Quasi niente di nuovo sulla frontiera meridionale

La situazione registra un calo nelle richieste di asilo in Svizzera, mentre rimane sempre aperto il problema dei minorenni non accompagnati. Chiusa la via dei Balcani, il movimento di persone verso nord utilizza ora in prevalenza il tragitto attraverso l’Italia
/ 31.07.2017
di Luca Beti

«Negli scorsi mesi diversi migranti, certamente meno dell’anno scorso, mi hanno detto di essere stati respinti dalle guardie di confine nonostante avessero espresso il desiderio di chiedere asilo o protezione alla Svizzera. È una chiara violazione del diritto internazionale». È l’ultima denuncia di Denise Graf, esperta in materia di asilo presso Amnesty International. La giurista si reca una volta al mese in Ticino e a Como per incontrare i migranti e le ONG presenti sul posto. «Nella prima settimana di luglio di quest’anno ho parlato con un uomo, proveniente direttamente da Milano, che mi ha raccontato che gli è stata vietata l’entrata in Svizzera anche se aveva fatto regolare richiesta di protezione internazionale», ci racconta ancora Graf. «Sono convinta della sincerità dei profughi. C’è chi mi dice di aver domandato il permesso di attraversare la Svizzera per raggiungere i parenti in Germania. Ma c’è anche chi mi spiega di aver chiesto asilo».

Già l’anno scorso, Amnesty International con altre ONG aveva denunciato il mancato rispetto dei diritti dei profughi da parte delle guardie di confine. Le recenti accuse di Denise Graf vengono respinte con fermezza sia dal Corpo delle guardie di confine sia dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM). «Le persone che chiedono asilo o protezione secondo l’articolo 18 della Legge sull’asilo vengono assegnate alla SEM, rispettivamente a un centro di registrazione e di procedura», ci scrive David Marquis, vicedirettore della comunicazione dell’Amministrazione federale delle dogane. «Chi ha fatto richiesta di asilo in Svizzera non viene respinto alla frontiera», sottolinea dal canto suo Lukas Rieder, portavoce della SEM.

A chi credere allora? Ai migranti o alle autorità? Se in passato un problema relativo alle richieste d’asilo al confine a sud c’è stato, il Corpo delle guardie di confine (Cgcf) lo ha riconosciuto. Grazie anche ai suggerimenti di varie ONG ha migliorato i processi volti a esaminare la situazione dei migranti. «I nostri specialisti di interrogatori nell’ambito della migrazione hanno seguito una formazione interna organizzata con varie associazioni del settore», indica Marquis. Inoltre, il Cgcf ha apportato alcune modifiche alle strutture alla dogana di Chiasso. Da una parte sono in funzione tre schermi che in 25 lingue informano i migranti sui loro diritti e sulle procedure al confine. «Dall’altra parte – continua Marquis – sono stati allestiti nuovi locali affinché i colloqui si svolgano nel rispetto della privacy».

Per il momento non è ancora possibile indicare quale impatto hanno avuto questi adeguamenti. «I colloqui dovrebbero svolgersi in maniera diversa rispetto all’anno scorso. Inoltre, i migranti hanno anche la possibilità di chiedere l’intervento di un interprete tramite telefono», ci dice Denise Graf.

Il Cgcf è quindi pronto ad affrontare un possibile aumento del flusso migratorio alla frontiera meridionale della Svizzera. L’anno scorso, nel corso dei mesi estivi si era registrata un’impennata di passaggi, un’ondata che per il momento non si è ancora fatta sentire. «Nella prima settimana di luglio, la situazione era molto tranquilla calma se paragonata a quella vissuta nello stesso periodo del 2016», ci indica ancora Denise Graf. La sua è una valutazione condivisa anche dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM). «Al momento, la situazione è piuttosto tranquilla», ci scrive Lukas Rieder. Anche i dati forniti dal Corpo delle guardie di confine non indicano invece un aumento importante di clandestini al confine sud nei primi cinque mesi dell’anno: alla fine di maggio si sono registrati già 6726 soggiorni illegali, contro i 3548 dello stesso periodo nel 2016 un aumento di soggiorni illegali in Svizzera nei primi cinque mesi di questo anno rispetto al 2016.

