Da tempo si discute anche in Svizzera su un eccesso di regolamentazioni che imbrigliano alcune attività e costano caro all’economia. In una presa di posizione di un paio di anni fa, l’Unione Svizzera Arti e Mestieri valutava in circa 60 miliardi di franchi, corrispondenti a circa il 10% del PIL, il costo della regolamentazione. Già nel 2003, il Consiglio federale aveva pubblicato uno studio, che però si limitava agli obblighi di informazione imposti alle aziende, il cui costo raggiungeva però già i 10 miliardi di franchi.
Non contento, l’USAM faceva valutare, sulla base di studi fatti in Germania, quanto potesse essere l’aggravio per le aziende svizzere. Si giungeva così a valutare in circa 50 miliardi di franchi l’onere per le aziende. Prendendo in considerazione quanto fatto in altri paesi, anche «Avenir Suisse» giungeva a conclusioni analoghe e avanzava alcune proposte per risolvere il problema. L’USAM chiedeva quindi – attraverso vari atti parlamentari – al Consiglio federale di agire di conseguenza.
Già nel 2013 il Consiglio federale stimava che i costi della regolamentazione, limitata a soli 15 settori, potevano raggiungere i 10 miliardi di franchi all’anno. I costi maggiori erano provocati dall’IVA, dal diritto edile, da quello ambientale, dalla sicurezza del lavoro e dalla pubblicazione dei bilanci.
A livello parlamentare sono così nate parecchie proposte: circa un centinaio, secondo i calcoli della Segretaria di Stato dell’economia. Così, il 10 dicembre scorso, il Consiglio federale ha reso pubblico il rapporto sul freno alla regolamentazione chiestogli dal Parlamento.
Un primo gruppo di freni potrebbe consistere in un intervento brutale che riduca di un tot per cento i costi globali della regolamentazione. Lo si potrebbe fare applicando il principio «per ogni nuova legge se ne deve sopprimere una in vigore». Alcuni paesi, tra cui Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania applicano questo principio. Secondo un rapporto dell’OCSE, alcuni paesi hanno già annunciato buoni risultati, benché la pressione verso sempre nuove regolamentazioni non si sia allentata di molto. Il Consiglio federale pensa però che simili modelli non siano applicabili in Svizzera, dove non c’è un governo «di programma» e tanto il Parlamento, quanto il popolo sono talvolta all’opposizione e possono aggirare i provvedimenti del governo.
Un secondo gruppo di interventi potrebbe consistere nell’erigere ostacoli contro l’eccesso di regolamentazione. Per esempio applicando il principio della maggioranza qualificata per ogni nuova regola, oppure limitandone l’applicazione nel tempo. Due metodi che la Svizzera già applica, per esempio in parte della politica finanziaria. Capita però anche spesso che il Parlamento decida di prolungare il termine di una legge che viene a scadere. Un esempio classico riguarda le imposte federali, che sono limitate nel tempo a livello di Costituzione.
Il Consiglio federale vede di buon occhio misure che possano migliorare la trasparenza dei costi. Deve però precisare come: per esempio – e se ne parlava già anni fa – creando un’istanza indipendente incaricata di valutare i costi della regolamentazione. Lo si fa in Germania e in Olanda. Secondo voci circolate a Berna, si tratterebbe tra l’altro di un modello simile alla Commissione della concorrenza, oppure a quello del Delegato alla protezione dei dati. La nuova istanza dovrebbe esaminare le analisi interne o effettuare inchieste proprie. Nel primo caso c’è il pericolo di conflitti d’interesse, nel secondo si rischia proprio la creazione di nuove regole.
Nonostante le pressioni del Parlamento e dell’economia, il Consiglio federale non intende adottare misure particolari in questo campo. Il rapporto di una cinquantina di pagine conclude che meccanismi troppo rigidi non avrebbero senso. Il freno alla regolamentazione restringerebbe gli spazi di manovra dell’amministrazione e della politica e non favorirebbe la creazione di nuove regole utili, ma potrebbe perfino provocare un aumento di spese.
In ogni caso il numero di leggi e regolamenti è in costante aumento: per il diritto interno il numero di pagine è passato da 18000 nel 1982 a 31’000 pagine e per quello internazionale da 16’000 a 37’000 pagine. Due sono essenzialmente i motivi di questa crescita: da un lato la vita diventa sempre più complessa, dall’altro tanto il governo quanto l’amministrazione e il Parlamento sono fatti per creare leggi e non per sopprimerne. Difficile trovare un mezzo efficace per frenare questo circolo vizioso.