Allegato  -  653 KByte

«Potere» d’acquisto, il solito (ig)noto

Consumi – Come si è evoluta la segmentazione fra spese individuali nel tempo? E, soprattutto, cosa è cambiato?
/ 23.01.2017
di Edoardo Beretta

Fra le domande più frequenti, che da sempre ci si pone, importanti sono quelle relative alla capacità di spesa individuale, cioè al «peso» del proprio salario per fronteggiare le necessità di consumo quotidiano. Il cosiddetto «potere d’acquisto», che dovrebbe forse essere ribattezzato in «capacità d’acquisto» (poiché il primo termine ha un’accezione monetaria legata alla «copertura» reale di ogni unità di moneta), assurge così a strumento di misurazione dell’(in)adeguatezza del compenso mensile. 

È fuor di dubbio che l’economia moderna offra prodotti, il cui prezzo sia sensibilmente diminuito nel tempo anche solo per il progresso tecnologico. La domanda principale rimane, però, sempre la stessa: come si è evoluta la «capacità d’acquisto»? Se le dinamiche dei prezzi da sempre sono decomponibili in base al breve e lungo periodo, solo il primo, cioè l’analisi di rincari e sgravi risalenti agli ultimi semestri, riscuote attenzione ed interesse diffusi. A mero esempio, il bene «salute» si conferma in crescita in termini assoluti (da 483 a 560 o da 607 a 718 CHF/mese dal 2006 al 2013 a seconda che si aggiungano assicurazioni complementari) compensato altresì da risparmi cosiddetti «esterni» come dal minor prezzo di materie prime fondamentali quale il greggio. Non è indifferente l’apporto federale alla riduzione dei premi dell’assicurazione malattia per le fasce reddituali più deboli – a livello rossocrociato pari a 2’479’532’415 CHF, mentre in Ticino a 105’136’540 CHF nel 2016.

Approfondendo composizione (e variazione) di spesa delle economie domestiche svizzere nell’arco temporale 2006-2013 (vedi tabella allegata sulla colonna a lato), si evince come l’incidenza percentuale delle singole voci (in termini relativi) non abbia subito «scossoni». In altri termini, essendo il reddito disponibile aumentato da 6101 a 7130 CHF/mese, non soltanto il risparmio individuale pare averne tratto vantaggio, bensì anche la quota di spesa mensile. Tutto a posto, quindi? La risposta non è altrettanto univoca o meccanicisticamente determinabile. Infatti, il concetto di «capacità d’acquisto» non esaurisce l’esigenza di informazioni sulla qualità dei prodotti consumati dall’individuo medio, la cui incidenza statistica di spesa può essere comunque rimasta invariata. Sarebbe perciò riduttivo analizzare una voce quale «abbigliamento e calzature», compararne entità in franchi svizzeri (225 CHF) e percentuale di reddito disponibile (2,6% nel 2006 e 2,2% nel 2013) e desumerne che l’acquisto effettuato sia stato di pari qualità (ma a minor prezzo). 

Non c’è dato sapere, se l’economia domestica abbia speso meno per quella tipologia di prodotto o a causa di prezzi in diminuzione o a fronte di qualità inferiore. Paradossalmente, in tal caso, la voce di spesa ne risulterebbe sì diminuita, ma ci si troverebbe comunque di fronte ad un incremento di prezzo (non rilevabile numericamente). Non vi è persino contraddizione con la migliore attenzione qualitativa spesso dimostrata dal consumatore: piuttosto, non si può escludere che il settore produttivo – per mantenere margini di profitto sufficienti nonostante la globalizzazione «esasperata» – cerchi di abbattere i costi. Banalmente ed in modo altrettanto noto, non guasta ricordare il deterioramento pianificato di certi prodotti, che (per quanto marginale) si sa ormai essere realtà. La percezione di tutti derivante dalla quotidianità d’acquisto rimane (per quanto «spannometrica») di fondamentale importanza nella determinazione dell’evoluzione dei prezzi – si ricordi il dibattito successivo all’introduzione dell’Euro (ribattezzato Teuro per il suo asserito contributo all’ascesa dei prezzi nell’Area Euro). Certo è che la domanda sul «potere d’acquisto» rimarrà a lungo pressante.