Paese che vai, pedaggio che paghi

Trasporto privato - Analisi comparata dei costi autostradali: punti di forza e debolezza degli approcci al problema «traffico»
/ 03.12.2018
di Edoardo Beretta

Il concetto di «pedaggio» è, da sempre, interessante per il fatto che è assimilabile a quello di «gabella», cioè di quella tassa indiretta riscossa nel Medioevo su scambi e consumi di merci. Inviso dai frequenti fruitori di percorsi a pagamento (in quanto calcolato a consumo) tanto quanto apprezzato dai sostenitori della mobilità ecocompatibile, pagare per spostarsi in auto è un trend tutt’altro che recente, ma rimane certamente una fonte di introiti assai importante. Ma si proceda con ordine. Lo scrivente – da sempre, propugnatore del principio economico del «chi sceglie paga» (tranne che per beni/servizi pubblici di assoluta necessità) ‒ non può contestare l’idea di fondo, per cui sia economicamente legittimo che l’utilizzo autostradale sia tariffato a consumo: tale approccio, però, perde di condivisibilità allorquando ‒ si pensi al caso italiano ‒ non siano previste forme di abbonamento forfettario (con conseguente alleggerimento della spesa a carico di coloro definibili frequent driver), ma eventualmente soltanto modalità di pagamento stopless tramite portali d’accesso. Un altro discorso potrebbe ‒ sempre per la vicina Penisola ‒ essere formulato con riferimento ai prezzi stessi, se si pensa (a mero titolo esemplificativo) che la tratta Milano-Aosta (181,4 km) costa 35,70 Euro, mentre Milano-Bologna (197,6 km) 15,20 Euro e Napoli-Reggio Calabria (508,1 km) 4,30 Euro (1). Alla prova dei fatti tiene altrettanto poco l’argomentazione per cui l’infrastruttura stradale presenti elevati costi di manutenzione e la necessità di mantenerla adeguata al traffico comporti continui rincari autostradali: infatti, tali progetti sono originariamente perlopiù finanziati dallo Stato (ergo: dalla collettività), mentre la struttura stessa è data poi in gestione privatamente. Trattasi di un esempio di PPP (public-private partnership), che può implicare una potenziale doppia imposizione dapprima come contribuente fiscale (e finanziatore indiretto dell’opera) e, successivamente, fruitore del bene/servizio. Nel caso svizzero, invece, la «vignetta» autostradale con il suo prezzo di 40 franchi (invariato dal 1995, mentre dal 1985 al 1994 era pari a 30 franchi) rappresenta una tariffazione piuttosto «politica», cioè che difficilmente può sempre coprire i costi infrastrutturali nella sua generalità. Riprendendo ed integrando un mio precedente articolo per «Azione» sul canone televisivo pari (ancora) a 451,10 franchi per la ricezione radiotelevisiva e ben superiore a quello italiano di 90 Euro, poco si spiegano i 411,10 franchi di differenza fra i due prezzi (40 franchi versus 451, 10 franchi) tale discrepanza di prezzo a fronte dei volumi di spesa da sempre impegnati in ambito infrastrutturale.

Con ciò, naturalmente, si è ben lungi da sostenere che ogni Nazione debba conformarsi (al rialzo) in quanto una tassazione individuale inferiore in una voce contabile dovrebbe compensare un’altra maggiore in un altro ambito (e viceversa). Che non sia sempre così, è spesso imputabile al macchinoso «processo di traduzione» delle misure economiche in applicazione concreta politica. Del resto, in Europa ci sono Paesi dotati di «vignetta» autostradale ‒ quindi di un sistema all inclusive ‒, altre del solo pedaggio autostradale e/o per certi ponti/tunnel ‒ in questo caso, il legislatore ha attribuito un peso maggiore all’incidenza dell’effettivo utilizzo infrastrutturale ‒ ed altre ancora senza alcuna forma di pagamento. Ciò a conferma di quanto gli approcci alla questione siano eterogenei e motivabili a seconda delle esigenze locali.

Con stupore, invece, si è assistito ‒ per compiacimento del Governo bavarese, il cui territorio è senz’altro più coinvolto dalla problematica ‒ all’introduzione della PKW-Maut in Germania, uno degli ultimi Paesi fino al 2016 privo di pedaggi per le automobili, è da introdursi ora entro il 2021: compiendo quindi un «atto di equilibrismo», i contribuenti tedeschi saranno rimborsati del relativo ammontare attraverso la riduzione di un’altra imposta obbligatoria, mentre saranno le sole auto straniere ad essere assoggettate senza alcuna compensazione. Inutile ricordare che ogni riscossione tributaria, però, ha anche un costo di raccolta e la misura rischia di costare in termini di implementazione di più di quanto frutti: sebbene la si reputi un primo step verso ulteriori innalzamenti, rimane che la «razionalità politica» spesso non coincide con quella economica. Una precisazione: l’idea del pedaggio non è di per sé illegittima o sbagliata. È, tuttavia, da ponderarsi con grande oculatezza poichè non c’è «vizio» peggiore (quanto frequente) di sostenere che «nel Paese XYZ si operi così, cioè ...», astenendosi da menzionare ogni altro aspetto non «in linea» (seppur prassi consolidata nella Nazione presa a modello) con quanto si voglia invece propugnare. Al contrario, le modalità di formulazione del pedaggio possono essere (insieme a molti altri fattori di attrattività economico-politico-culturale, naturalmente) ben strategiche da un punto di vista imprenditoriale e, quindi, i policymaker dovrebbero evitare un utilizzo «rinforzato» della leva fiscale, che rimane la preferita specialmente nell’Area Euro dove strumenti alternativi a disposizione dei decisori pubblici sono già scarsi. 

Nota

1. Elaborazione propria sulla base di: http://www.autostrade.it/autostrade-mobile/percorso2.do.