Nel 2017 sarà quindi ancora la frontiera meridionale a essere particolarmente sotto pressione. Alla luce di quanto avviene attorno alla Svizzera ciò non sorprende. La rotta dei Balcani è chiusa dal marzo 2016 e l’unica via per raggiungere l’Europa rimane quella che passa attraverso il Mediterraneo e l’Italia, Paese che si trova solo ad affrontare l’emergenza. Dal 1° gennaio al 10 luglio 2017, il ministero dell’interno italiano ha registrato 85’200 immigranti sbarcati, pari a quasi un 10 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2016. E così stando a organi di stampa lariani, in provincia di Como le strutture di accoglienza sarebbero già al completo.

E allora è giusto respingere i migranti alla frontiera, sapendo che difficilmente troveranno una collocazione dignitosa oltre confine? «L’Italia non può fare tutto da sola. Serve la solidarietà dei Paesi vicini. Ci sono molte persone vulnerabili che chiedono aiuto», sostiene Graf di AI. «La Svizzera non è per niente solidale. Non può respingere donne vittime di tratta, persone traumatizzate, minorenni non accompagnati».

E la questione dell’elevato numero di respingimenti alla frontiera da parte della Svizzera è stata discussa anche sotto la Cupola di Palazzo federale durante la sessione primaverile. Nell’ora delle domande, la parlamentare socialista Valérie Piller Carrad si è detta preoccupata della situazione alla frontiera meridionale, poiché degli oltre 2100 profughi respinti nel dicembre 2016, un terzo erano minorenni non accompagnati. «L’accordo di riammissione tra la Svizzera e l’Italia non fa differenza tra persone maggiorenni e minorenni. Il Corpo delle guardie di confine consegna i minorenni […] direttamente alla responsabilità delle autorità italiane e collabora con i partner italiani», così la risposta del Dipartimento federale delle finanze.

Con un’interpellanza anche la parlamentare democristiana Barbara Schmid-Federer ha chiesto al Consiglio federale che cosa intendesse fare per permettere ai richiedenti l’asilo minorenni non accompagnati di ricongiungersi con i loro familiari in altri Stati dell’UE senza dover continuare a tentare di entrare illegalmente in Svizzera. «Il regolamento Dublino III impone già oggi agli Stati membri l’obbligo di svolgere attivamente ricerche identificative sulla possibile presenza di familiari nello spazio di Dublino», risponde il Consiglio federale. «Il presupposto per eseguire tale chiarimento è però l’effettiva presentazione di una domanda d’asilo da parte del minorenne. Negli ultimi mesi è stato osservato che molti minorenni non presentano domanda d’asilo né in uno Stato Dublino né in Svizzera. Se una persona non presenta una domanda d’asilo, le disposizioni dell’accordo di Dublino non sono applicabili».

Colpa dei minorenni dunque se rimbalzano come palle da ping-pong tra i Paesi e poi a un certo punto spariscono nel nulla. In Svizzera, l’anno scorso sono scomparsi 484 minorenni non accompagnati, pari a uno su quattro di quelli registrati nel 2016. Una cifra sei volte maggiore rispetto al 2015. «Ho seguito le vicende di un ragazzino. Dopo essere stato respinto più volte alla frontiera ha raggiunto la Germania affidandosi ai passatori», ci racconta ancora Denise Graf che ci spiega quali novità apporterà la nuova legge sui minori, entrata in vigore in Italia lo scorso maggio. «I minori non accompagnati possono ora chiedere asilo subito. Prima dovevano attendere di essere affidati a un tutore, un’attesa che poteva durare mesi. Ecco il perché non inoltravano una domanda».

Se l’Italia ha approvato una legge volta a proteggere i minori stranieri non accompagnati e a impedirne il rimpatrio, la Svizzera dal canto suo è diventata sempre meno attrattiva per i profughi. Sono le cifre della Segreteria di Stato della migrazione a dircelo. Nel 2016, il numero di richieste d’asilo è diminuito del 31 per cento rispetto al 2015, cifra passata da 39’523 a 27’207 domande, e ancora di più quest’anno, con solo 7489 richieste d’asilo a fine maggio 2017.