Appena nove mesi dopo la caduta in votazione popolare del progetto di riforma delle rendite di vecchiaia, il consigliere federale Alain Berset, responsabile del Dipartimento degli interni, ha presentato un nuovo progetto. Questa nuova revisione si limita al risanamento dell’AVS, rimandando a un secondo tempo quello della previdenza professionale.
Da un primo esame si può constatare che il nuovo progetto punta molto su un aumento delle entrate dell’AVS (con un aumento massimo dell’1,5% dell’IVA), a cui si contrappone nuovamente la proposta dell’aumento dell’età di pensionamento delle donne. Argomento ancora difficile dal punto di vista politico, per cui il Dipartimento propone un’entrata in vigore graduale, con l’aumento dell’età di pensionamento che inizia un anno dopo l’entrata in vigore della riforma e dura 4 anni.
Nel 2030 si potrà così scaricare l’AVS di circa 1,4 miliardi di franchi di rendite da pagare. Sempre con lo scopo di ottenere il necessario consenso politico, viene proposta una compensazione in due varianti. Nella prima, che costerà circa 400 milioni di franchi all’anno, le donne con un reddito medio potranno ottenere un sussidio per il pensionamento anticipato rispetto all’età limite di 65 anni. Così le donne di 64 anni e con un reddito annuo di 56’400 franchi potranno chiedere il pensionamento senza perdite sulla rendita prevista. Nella seconda variante, al pensionamento anticipato sussidiato, si aggiunge un altro elemento: le donne che vogliono lavorare fino al 65° anno d’età, o anche dopo, potranno godere di una rendita maggiore. L’aumento sarà in media di 70 franchi al mese. Non si sa se si tratta di un caso, ma questa era proprio la misura più contestata della precedente riforma.
In entrambi i casi saranno determinanti i risultati della procedura di consultazione. Il secondo modello avrà un costo annuale di circa 800 milioni di franchi. La Compensazione è prevista unicamente per le donne nate fra il 1958 e il 1966. Una possibilità che invece è rimasta per tutti è quella della flessibilità del pensionamento fra i 62 e i 70 anni d’età.
Come si ricorderà (vedi «Azione» dell’11.06.18), il Consiglio degli Stati ha deciso di accoppiare in un pacchetto una mini-riforma dell’AVS a quella fiscale, pure caduta in votazione popolare il 12.02.17. Il progetto degli Stati porterebbe all’AVS 2,1 miliardi di franchi di entrate supplementari. Le discussioni sul tema nella Commissione del Consiglio Nazionale sono appena iniziate, ma si può già prevedere che l’aumento di prelievi fiscali a favore dell’AVS sarà uno dei punti più combattuti. Comunque se il Parlamento dovesse aderire alla proposta del Consiglio degli Stati, l’ammanco da coprire per l’AVS nel 2030 scenderebbe dagli oltre 43 a 23 miliardi di franchi. Per coprire questo «buco» basterebbe un aumento dell’IVA dello 0,7%.
Ma anche questa cifra sembra già troppo elevata per l’Unione delle arti e mestieri, mentre l’UDC resta ferma sulle posizioni nettamente contrarie ad ogni aumento dei contributi, chiedendo in compenso maggiori finanziamenti dell’AVS da parte della Confederazione. Il partito socialista, dal canto suo, ha già definito antisociale un eventuale finanziamento dell’AVS soltanto attraverso l’aumento dell’IVA. Il fatto che il miglioramento dell’AVS venga finanziato per quasi il 90% da maggiori entrate toglie però sostanza al rimprovero di far pagare soltanto alle donne, con l’aumento dell’età di pensionamento, il risanamento del primo pilastro della previdenza vecchiaia.
Se, però, anche il Nazionale dovesse aderire alla proposta degli Stati di accoppiare la riforma dell’AVS con quella fiscale, i finanziamenti così previsti potrebbero permettere di mantenere l’età di pensionamento delle donne a 64 anni. Il tema tornerebbe quindi d’attualità nei prossimi dibattiti, nonostante le forme di compensazione previste dal Consiglio federale.
Tuttavia, la necessità sempre più impellente di correggere l’attuale tendenza dell’AVS verso un indebitamento crescente dovrebbe prevalere rispetto alle altre rivendicazioni. La parificazione dell’età di pensionamento fra uomini e donne e un moderato aumento dell’IVA dovrebbero convincere dell’accettabilità politica di una riforma piuttosto leggera, di fronte a grossi problemi come quelli posti dall’invecchiamento della popolazione e dal costante aumento dei costi delle cure di questa popolazione. Restano comunque d’attualità anche i problemi posti da chi deve cessare l’attività lavorativa prima del pensionamento. A maggior ragione una riforma del sistema è necessaria per consolidarne le basi. È presto per dire se le parti interessate, attualmente scettiche, magari per motivi opposti, si metteranno d’accordo, tenendo conto anche del rischio a media – lunga scadenza che il sistema svizzero della previdenza vecchiaia corre.