Pioggia di miliardi per l’economia

Emergenza Covid-19 - Le banche centrali e i governi sono chiamati a reagire velocemente in aiuto alle aziende di tutto il mondo, paralizzate dall’espandersi del coronavirus
/ 06.04.2020
di Marzio Minoli

Quando sarà risolta l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, o coronavirus che dir si voglia, ci saranno da raccogliere i cocci dei danni che questa pandemia sta arrecando all’economia globale. La situazione attuale è di quelle che si presentano con caratteristiche rarissime, tipiche dei periodi bellici. Si tratta per usare termini tecnici, di uno shock della domanda e uno shock dell’offerta contemporaneo. Cosa significa? In poche parole, nessuno compera e nessuno produce beni e servizi. Naturalmente ci sono beni e servizi che continuano ad essere prodotti e acquistati, ma si tratta dei cosiddetti «settori essenziali», come ad esempio l’alimentare e il sanitario, ma per il resto il blocco è quasi totale.

Una situazione che sta interessando tutto il mondo, anche se in fasi diverse. La Cina, si spera, ha superato la crisi e sta tornando lentamente alla normalità sia dal punto di vista dei consumi che della produzione. L’Europa è nel bel mezzo della pandemia e nella maggior parte dei paesi è in vigore il «lockdown», un termine divenuto famigliare che in italiano si può tradurre con «serrata». Anche nel Vecchio Continente però le tempistiche sono diverse mentre la situazione è allarmante negli Stati Uniti. E da alcune parti già si cita l’Africa come prossimo terreno di diffusione.

Quali saranno dunque le conseguenze per l’economia mondiale? Sono molti coloro che si lanciano in previsioni. Tra le fonti più autorevoli sicuramente possiamo citare Oxford Economics, società inglese, numero uno al mondo in previsioni globali e analisi quantitative. Un’organizzazione alla quale fanno capo anche molte organizzazioni governative.

Secondo gli esperti il coronavirus porterà il mondo in una profonda recessione, perlomeno durante la prima metà del 2020. Solo nel primo trimestre si prevede una contrazione talmente accelerata da superare quella della crisi del 2008, con un calo del 2% del prodotto interno lordo mondiale. A titolo di paragone prima dell’arrivo della pandemia si prevedeva una crescita del 2,5%. Le cose poi dovrebbero migliorare nel secondo semestre di quest’anno. Con tutte le precauzioni del caso gli analisti di Oxford Economics vedono una forte ripresa quando le «distanze sociali» verranno allentate e le politiche monetarie e fiscali faranno effetto.

Il problema attuale quindi è sostenere rapidamente le aziende in difficoltà. Il crollo delle vendite e della produzione si è già manifestato in Cina. La produzione industriale per i mesi di gennaio e febbraio è scesa del 13,5%, mentre quella manifatturiera del 15,7%. Per quel che concerne le vendite al dettaglio, ovvero i consumi delle famiglie, sono crollati del 20%. Ma i dati di marzo parlano già di una ripresa a pieno regime, e questo fa ben sperare.

Quali soluzioni attuare quindi per sostenere l’economia? Le principali banche centrali non si sono fatte attendere. Il 12 marzo la Banca Centrale Europea ha comunicato che non effettuerà un ulteriore taglio dei tassi, ma garantirà più liquidità alle banche per sostenere l’economia. Inoltre, la BCE avvierà un piano di acquisto di titoli di Stato e aziendali per 750 miliardi di euro, con una novità rispetto ai quantitative easing ai quali ci aveva abituati. Non ci sarà più il tetto massimo del 33% di acquisti di titoli del debito pubblico di un paese.

Il 15 marzo, tocca alla Federal Reserve statunitense togliere il «bazooka» dall’armadio e comunicare un azzeramento dei tassi d’interesse. Un taglio secco dell’1%. A questo si è aggiunto un piano di acquisti titoli per 700 miliardi di dollari, ai quali se ne sono aggiunti altri 300 miliardi una settimana dopo. Mille miliardi di liquidità nel sistema dunque.

Per quel che concerne la Banca Nazionale Svizzera si trova di fronte al solito problema: evitare un apprezzamento eccessivo del franco svizzero, diventato, ancora una volta, un bene rifugio. La BNS ha deciso di non abbassare ulteriormente i tassi d’interesse, già negativi, ma di intervenire in modo deciso sul mercato per vendere franchi, soprattutto contro euro, cercando di evitare che il cambio con la moneta europea raggiunga livelli più insostenibili di quelli che sono già.

Poi è toccato agli Stati usare la cosiddetta artiglieria pesante. La Svizzera ha varato una serie di aiuti per 42 miliardi di franchi destinati alle aziende e alle associazioni in difficoltà. Di questi 20 miliardi sotto forma di fideiussioni, ovvero garanzie a fronte di prestiti agevolati concessi dalle banche. Per importi fino a 500’000 franchi la disponibilità è pressoché immediata, senza troppe lungaggini burocratiche e a tasso zero. Per cifre fino a 20 milioni invece il tasso d’interesse sarà dello 0,5% ma più che altro per coprire le spese delle banche che per importi importanti saranno chiamate ad effettuare delle verifiche maggiori. Ma non solo, anche la legge federale sulle esecuzioni e fallimenti è stata temporaneamente modificata e non sarà possibile procedere ad atti esecutivi. Il Consiglio Federale ha comunque sottolineato che all’occorrenza gli aiuti aumenteranno e le misure d’emergenza saranno protratte.

Naturalmente anche altri Stati naturalmente sono intervenuti. La Germania dal canto suo mette sul piatto 1100 miliardi di euro sotto forma di prestiti e aiuti vari, la Francia 345 e il Regno Unito 300 miliardi di sterline. Non è da meno l’Italia che prevede 500 miliardi in garanzie, mentre gli Stati Uniti prevedono 2000 miliardi di dollari di aiuti. Tutte cifre non definitive, che possono variare a dipendenza dell’aggravarsi o meno della situazione.

Aiuti di Stato all’economia dunque. Un tema che in situazioni normali avrebbe suscitato un dibattito infinito. Oggi però la situazione è unica e anche chi professa il libero mercato deve giocoforza riconoscere che senza aiuti statali ben difficilmente ci si rialzerà. E non stupisce che anche l’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, in un articolo apparso sul «Financial Times» il 26 marzo, sostenga apertamente l’intervento statale. Stato che, secondo Draghi, dovrebbe stanziare gli aiuti puntuali, ma anche farsi carico dei debiti che inevitabilmente le aziende dovranno contrarre in questo periodo.

La ripresa economica passerà anche attraverso questi esercizi di equilibrismo tra pubblico e privato. La politica è chiamata a lasciare da parte le ideologie. Oggi è il momento del pragmatismo e della velocità di reazione.