Ora solare-ora legale, costi e benefici

Prosegue la «fronda» nordeuropea contro il cambio d’ora biannuale (che avrà luogo il 25 marzo alle 02.00)
/ 19.03.2018
di Edoardo Beretta

La discussione sull’opportunità (o meno) di avere un’ora aggiuntiva di luce per decisione politica – quindi, «artificiale» e non legata al ciclo solare – è da tempo al centro di un acceso dibattito. Più precisamente, risale al 29 gennaio 2018 la proposta di risoluzione presentata da alcuni membri nordeuropei del Parlamento EU, con la quale si è cercato ancora una volta di abolire la cosiddetta «ora legale», cioè il consueto cambio d’ora con cui si portano avanti gli orologi. 

Le argomentazioni a sostegno di tale proposta sono molteplici: esse vanno, ad esempio, dall’incremento in termini di inquinamento e di congestione del traffico nelle ore serali, all’impatto necessario per l’adeguamento dell’«orologio biologico» presente in ciascuno di noi. Secondo alcuni studi scientifici nelle settimane successive al cambiamento di orario si riscontrerebbe un rischio maggiore di infarti, insonnia o altri disturbi fisici. 

Un ulteriore argomento si appoggia sul fatto che le società post-moderne tendano ad essere sempre più slegate dal ciclo giorno-notte per quanto attiene il fabbisogno energetico. Ciò annullerebbe ogni potenziale beneficio apportato da un’ora aggiuntiva di luce. 

Nel contempo, l’ora legale implicherebbe anche uno sforzo di adeguamento della strumentazione tecnologica, oltre che una sfida per il settore agricolo. Il funzionamento di quest’ultimo non è legato all’orologio ma piuttosto al ciclo giornaliero del sole. In altre parole, stando ai sostenitori di tale mozione (che trovano comunque un diffuso sostegno nella società civile), anche nella tarda primavera o nell’estate avanzata si dovrebbe mantenere l’ora solare, evitando di spostare avanti di un’ora le lancette dell’orologio. 

Al contrario, i supporter dell’ora legale vedono proprio nel maggiore numero di ore di luce un impatto non trascurabile in termini di rialzo dei consumi: essi rappresentano la voce più importante del PIL e, nel caso di quelli personali americani, ne raggiungono quasi il 70%. Senza contare i benefici per la salute dati dalla maggiore esposizione alla luce naturale. Per i favorevoli, il fatto che l’ora legale permetta un minore uso di luce artificiale farebbe registrare un decremento di incidenti e furti serali rispetto ai periodi più bui dell’anno. 

È comunque banale focalizzarsi – come avviene spesso – sul fatto che «si dorma un’ora in meno», dimenticando che ciò vale per una sola notte. Ora, se è difficile formulare considerazioni fondate su aspetti psicofisici, è indiscutibile che il mantenimento dell’ora legale permetta di sfruttare le miti ore serali tipiche del periodo estivo. L’impatto economico sarebbe immediato e «trainerebbe» la spesa stagionale, oltre a costituire un investimento in salute individuale grazie alla maggiore permanenza all’aria aperta delle persone. Al contrario, pare poco rilevante disporre di un’ora di luce in più al mattino, quando non si può fare a meno della luce artificiale ma ci si trova diretti al lavoro, quanto piuttosto alla sera, sul tragitto di ritorno. 

Se può essere rispondente al vero l’affermazione che oggi il fabbisogno energetico non dipende necessariamente dalla collocazione delle ore di luce quanto dall’abuso di elettricità (basta calcolare quanta ne viene usata anche solo per i condizionatori d’aria, in occasione di ogni minimo sbalzo di temperatura), è del resto inconfutabile notare come un giusto grado di luce naturale stimoli soddisfazione e motivazione individuale. Quella che nei mesi più bui dell’anno tende ad essere vissuta con minore intensità. A maggior ragione pare economicamente incomprensibile la ragione per cui il (pericoloso) gioco alla colpevolizzazione dell’ora legale, rea soltanto di essere stata decisa «per legge», trovi così largo sostegno. 

Gli effetti per il settore turistico, enogastronomico e di ristorazione, per i trasporti, oltre che per il consumo in generale, sarebbero forse di difficile prevedibilità. Si situerebbero, più probabilmente, al ribasso rispetto al trend finora registrato. Ma se il problema fosse davvero il cambio d’ora, non si vede perché non ci si possa accordare per un’ora legale valida per tutto l’anno, tanto più che il calendario stesso è frutto di una convenzione secolare e a suo modo arbitraria. Al periodo primaverile-estivo è associato un risveglio economico-sociale, di cui nell’era di ottimizzazione, efficientismo e riflessione critica sui meccanismi economici, non si può fare a meno. In altre parole, meglio evitare di modificare l’estate per come la si conosce.