Il dibattito al Consiglio degli Stati sull’iniziativa «Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente», detta anche «Per multinazionali responsabili», rischia di portare il tema in votazione popolare, senza un controprogetto delle Camere. Dopo che il Consiglio Nazionale aveva optato per un controprogetto, gli Stati hanno deciso ora di non elaborare nessun controprogetto, ma di adeguarsi in pratica alla decisione del Consiglio federale che chiede di respingere l’iniziativa.
L’atteggiamento della Camera dei cantoni è anche frutto di due novità. Da un lato si ritiene che il controprogetto, che dovrebbe accogliere gran parte delle richieste dell’iniziativa, vada troppo lontano. Così facendo rischierebbe di provocare seri danni all’economia svizzera. Dall’altro potrebbe fare della Svizzera un paese molto attrattivo per quella che è stata definita «l’industria internazionale delle denunce». Infine, un progetto che metta d’accordo gli iniziativisti con le associazioni dell’economia è sicuramente irrealistico, per cui sarebbe meglio passare direttamente al voto popolare.
Un’altra novità di rilievo è che nell’intervento nella discussione agli Stati, la nuova responsabile del Dipartimento di giustizia e polizia Karin Keller-Sutter si è dimostrata molto più critica di quanto lo fosse Simonetta Sommaruga nei confronti dell’iniziativa, sottolineando che la Svizzera sarebbe l’unico paese con una legislazione così drastica in materia, ciò che creerebbe non pochi problemi per l’economia. L’incarto torna ora al Consiglio Nazionale, che dovrebbe mantenere la posizione favorevole a un controprogetto, mentre non cambierebbe la posizione degli Stati, per cui si potrebbe appunto andare al voto popolare. Cosa che del resto non dispiacerebbe al presidente del partito socialista, poiché gli darebbe l’occasione di una battaglia contro le attività di Glencore, Vitol, Nestlé e Syngenta.
Il nocciolo del problema è proprio qui. Si rischia un dibattito molto emotivo, con la tendenza a fare di ogni erba un fascio e costringere i contrari a schierarsi su posizioni che non sono nemmeno quelle del Consiglio federale. Quest’ultimo, nel messaggio, dice infatti chiaramente di dare una grande importanza al rispetto dei diritti umani e alla protezione dell’ambiente, compito che si basa su un mandato costituzionale. Tuttavia gli obiettivi dell’iniziativa puntano troppo in alto. Essi prevedono, infatti, oltre l’obbligo di rendiconto, anche l’obbligo esplicito di applicare la «dovuta diligenza», estendendola anche a tutte le imprese controllate all’estero dalla Svizzera e a tutte le relazioni d’affari. In particolare questo obbligo di controllare il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente lungo tutta la catena di approvvigionamento comporterebbe grandi difficoltà e problemi d’attuazione.
In Svizzera, le disposizioni vigenti in materia di responsabilità sono già più severe, rispetto ad altri ordinamenti giuridici di vari paesi, ammesso – aggiunge perfino il Consiglio federale – che questi ne abbiano. In sostanza, se l’iniziativa fosse accettata, la Svizzera attuerebbe norme non concertate a livello internazionale. Il Consiglio federale preferisce perciò puntare su un approccio coordinato a livello internazionale e su misure che non siano giuridicamente vincolanti. Il governo si impegnerebbe in ogni caso ad applicare queste misure e fa notare che sforzi in questa direzione vengono già fatti nell’ambito della cooperazione internazionale.
Il controprogetto aveva soprattutto l’intenzione di evitare una votazione popolare su un tema molto delicato ed emotivo. Ammesso però che fosse sufficientemente incisivo da indurre i promotori a ritirare l’iniziativa. Anche in questo caso non si sarebbero potute evitare forti spaccature nell’opinione pubblica. Comunque certi aspetti dell’iniziativa dovrebbero far riflettere il cittadino che va a votare.
Per esempio, il fatto che le imprese svizzere dovrebbero assumersi la responsabilità non solo per le loro filiali, ma anche per i loro fornitori all’estero. Il che va sicuramente oltre le responsabilità che un’impresa svizzera può assumersi e per le quali può essere giudicata in Svizzera. La Commissione giuridica del Consiglio degli Stati ha cercato di evitare questo «sconfinamento» del diritto proponendo che il tribunale svizzero agisca solo come seconda istanza (dopo quella del paese interessato). Questo proprio per evitare che la Svizzera diventi un «centro di denunce». La proposta è stata però decisamente rifiutata dagli iniziativisti. Un altro segnale della durezza che potrebbe caratterizzare la campagna per la votazione popolare. Anche negli ambienti dell’economia non c’è entusiasmo per un controprogetto. Si preferisce correre il rischio del tutto o niente, sperando di far capire che se il principio è sacrosanto, la sua applicazione rischia di creare parecchie difficoltà e non solo per le grandi multinazionali.