Da quest’anno, anche la Svizzera parteciperà allo scambio automatico di informazioni finanziarie, sulla base dell’accordo internazionale ratificato dalle Camere federali nel dicembre del 2017. A questo accordo partecipano un centinaio di paesi che si sono impegnati a rispettare gli standard globali, accettati nell’ambito dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). In realtà, già dal settembre 2017, è in atto uno scambio di informazioni fiscali su conti e depositi di titoli bancari tra Francia, Germania e Liechtenstein e altri paesi.
Tra l’altro vengono comunicati nomi, domicilio, situazione dei conti e relativi redditi, nonché in certe situazioni, gli aventi diritto economico dei titolari dei conti bancari. La Svizzera farà la stessa cosa a partire dal settembre 2018, in compagnia di paesi come Singapore, Austria o Panama. Più precisamente, per la prima volta fornirà i dati fiscali 2017 di titolari di conti di 38 paesi, come i paesi dell’Unione Europea, l’Australia o il Giappone. Un anno dopo, sarà la volta di un’altra serie di 41 altri paesi. La Svizzera fornirà questi dati fiscali anche a paesi che presentano qualche lacuna nel rispetto dei diritti politici, come Russia, Cina, Arabia Saudita o Colombia. Il Consiglio federale si riserva però di riesaminare la situazione prima di fornire nel 2019 i dati fiscali del 2018. Questo nel rispetto della confidenzialità e della protezione dei dati personali, e valutando se anche paesi con piazze finanziarie importanti forniscono effettivamente dati di clienti bancari. Sotto questo aspetto, vi è infatti il pericolo che questi dati vengano utilizzati per altri scopi, oppure che si cerchi di scoprire eventuali frodatori delle rispettive autorità fiscali nazionali, per risalire ad eventuali altri legami che sono invece degni di protezione.
D’altro canto, benché lo scambio automatico di informazioni sia di recentissima applicazione, le esperienze di alcune autorità fiscali, e anche annunci spontanei di soggetti interessati, permettono di sospettare che parecchi consulenti o erogatori di servizi finanziari stiano preparando piani atti ad aggirare lo scambio automatico di informazioni, oppure a mascherare il vero avente diritto economico di un conto.
Su incarico dei ministri delle finanze del G-7, l’OCSE ha già studiato misure che possano impedire queste pratiche fiscali. Lo fa ampliando e completando le misure già in atto per la trasparenza fiscale e chiedendo di obbligare gli intermediari finanziari a sottostare a regole di trasparenza, come quelle già proposte con le cosiddette «Mandatory Disclosures Rules», che l’OCSE già utilizza nella lotta contro l’evasione fiscale da parte di grandi gruppi internazionali. Secondo queste proposte, i consulenti e promotori che si sono impegnati fortemente nella creazione, nella divulgazione o nell’applicazione di pianificazioni fiscali, volute per aggirare lo scambio automatico, dovrebbero essere obbligati a informare le rispettive autorità fiscali sull’esistenza di queste strutture e sugli effettivi aventi diritto economico dei depositi.
Secondo alcuni esperti, verrebbero in questi casi presi di mira sia le banche, sia i gestori patrimoniali, nonché studi di avvocati o di fiduciari. Questi istituti dovrebbero essere obbligati a dichiarare al fisco queste strutture, qualora il loro uso da parte di clienti potesse lasciar presumere «una pianificazione fiscale aggressiva». Le informazioni su questi casi verrebbero in seguito trasmesse automaticamente alle autorità fiscali dei paesi interessati.
Queste misure sono attualmente in fase di consultazione, ma già in febbraio si terranno, nell’ambito dell’OCSE, importanti discussioni sul tema. Nella primavera del 2018, l’OCSE informerà il G-7 sullo stato dei lavori. A questi colloqui parteciperà anche la Svizzera, che avrà anche un importante settore economico da difendere, evitando il rischio che si vada magari al di là delle regole stabilite. Ma anche da parte dell’OCSE si pensa che queste discussioni non sfoceranno necessariamente in uno «standard» che tutti gli Stati membri devono rispettare. Alcuni paesi potrebbero applicarlo direttamente. Del resto, l’Unione Europea sta pure preparando una direttiva analoga.
Dal canto suo, il Segretariato svizzero per i problemi finanziari internazionali ritiene prematuro questo modo di fare. Esso pensa che, per il momento, ci si dovrebbe impegnare per un’applicazione corretta e concreta degli standard attuali dell’OCSE. Ogni Stato dovrebbe, infatti, impegnarsi nel realizzare una buona trasparenza fiscale e il rispetto degli accordi internazionali, considerando anche il diritto nazionale. L’introduzione di misure vincolanti dovrebbe tener conto delle situazioni negli Stati che già prevedono obblighi analoghi nel proprio diritto nazionale.