Si sta scavando alla ricerca di fosse comuni in Colombia, su ordine del tribunale di giustizia transnazionale, organo previsto dall’accordo di pace firmato nel 2016 dall’allora governo Santos con i capi della guerriglia delle Farc.
Le fosse sono tante, sparse in tutto il Paese. Le notizie che ne saltano fuori sono raggelanti. Confermano le peggiori ipotesi che i governi della guerra dura alla guerriglia, quelli di Alvaro Uribe essenzialmente (2002-2010) hanno sempre fatto passare per invenzioni propagandistiche: migliaia di persone sono state uccise a freddo da esercito e paramilitari, per le ragioni più svariate, e fatte passare per vittime di scontri a fuoco. «Falsi positivi» li chiama il lessico indecente della guerra da queste parti.
Soltanto nella penultima settimana di febbraio, soltanto in un piccolo cimitero cattolico a Dedeiba, zona di montagna a quatto ore di auto da Medellìn, sono stati trovati buttati dentro una fossa cinquanta cadaveri. Secondo i magistrati che hanno ordinato le esumazioni si tratterebbe presumibilmente di vittime di esecuzioni extragiudiziali presentate dall’esercito come morti in combattimento per mostrare che i militari stavano, testuali parole, «ottenendo risultati». Molti di loro sarebbero contadini di zone considerate aree di concentrazione di oppositori al governo. Anche donne e bambini.
Tutto ciò è accaduto esattamente una settimana dopo che il generale ritirato Mario Montoya, comandante dell’esercito in più periodi durante i governi Uribe, ha rilasciato dichiarazioni molto pesanti in una udienza a porte chiuse della Giurisdizione speciale per la pace. Parte delle sue dichiarazioni sono filtrate e, confermate, hanno fatto esplodere lo scandalo. Il generale, in realtà reiterando un atteggiamento tipico degli alti militari implicati nella guerra alla guerriglia, ha prima minimizzato la possibilità che i «falsi positivi» esistessero. Poi, incalzato dall’interrogatorio, ha diluito le responsabilità lungo la solita catena di comando dalla lunghezza talmente imprecisabile da risultare infinita. Alla fine, infastidito, ha detto ai magistrati che è certo che non ci siano prove delle esecuzioni extragiudiziali, attribuendo alla bassa estrazione sociale dei soldati semplici le eventuali responsabilità che lui si dice certo saranno impossibili da accertare.
Ha detto il generale Montoya: «I ragazzi che vanno nell’esercito vengono dal basso, ci vanno quelli della classe più bassa, non della bassa, né della medio bassa. Ci tocca insegnargli come si utilizza un water, a cosa servono le posate». Su di loro, sui soldati semplici di 18 anni che non hanno mai visto un water in vita loro, il generalissimo Montoya, il vertice olimpico della casta militare colombiana, ha scaricato le colpe dell’esercito che ha guidato per anni. Anche la Colombia abituata a tutto, a questo punto, s’è sorpresa della impudenza.
Per questo, quando pochi giorni dopo sono arrivati i dati delle prime fosse aperte e quei cinquanta cadaveri (tra cui molti di donne e bambini uccisi con colpi secchi) la notizia è esplosa con maggior eco politica. Tanto più quando è uscito un video nel quale un colonnello dell’esercito, Alvaro Amortegui, denuncia irregolarità nei servizi di intelligence militare e assicura che era lo stesso generale Montoya a chiedere esecuzioni in alcuni momenti per poter esibire numeri più alti al governo che gli chiedeva risultati brillanti.
Il contesto nel quale si sta svolgendo l’inchiesta è altamente intossicato ovviamente da bugie e vendette di ogni genere. E costellato di trappole, anche di rischi concreti per il rispetto del diritto e la presunzione di innocenza dei sospettati. Il giudizio ha più rivoli. Quello che riguarda specificamente la riesumazione dei cadaveri nelle fosse comuni per fare luce nei casi di «falsi positivi» è intestato al magistrato Alejandro Ramelli che ha finora intervistato più di 200 militari. Si suppone, incrociando vari dati di denunce, che i cadaveri di uccisi in omicidi extragiudiziali siano almeno 2300. Il punto è che i dati che riguardano le denunce non sono indicativi perché la stragrande maggioranza delle stragi e dei rastrellamenti, soprattutto nelle zone della selva, non è mai stata denunciata da nessuno.
E quindi nella mente di chi si occupa di questa questione campeggia il numero terrificante delle persone scomparse: 200 mila. Questo è peraltro il numero dei corpi che andrebbero esumati e identificati, utilizzando il lavoro straordinario degli antropologi forensi specializzati in materia che vengono dall’Argentina, indicato dalla direttrice dell’istituto di medicina legale Claudia Garcia. Sorpresa. Dopo aver pubblicamente detto che il numero dei corpi da cercare ed esumare era all’incirca questo, 200 mila, Claudia Garcia è stata licenziata senza spiegazioni dal nuovo procuratore generale colombiano (cioè la pubblica accusa che rappresenta il governo) Francisco Barbosa.
Il lavoro di ricerca continua. Sono stati identificati altri 18 punti del territorio colombiano in cui scavare. È enorme lo scetticismo popolare – viste le dimensioni dell’orrore che minaccia di essere dissotterrato – sulla possibilità che la ricerca dei responsabili, ma forse anche quella dei cadaveri, vada avanti.