mentre fra gli altri partiti regna parecchio scetticismo. L’abolizione delle azioni al portatore è chiaramente respinta da UDC, PLR e PPD, mentre l’Unione arti e mestieri e non vuole nemmeno entrare in materia. Vita difficile quindi per un progetto sul quale le pressioni dall’esterno non si allenteranno.