Mondo del lavoro, rivoluzione alle porte

Effetti della digitalizzazione - Secondo un’indagine della McKinsey, entro il 2030 in Svizzera andranno persi un milione di impieghi, ma al contempo ne verranno creati 800mila di nuovi, più specializzati
/ 22.10.2018
di Ignazio Bonoli

Secondo un’indagine della McKinsey, nei prossimi dodici anni, verranno soppressi in Svizzera un milione di posti di lavoro. È l’effetto della crescente informatizzazione di quasi tutte le attività, in particolare di quelle legate al- l’economia. Forse un po’ ottimisticamente, la stessa indagine valuta che nello stesso periodo di tempo verranno creati 800’000 nuovi posti di lavoro. Posti che però richiederanno a chi li dovrà occupare altre capacità, in particolare più competenze sociali ed emozionali, creatività, spirito critico e talento organizzativo, oltre ovviamente a profonde conoscenze dell’informatica e della programmazione.

Gli annunci di riduzione di personale, a cui assistiamo già oggi, sono destinati ad aumentare nei prossimi anni. Secondo i risultati della più completa analisi condotta finora in questo settore, dal 20 al 25 per cento di tutte le attività professionali verranno automatizzate entro il 2030. Lo studio, di cui sono note alcune anticipazioni, prevede la soppressione da uno a 1,2 milioni di posti di lavoro. Nel contempo però si creeranno da 0,8 a 1 milione di nuovi posti. Circa la metà di questi nuovi posti verrà probabilmente creata direttamente nel settore delle nuove tecnologie, tanto nell’«hardware», quanto nel «software» e presso quelle aziende che saranno pronte a fornire soluzioni informatiche.

Gli esperti della McKinsey fanno queste valutazioni contando sul fatto che l’informatizzazione migliorerà la produttività, aumentando i redditi e quindi i consumi. Ci si chiede però che cosa succederà al gran numero di persone che perderanno il posto di lavoro. Gli esperti dicono che una gran parte di queste persone potrà essere aggiornata o riciclata. Compito questo che richiederà grandi sforzi a parecchi livelli, ma fattibile. Molte aziende tenderanno, infatti, a trattenere il personale in funzione e a offrirgli molte possibilità di riciclaggio o di nuova formazione, preparandolo così a nuove funzioni. Un’inchiesta specifica ha permesso di constatare che già oggi la metà dei dirigenti è pronta ad affrontare questo impegnativo passaggio, ma molti dovranno rendersi conto della necessità di queste trasformazioni e compiere uno sforzo notevole nella formazione specifica e nell’aggiornamento. 

Ci si rende però conto anche dei limiti in questi cambiamenti. Non tutto il personale sarà in grado di adeguarsi alle nuove esigenze, per cui si può prevedere che il progresso tecnologico potrebbe provocare profondi squilibri sul mercato del lavoro. In genere, le persone che vengono licenziate non hanno il profilo necessario per trovare un nuovo posto di lavoro. Vi sarà certamente un «gap» crescente tra le capacità offerte e quelle richieste.

Gli esperti dell’indagine valutano tra i 15’000 e i 20’000 all’anno il numero di persone attive che non troveranno più un posto nel nuovo mercato del lavoro. Entro il 2030 potrebbero esserci da 150’000 a 200’000 dipendenti con scarsa mobilità che resteranno senza lavoro. Oggi, infatti, la maggior parte dei lavoratori non dispone delle competenze che il futuro richiederà. La domanda di capacità cognitive semplici o forza fisica diminuirà di circa il 20 per cento. Ma quella di competenze sociali, emozionali e tecnologiche aumenterà tra il 20 e il 50 per cento.

Ovviamente le ripercussioni del-l’informatizzazione saranno diverse da ramo a ramo dell’economia. Tra i più toccati vi saranno il commercio al minuto e all’ingrosso: fino a 140’000 posti persi. Per l’industria si valuta una perdita tra 70’000 e 100’000 posti e nella finanza circa 50’000. Aumenteranno invece i posti di lavoro nei servizi tecnici specifici, nelle scienze e nell’informatica fino a 250’000. Un aumento tra i 55’000 e gli 85’000 nuovi posti di lavoro sono previsti nel settore della salute.

La formazione diventerà quindi un fattore determinante. La classica formazione commerciale dovrà sviluppare nuove capacità, estendendole al campo sociale e a quello dell’informatica. In ogni caso, saranno sempre più richieste persone con titoli universitari. Uno sforzo orientato alle future esigenze sarà necessario a ogni livello di formazione. Probabilmente l’aggiornamento e la formazione continua non basteranno. Già oggi vengono formati ogni anno 3000 specialisti in informatica, numero che probabilmente salirà a 10’000. La Svizzera da sola non potrà far fronte a questo impegno, per cui importerà specialisti dall’estero.

Molto dipenderà anche dai tempi di adeguamento. Un’accelerazione del processo provocherà però un rischio di disoccupazione. La trasformazione dell’economia dovrà avvenire in modo da evitare crisi sul mercato del lavoro. Non sarà un compito facile, perché il processo di trasformazione avrà tendenza ad accelerare, ma dovrà essere affrontato per non perdere concorrenzialità. La Svizzera gode comunque di buone posizioni di partenza e potrà essere in grado di affrontare bene le nuove situazioni.