Portogallo, la festa è finita

Eliminati i privilegi fiscali per i pensionati stranieri, uno dei volani per la «miracolosa» ripresa economica
/ 09.03.2020
di Marzio Minoli

Per parecchi anni il Portogallo è stato meta dei pensionati di mezza Europa, attirati dalla prospettiva di un’esenzione fiscale totale sulle loro pensioni. E questo per dieci anni. Poi, il 5 febbraio scorso ecco arrivare la doccia fredda, perlomeno per chi aveva già pianificato un trasferimento in riva all’Atlantico.

Il Parlamento portoghese, durante le discussioni per il budget 2020, ha approvato la fine dell’esenzione fiscale. I pensionati pagheranno il 10% di tasse. Ma non solo, oltre a questo è stato rivisto anche il cosiddetto «Golden Visa», uno strumento particolare che permetteva di ottenere la residenza, senza dover soggiornare nel paese, a patto di acquistare immobili per almeno 500’000 euro di controvalore. Ora, nelle regioni di Porto e Lisbona, questa regola non varrà più, anche per raffreddare un mercato immobiliare fuori controllo.

Dal 2012 al 2019 sono stati rilasciati circa 8000 Golden Visa per un totale di investimenti immobiliari pari 4 miliardi e 500 milioni di euro. Oltre a questo, sono stati trasferiti nelle banche portoghesi altri 465 milioni di euro.

Per quel che riguarda le pensioni, a far pendere la bilancia a favore di un’abolizione del regime privilegiato sono state le pressioni dell’Unione Europea, che riteneva questa pratica discriminatoria nei confronti di altri paesi.

Ma perché il Portogallo aveva introdotto queste misure? Ricostruiamo brevemente la storia recente del paese lusitano, perlomeno dal punto di vista economico. Fino a qualche anno fa il Portogallo era famoso soprattutto per i campioni che sfornava nel mondo del calcio. Figo e Rui Costa prima, Ronaldo e José Mourinho in seguito. Poi, alla fine degli anni 2000, ecco che il paese diventa uno di quelli che potrebbero far crollare l’Euro.

PIGS, un acronimo che letto in inglese forma la parola «maiali», un’espressione poco simpatica per definire quei paesi fortemente indebitati e a rischio bancarotta. Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. La storia greca sappiamo come andò a finire, con aiuti a ripetizione e salvataggio in extremis, mentre Italia e Spagna, due economie piuttosto importanti sono uscite dalla crisi. Di questi tre paesi si era parlato molto sui media.

Il Portogallo invece era meno sotto la luce dei riflettori, ad immagine anche della natura dei suoi abitanti, gente piuttosto riservata. Nel 2011 a Lisbona arrivarono aiuti per 78 miliardi di euro dalla cosiddetta «troika», ovvero Commissione Europa, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Assieme ai soldi però arrivarono anche precise condizioni per risollevare il paese: ridurre il deficit di Stato che a fine 2010 era dell’11,2% e l’obiettivo imposto era il 3% entro il 2013.

Che il paese fosse in gravissime difficoltà lo si toccava con mano. I negozi, anche nelle località più prestigiose, chiudevano uno dietro l’altro. Le infrastrutture mostravano i segni dell’incuria, i prezzi crollavano e addirittura anche nei supermercati l’aria condizionata era stata messa al minimo. I portoghesi però non sono gente che si lamenta molto e la percezione, nel parlare con le persone, era sì di preoccupazione, ma anche di forte dignità.

Il Portogallo si è dunque rimboccato le maniche, e oggi il suo deficit è allo 0,4%. A titolo di paragone il deficit italiano è al 2,2%, quello spagnolo al 2,5% mentre la Grecia ha fatto addirittura un surplus dell’1%. La disoccupazione è passata dal 17% del 2013, al 6,7% del 2019. Il debito pubblico dal 131 al 122% del PIL, e la crescita economica è tra lo 0,5% e l’1% annuo.

Ma quali sono stati gli elementi che hanno portato alcuni a gridare al «miracolo portoghese»?

Qui si entra in un ambito controverso. A governare il paese dal 2015 c’è una coalizione di sinistra, guidata dal socialista Antonio Costa, che ha vinto grazie ad una campagna centrata sulla lotta all’austerità, un termine ben conosciuto anche in altri paesi. Anche se dalle opposizioni arrivano accuse di aver approfittato anche di misure prese dai governi precedenti e di non aver eliminato del tutto l’austerità.

Di chi sia il merito e quali siano state le misure più efficaci difficile dirlo, perché quando si entra in ambito di contrapposizione politica, ognuno porta le sue cifre. Una cosa è sicura: il fatto di attirare i pensionati ha sicuramente aiutato, e molto. Senza dimenticare un boom turistico impressionante, una ripresa delle esportazioni, grazie anche ad un periodo economico favorevole a livello europeo e a tassi d’interesse da pagare sul debito pubblico molto bassi.

E per confermare questo non ci sono bisogno numeri o statistiche. Basta guardarsi attorno. I negozi, anche di un buon livello, riaprono. C’è molto fermento edilizio, ma un fermento ragionato, fatto di ristrutturazioni di abitazioni fatiscenti che hanno ritrovato il loro splendore. Nelle strade e sui marciapiedi sono scomparsi i buchi e anche di rifiuti abbandonati non se ne vedono più. Insomma, sono tornati i servizi.

Il rovescio della medaglia? I prezzi degli immobili sono aumentati molto, così come gli affitti. In alcuni casi, nelle zone più pregiate, si è arrivati ad aumenti del 30%. e non di rado nelle famiglie si è costretti a lavorare in due per poterli pagare.

Il Portogallo sta bene, ma rimane un paese fragile, con un debito alto che frena gli investimenti pubblici e l’economia mondiale non offre più molte garanzie per le esportazioni. E ora anche i pensionati potrebbero decidere di disertarlo.