Mini-amnistia, grande successo

La prospettiva dell’entrata in vigore dello scambio automatico di dati bancari ha fatto sì che negli ultimi sette anni in Svizzera riemergessero 31,7 miliardi di franchi di capitali, di cui 6 in Ticino, in gran parte rientrati dall’estero
/ 19.02.2018
di Ignazio Bonoli

Grazie all’autodenuncia esente da pena varata nel 2010, sono venuti alla luce almeno 31,7 miliardi di franchi. Sono oltre 90’000 i contribuenti che hanno voluto mettersi in regola con il fisco entro il 2017. Questa dichiarazione spontanea, che permette di evitare le multe per sottrazione d’imposta, si è particolarmente intensificata lo scorso anno, a causa dell’avvicinarsi della data dell’entrata in vigore dello scambio automatico di informazioni tra la Svizzera e molti altri paesi, nell’ambito degli accordi conclusi bilateralmente, ma a partire dalle regole fissate dall’OCSE.

È sintomatico che gran parte di questo denaro provenga da conti o depositi nel Liechtenstein, paese che è pure compreso negli accordi sullo scambio automatico di dati bancari. Sono perlopiù contribuenti residenti in Svizzera che hanno rimpatriato i loro capitali, in gran parte da alcuni paradisi fiscali, che non lo saranno più, ma che fino a  quest’anno garantivano un segreto bancario per lo più esente da tasse.

Le nuove situazioni fiscali hanno consigliato un rimpatrio in Svizzera, paese in cui il fisco è ancora moderato e che ha favorito il rientro proprio grazie alla mini-amnistia. I cantoni che hanno registrato il numero e i volumi maggiori di rientri sono quelli delle piazze finanziarie: Zurigo, Ginevra e Ticino. Secondo una prima valutazione – sulla base dei dati cantonali – sarebbero rientrati in Svizzera ben 7,5 miliardi di franchi di capitali soltanto nel 2017, il che porta la somma dei rientri negli ultimi cinque anni ad almeno 31,7 miliardi di franchi.

Le denunce spontanee più consistenti provengono dai cantoni Zurigo (6,9 miliardi di franchi), Ticino (6 miliardi), Ginevra (4,4 miliardi), Basilea-Città (3,1 miliardi) e San Gallo (2 miliardi). In Ticino si è notata una crescita regolare dei capitali denunciati, che sono passati da 112 milioni nel 2010, a 780 milioni nel 2014, a 1,802 miliardi nel 2017, per un totale, come detto, di circa 6 miliardi di franchi. In tutti i casi si tratta di capitali riemersi per il fisco, ma non necessariamente investiti in altri paesi. Tuttavia la sorprendente concomitanza con l’entrata in vigore dell’accordo sullo scambio automatico di dati bancari e il progressivo aumento di denunce può permettere di concludere che, nella maggior parte dei casi, si tratta proprio di rientri. I dati sono provvisori anche perché il termine ultimo per l’autodenuncia scade il 30 settembre di quest’anno.

Per il fisco di alcuni cantoni si tratta di entrate di notevole portata, poiché gli interessati dovranno pagare le imposte sottratte per i 10 anni previsti e i relativi interessi. Condonata viene infatti soltanto la multa prevista in questi casi. Anche per l’economia in generale, si tratta di un aspetto positivo, in quanto questi capitali potranno rientrare nel normale circuito economico.

Le cifre citate sono impressionanti, tanto più se si considera che sono oltre 90’000 i contribuenti che si sono autodenunciati. Una precedente amnistia aveva generato 11,5 miliardi e anche i fautori di quella attuale non si attendevano molto di più. Comunque i 31,7 miliardi venuti alla luce sono soltanto una parte della sostanza che viene tassata ogni anno in Svizzera. Nel 2014, per esempio, questo dato era di 1’756 miliardi di franchi. Alla luce di questi totali la consistenza dell’autodenuncia viene un po’ ridimensionata, tenuto anche conto che in alcuni casi si tratta di beni immobili posseduti all’estero, spesso da immigrati in Svizzera.

Se da un lato questi ultimi dati non intaccano seriamente la fama di contribuente onesto degli Svizzeri, dall’altro si vorrebbe conoscere meglio il fenomeno e vedere se sia necessario adottare provvedimenti specifici. Dal canto loro, i responsabili delle finanze cantonali vorrebbero, in casi specifici e ben documentati, poter esaminare i conti bancari di alcuni contribuenti. Un sistema che funziona già in molti altri Stati, per cui la Svizzera potrebbe rimanere uno dei pochi che garantiscono sempre il segreto bancario ai residenti. È probabilmente anche questo tipo di riflessione che ha favorito l’eccezionale aumento di autodenunce. Il Parlamento è però stato chiaro, in occasione del dibattito sulla protezione della sfera privata: il segreto bancario all’interno della Svizzera non si tocca.